Registi emergenti: ‘Il cappotto di lana’ di Luca Dal Canto

Un omaggio a Livorno, alla sua cultura e allo scrittore Giorgio Caproni. Questo è Il cappotto di lana il cortometraggio del regista Luca Dal Canto di cui ci ha raccontato la lavorazione in questo articolo.

Luca Dal Canto, livornese classe 1981, è Videomaker, regista e fotografo. Laureato in Tecniche dell’audiovisivo, è di spot, documentari, cortometraggi, videoclip e backstage. Ha collaborato nel cinema e nella pubblicità, come aiuto regia, con importanti registi italiani, tra cui Sergio Rubini, Daniele Luchetti, Enrico Oldoini, Gianni Costantino, Luca Lucini, Paolo Costella, Jamie Rafn, Nic&Sune, Paolo Genovese e Luca Miniero e nel 2012 ha vinto il Backstage Film Festival con il “making of” del film 10 regole per fare innamorare di Cristiano Bortone con Vincenzo Salemme e Guglielmo Scilla. Tiene corsi di regia e storia del cinema in alcuni istituti scolastici e presso la scuola di cinema Vertigo di Livorno. Il cappotto di lana, suo ultimo cortometraggio, ha ad oggi vinto 11 premi.

Il cappotto di lana

Amedeo è un ragazzo sensibile, amante dei versi del poeta Livornese Giorgio Caproni, che ascolta continuamente con il suo walkman. Suo padre però non condivide questa sua passione e la contrasta in ogni modo finchè Amedeo per caso non trova in un vecchio baule il cappotto di lana appartenuto proprio al poeta.

Un omaggio al poeta Livornese Giorgio Caproni, Il cappotto di lana è una vera e propria lettera d’amore all’arte e alla città di Livorno, visti attraverso gli occhi di un bambino. Bravissimo il protagonista Lorenzo Aloi meritato vincitore di ben tre premi come miglior attore protagonista del cortometraggio. Ottima prova registica di Luca Dal canto che usa con maestria fotografia e montaggio nonostante le poche risorse a disposizione (il corto è infatti a budget zero).

Le domande al regista

Ciao Luca, benvenuto su cinemio. Il corto è scritto a quattro mani da te e Anita Galvano ma il soggetto è tuo. Come sei arrivato alla storia del corto e come avete collaborato nella stesura della sceneggiatura?

E’ partito tutto da un episodio a cui abbiamo assistito su una spiaggia della Sardegna: un genitore che si lamentava con alcuni amici della figlia quattordicenne che mostrava l’interesse di andare al liceo classico e che amava studiare la letteratura. Da lì è nata l’idea di scrivere qualcosa su come la Cultura nel nostro paese stia diventando sempre meno importante; l’occasione è stata la ricorrenza del centenario della nascita del livornese Giorgio Caproni, uno dei più grandi poeti italiani del Novecento.

La storia che abbiamo inventato è liberamente tratta da una delle sue più celebri liriche (Ultima preghiera) ed è ambientata a Livorno, città affascinante, popolare e colta allo stesso tempo, ma – ahimé – microcosmo perfetto per raccontare, sottoforma di commedia fiabesca, la situazione che il nostro Belpaese sta purtroppo vivendo ormai da anni.

La collaborazione con Anita è stata indispensabile. Il suo occhio femminile positivo e ottimista ha dato quel tocco di dolcezza, leggerezza e speranza che il film lascia, alla fine, trasparire. Il nostro obiettivo era quello di far capire come la Cultura possa essere indispensabile nella formazione e nella crescita di un individuo, e dei sognatori come noi lasciano sempre aperta la porta ad un lieto fine, seppur magico e forse utopico.

Il giovane attore protagonista Lorenzo Aloi

Protagonista del corto è il giovane e bravo Lorenzo Aloi, vincitore tra l’altro anche di un premio come migliore attore protagonista. Come sei arrivato a questa scelta e come hai collaborato con lui per la definizione del personaggio?

Lorenzo è fenomenale. Ho scritto la storia su di lui perché lo conoscevo e i suoi occhioni azzurri come il mare di Livorno mi ispiravano quella dolcezza e quella spensieratezza che caratterizzano Amedeo, il protagonista del corto. Sapevo che era bravo, ma la sua professionalità e la sua passione mi hanno veramente stupito; abbiamo girato 4 giorni interi a luglio e lui era sempre pronto, attento, puntuale, propositivo. Un attore che consiglierei a chiunque.

Definire il personaggio, grazie proprio alla sua voglia di fare, è stato piuttosto semplice. Gli ho fatto (ri)studiare Caproni (fortunatamente alle scuole medie aveva avuto una professoressa lungimirante e fuori dagli schemi temporali dei programmi ministeriali) e credo di avergli trasmesso il significato che volevo dare alla storia, così come la dedica alla nostra città. Il resto lo ha fatto tutto lui e i tre premi come miglior attore credo lo dimostrino.

Com’è andata la fase di preparazione del corto? C’è qualche aneddoto simpatico che vuoi raccontarci?

E’ stata piuttosto picaresca, diciamo così. Il cappotto di lana, infatti, è un progetto a budget zero e quindi ci siamo dovuti arrangiare sia durante le riprese, con una mini mini troupe, sia in preparazione. Senza scenografo, senza costumista, senza direttore della fotografia e senza tutti quei collaboratori essenziali per la realizzazione di un lavoro simile è stato molto difficile, ma alla fine ce l’abbiamo fatta e proprio per questo le selezioni a festival nazionali e internazionali e i premi che “Il cappotto” ha ottenuto mi inorgogliscono ancora di più.

Un aneddoto? Beh, gli attori che, senza mai mostrare fastidio e stanchezza, hanno dovuto recitare sotto il sole di fine luglio con un vero cappotto di lana. Diciamo che i pochi soldi che avevamo li abbiamo spesi in casse d’acqua 🙂

Durante le riprese

Mi ha molto colpito una tua nota sul corto. Tu dici che è un omaggio a Livorno, una città che sembra aver smarrito la propria identità, un luogo dove i suoi stessi abitanti hanno ormai perso la memoria di ciò che questo centro era fino a 70 anni fa…
Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che anche noi, come italiani, abbiamo perso la memoria di ciò che eravamo a livello artistico. Pensi che il cinema possa, in qualche modo, farci recuperare questa memoria?

Il cinema, così come tutte le arti, hanno assolutamente il compito di farci recuperare la nostra memoria storica. In questo momento ce n’è assoluto bisogno; l’Italia sta vivendo un momento di crisi culturale senza precedenti e questo va a influire su ogni aspetto della nostra società, dalla moralità all’economia in continua regressione. Il nostro era e sarebbe un paese dove potremmo vivere soltanto di Arte e Cultura, ma gran parte del sistema politico e mediatico ha fatto in modo di azzerare – o quasi – questa peculiarità, “ipnotizzando” l’opinione pubblica con messaggi e azioni che vanno in direzione completamente opposta. Basti pensare che mentre in Italia si sta provando a cancellare definitivamente la Cultura, un paese a noi vicino come la Francia sta al contrario investendo sull’arte, proprio per cercare di risollevarsi dalla crisi economica. Senza Cultura e memoria storica non ci sarà futuro poiché le nuove generazioni crescono nell’oblio e nell’ignoranza più assoluta.

Livorno, come dicevo, è lo specchio di questa realtà nazionale. I suoi abitanti non credono più nelle sue possibilità, calpestano la sua storia multietnica e libertaria, la dimenticano e la snobbano, convinti che adesso non sia il momento di pensare a queste “sciocchezze”. E ne deriva di conseguenza un atteggiamento autolesionistico, disilluso e disfattista che non fa altro che peggiorare la situazione. Ma proprio come nel film, speriamo sempre in quel lieto fine che arriverà, per Livorno e per l’Italia, con la riscoperta dell’importanza del proprio passato.

L'attore Marco Conte nel film

E ora uno sguardo al futuro. Quali sono i tuoi prossimi progetti? Un nuovo corto nel cassetto?

Beh, ho una sceneggiatura per un lungometraggio già pronta, mancano “soltanto” un produttore e un budget adeguato.

Per il resto sto lavorando ad un nuovo cortometraggio che credo sarà pronto a fine anno – nonostante non abbia trovato alcuna collaborazione e aiuto da parte di quegli enti che avevano in piccolissima parte “investito” ne Il cappotto di lana, ottenendo un discreto ritorno d’immagine considerando le oltre 50 proiezioni che il film ha avuto in tutta Italia – e sono impegnato in un progetto fotografico sui luoghi di Amedeo Modigliani tra Livorno e Parigi, un viaggio tra caffè, gallerie, atelier, appartamenti, strade e piazze, così come sono oggi, che un secolo fa hanno visto protagonista il grande artista.

Il regista Luca Dal Canto

Ringrazio Luca Dal Canto per la disponibilità e gli faccio un grande in bocca al lupo per i suoi interessanti progetti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *