Fellini, Rubini: la creatività e la memoria – Seconda parte

Proseguiamo il nostro racconto dell’esperienza di Sergio Rubini come attore di Intervista, penultimo film di Fellini. In questa seconda parte parliamo anche di Rubini regista e delle influenze del fellinismo su di lui.

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L’iniezione letale

Anche per Rubini, come per Fellini, la memoria è spunto centrale per la creatività. Ne L’uomo nero, Gabriele, il protagonista, conosce realmente suo padre solo quando comincia ad averne memoria.

Nel mio ultimo film ho cercato di dar corpo a ricordi che avevo della mia infanzia a Grumo Appula (in provincia di Bari n.d.r.), paese in cui sono nato e cresciuto. Grumo era un paese agricolo, arretrato, ma c’erano persone che in qualche modo spiccavano, avevano una tensione verso il bello, l’armonia, e tentavano in questo modo di allontanarsi dal grigiume della loro esistenza. Io li ho sempre stimati perchè accettavano di essere messi all’indice, di essere considerati come diversi.

In questo video Rubini ci parla di quella che lui considera l’iniezione letale di noi abitanti del sud Italia

Il rapporto genitori-figli

I figli spesso riconoscono i genitori in età matura quando accettano che dietro quella figura ci sia una persona, in generale non vogliono che si sentano giovani, che ballino, pretendono che nella vita assumano sempre e solo il ruolo di genitore. Anche Gabriele, il protagonista, non vuole sentire le contraddizioni, i conflitti, le sofferenze del padre, non vuole vederlo piangere.

Solo in età matura lo accetta, quando ormai è troppo tardi: spesso bisogna arrivare al momento estremo per la conoscenza. Il film lo paragono sempre alla partenza di un caro con un treno: nel momento in cui senti di poter dire la parola giusta, il treno è partito. Nel film il treno è la morte: solo allora il figlio riconosce finalmente la virilità del padre che è riuscito a mantenere un segreto così difficile fino alla fine.

Sergio Rubini al cinema Il Piccolo

Sergio Rubini al cinema Il Piccolo

L’attore e il regista

A seguito della mia domanda su cosa è chi avesse influenzato il suo passaggio da attore a regista, Rubini ha così risposto:

Il fatto di essere collega di artisti come Fellini non è un riferimento virtuoso ma paralizzante. Il cinema ha a che fare con la ricerca, tutti facciamo un film come volendo aggiungere un tassello a questa ricerca. Ci sono però film che sembrano aver raggiunto la perfezione: quelli non sono riferimenti che ti aiutano. Ti aiutano quelli che sbagliano, quelli che hanno fatto tutto bene (Kurosawa, Kubrick, Fellini) ti fanno venir voglia di cambiare mestiere.

In questo video Rubini racconta come è diventato regista:

L’amore per Rubini

Nei primi film ho usato l’amore come strumento per affrancarsi dalla propria condizione sociale e culturale. Il mio protagonista provava una tensione per la donna che veniva dal nord, bionda ricca ed emancipata. L’amore serviva per salire di grado per affrancarsi, per differenziarsi.

Successivamente crescendo ho capito che questa tensione non doveva coincidere necessariamente con una donna. Le mie storie hanno iniziato a raccontare personaggi più eroici, come è accaduto in La terra: Bentivoglio, il protagonista era come Ulisse che torna a casa e deve prendere in mano la situazione e avere la forza di governare. Questo l’ho ritenuto il mio momento di passaggio alla maturità.

Il ricordo più bello

Rubini ha concluso il suo intervento raccontandoci il ricordo di Fellini che gli è rimasto più impresso.

Nel luglio dell’87 sono stato invitato da Federico, insieme al suo produttore esecutivo (Pietro Notarianni, che nel film faceva il gerarca fascista) a casa della mamma di Lara Wendel (la sposa nel film), una signora che dai suoi racconti aveva tutte quelle misure, quelle forme che corrispondevano alla donna felliniana.

Lui mi aveva dato appuntamento nel pomeriggio nel suo studio. Era una giornata particolarmente calda e ricordo che quando mi ha aperto la porta mi era sembrato un vecchio sconvolto con lo sguardo assente. Mi ha accompagnato nello studio e mi ha chiesto: ma io chi sono?

Sul momento ho pensato di trovarmi in un suo film, non ho percepito che c’era qualcosa che non andava, così ho risposto: ma lei è Fellini. E cosa faccio? mi ha chiesto. Lei è il grande regista. E tu chi sei? Sono Rubini. Aveva in mano un’agendina con tanti numeri di telefono e ogni tanto chiamava: ciao sono qui con Rubini, dice che sono Fellini, un regista, tu mi conosci?

Lentamente capii che quell’uomo aveva perso la memoria ed era nel pieno di una crisi ischemica: non sapevo cosa fare ero paralizzato dalla situazione anche perchè il suo carisma mi aveva sempre schiacciato.

Nel video che segue ascoltiamo dalle parole di Rubini la conclusione di questa sua strana avventura:

Per concludere questa serie di articoli dedicati al rapporto Fellini-Rubini nel mio prossimo post ti parlerò di Intervista, il film che li ha visti lavorare insieme. Approfitto per segnalare anche tutte le lezioni di cinema di cinemio.

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