E con la seguitissima rubrica dei registi emergenti non ci fermiamo neanche a Ferragosto. Oggi parliamo di un interessante documentario dal titolo, La palla a due punte, del giovane regista campano Gaetano Massa.
Gaetano Massa è un giovane fotografo napoletano laureando al Dams cinema di Bologna. I suoi reportage fotografici sono stati pubblicati su diverse riviste come Carta, Narcomafie, Witness Journal e L’Espresso. Nel 2009 ha pubblicato il volume fotografico Nonostante la vostra cortese ospitalità fotografia e disagio mentale.
La palla a due punte è il suo primo documentario, selezionato allo Sportfilmfestival di Palermo, al Doc Under 30 di Reggio Emilia, al Youngaboutfilmfestival di Bologna e ha ricevuto una menzione speciale dall’assessore alle politiche giovanili e sociali del comune di Napoli nell’ambito del festival O’Curt.
La palla a due punte
Un interessante documentario su come un appassionato professore, Vittorio Mazzone, ha aperto ad Afragola una scuola di rugby giovanile per allontanare i ragazzi dalla strada e dalla delinquenza. Con un occhio attento e discreto, Gaetano Massa segue gli allenamenti, fa parlare i ragazzi nel loro dialetto e descrive l’operato di questo professore che cerca di insegnare l’onestà e la correttezza attraverso sane competizioni.
Le domande al regista
Gaetano, il tema del tuo documentario è molto interessante. Come sei arrivato a questa idea?
Nell’ inverno del 2009 ho seguito un laboratorio di scrittura creativa tenuto dal professore Vittorio Mazzone e dall’attrice Rosalia Porcaro, durante questi corsi il professore mi parlò dell’esistenza di una squadra di rugby ad Afragola e dopo poco tempo assieme ad una piccola troupe, cominciai a seguire gli allenamenti dei ragazzi.
Tu sei campano e per il documentario non ti sei allontanato dalla tua terra. Immagino sia una scelta voluta. Vuoi spiegarcene i motivi?
Ero reduce dal reportage I vicoli di Casoria, apparso poi sul sito di Roberto Saviano e su alcune riviste. In quel periodo a Napoli nord, eravamo in piena emergenza rifiuti e molti fotografi del nord venivano in Campania per fare il loro servizio. A quel punto volevo dimostrare che nella nostra zona, (Napoli nord) esistono anche delle realtà positive e così trovai il contesto del rugby Afragola.
Del documentario sei regista, sceneggiatore e hai anche curato la fotografia. Com’è stato gestire tutti e tre i ruoli contemporaneamente?
Diciamo che io nasco come fotografo e questa è stata la mia prima esperienza di documentario. Oltre a ricoprire questi tre ruoli sono anche il produttore esecutivo, il film è completamente autofinanziato. Alcune foto del film fanno parte dell’archivio del fotografo Vincenzo De Stefano.
Com’è stato lavorare con i ragazzi, probabilmente attratti o impauriti dalla telecamera. Hai avuto qualche difficoltà?
Inizialmente mi recavo al campo o in palestra senza attrezzatura, solo per parlare con i ragazzi. Poi dopo un pò ho individuato i ragazzi che volevo intervistare o seguire durante il film ossia Antonio ed Ernesto. E devo dire che durante le riprese i ragazzi erano molto incuriositi. Ad Ernesto per esempio molto spesso abbiamo “affidato” per qualche minuto la telecamera in mano perchè voleva fare delle riprese e diceva che da grande avrebbe voluto l’operatore video. Alla fine delle riprese abbiamo raccolto le relative delibere con le firme dei genitori. Secondo me elemento fondamentale per la conoscenza con i ragazzi è stato il saper parlare il loro stesso dialetto.
Hai degli aneddoti divertenti o particolari da raccontarci?
Per quanto riguarda gli aneddoti uno riguarda il fatto che dopo l’uscita del film e la proiezione i ragazzi al campo durante gli allenamenti si mettono a fare l’imitazione del professor Mazzone quando parla a loro oppure cantano le canzoni presenti nel film. Infatti alcune tracce sonore le ho scelte proprio perchè durante il viaggio a Roma la maggior parte dei ragazzi ascoltava Franco Ricciardi e Uomodisu.
Quali sono i tuoi progetti futuri? C’è un lungometraggio nel cassetto?
Per i progetti futuri stiamo aspettando che si sblocchino i fondi per partire con un documentario su un progetto di reinserimento del SERT di Casavatore.
Termina qui l’intervista al giovane Gaetano Massa che ringrazio e al quale faccio un grande in bocca al lupo per i suoi progetti futuri.