Belli e invisibili: Be water, my friend

Be water, my friend” diceva Bruce Lee in una celebre intervista e, diversi anni dopo (nel 2009 precisamente), Antonio Martino riprende queste parole e decide di usarle come titolo per il suo documentario. Un progetto interessante che gli ha dato grandi soddisfazioni in molteplici festival ma non solo.

Be water, my friend

Be water, my friend

Il lago d’Aral fino a 50 anni fa circa, era il quarto lago al mondo per estensione ma oggi si può dire quasi scomparso. Che cosa è successo? Questo importante cambiamento che ripercussioni ha avuto sulla popolazione locale e sul clima?

Intraprendiamo a questo punto un piccolo viaggio nel tempo partendo da Moynaq, ex porto uzbeko e città simbolo di quello che possiamo definire (anticipandovelo) un disastro ambientale, per ricostruire con video d’epoca e testimonianze la trasformazione di un’oasi sulla via della seta diventata “cimitero delle navi”.

Il lago d’Aral negli anni

“Ciò che è oggi non è quello che era ieri, né quello che sarà domani”

Be water, my friend è uscito 13 anni fa e vederlo oggi assume ancora più valore. Uno dei grandi problemi da risolvere nella società moderna è sicuramente quello legato al cambiamento climatico. Tutti ormai se ne sono resi conto e la siccità senza precedenti di quest’estate ha dato un ulteriore prova della delicata situazione che stiamo vivendo e fatto capire che il tempo per rimediare è sempre meno. Collegandoci a questo non si può non parlare dell’acqua, l’oro blu che scarseggia sempre più provocando danni ingenti su tutti i fronti.

Il documentario in poco più di 14 minuti riesce a raccontare in maniera schietta e senza mezzi termini una pagina della storia asiatica non troppo conosciuta, lasciandoci con diverse domande e altrettante riflessioni, come dovrebbe fare un film riuscito. Arrivando al dunque però, come mai in così poco tempo la superficie del lago si è ridotta di 9/10? Per rispondere a questo quesito dobbiamo tornare agli anni ’60, quando l’Unione Sovietica decise di far deviare i due fiumi immissari, costruendo una serie di canali, per portarli ad irrigare enormi piantagioni di cotone. In breve, tutto questo ha portato inevitabilmente il lago a ritirarsi (oggi è rimasto solo un deserto di sabbia, sale e carcasse di navi abbandonate), inoltre l’uso di diserbanti chimici ha inquinato il terreno e portato a depositare sul fondo i veleni.

Quando l’acqua è evaporata, sono rimasti quindi solo sabbia e polveri inquinanti, che quando il vento si alza creano delle nubi tossiche che hanno provocato, e provocano ancora adesso, gravi problemi respiratori alle popolazioni che vivono nella zona.

Be water, my friend
Martino sui luoghi delle riprese

Com’è oggi la situazione?

Critica. Quello che colpisce maggiormente è la tristezza negli occhi della gente, l’acqua scomparendo è come se gli avesse portato via l’identità, la voglia di vivere. Una volta il lago d’Aral era un punto di ritrovo anche per chi arrivava da altri stati, la pesca era l’attività principale, tutto si basava su quello e ora? Chi poteva è fuggito, il rapido processo di essiccazione ha portato ad un veloce aumento della salinità dell’acqua, sono scomparse 20 specie di pesci e il clima di conseguenza è cambiato: d’inverno si può arrivare a -35°C mentre in estate a +50 °C (prima la presenza del lago mitigava il clima torrido, mantenendolo temperato tutto l’anno).

Be water, my friend: una soluzione esiste?

Forse. Il lago, che si trova tra il nord dell’Uzbekistan e il sud del Kazakistan, sembra vedere una luce in fondo al tunnel. I due stati si sono mossi in maniera diversa perchè il secondo si è impegnato in un piano di salvataggio da 85 milioni di dollari, supportato dalla World Bank. Con questi fondi è stata costruita tra il 2001 e il 2005 la diga Kok-Aral, che divide il lago in due, sfruttando l’altitudine della parte nord. La diga è lunga 12 km e blocca il flusso dell’acqua verso la parte più bassa del bacino, quella Uzbeka. Il litorale Kazakho sta recuperando la sua vita sociale ed economica: l’industria della pesca è rinata, quintuplicando la produzione, e i villaggi sulla costa si stanno ripopolando. L’Uzbekistan invece ritiene che ormai la situazione sia talmente compromessa che l’unica soluzione possibile è quella di investire nel reinverdimento del deserto lasciato dal lago evaporato.

Oltre a guardare Be water, my friend vi consiglio di dare un’occhiata a questo video per maggiori approfondimenti.

Diga Kok-Aral

Buona visione!

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