Daniele Luchetti si racconta con ‘Anni felici’

Il regista Daniele Luchetti ritorna in sala con Anni Felici, il suo nuovo film fortemente autobiografico, con Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti dal 3 ottobre al cinema.

 

Gli ‘Anni felici’ di Daniele Luchetti

di GianLorenzo Franzì

Guardare un film iniziando a capirlo dalla fine: si può provare con l’ultima opera del regista del PORTABORSE, che fa sfilare i titoli di testa sulle note di AMORE CHE VIENI AMORE CHE VAI nell’improbabile versione di Diodato. Ovvero, la poesia declinata in salsa pop. Ovvio che la pratica è un gioco, ma calza quanto mai ad ANNI FELICI, che ha avuto come titolo di lavorazione STORIA MITOLOGICA DELLA MIA FAMIGLIA: facile intuire la vena autobiografica, soprattutto partendo dall’inizio, quando il film viene introdotto dalla voce off dello stesso regista che commenta le scene nella parte di sé stesso, sulla pellicola con il volto del piccolo ma già bravissimo Samuel Garofalo. Insomma, un cortocircuito dopo l’altro, tra rimandi, citazioni e rinvii metatestuali, per una storia che si dipana fra melò e commedia, tra frustrazioni d’artista e malinconie d’amore perduto, e alla fine poco importa conoscere il confine fra vita vissuta reale, ricordi e finzione cinematografica.

Peccato che però tutto sia spalmato su un percorso che strizza continuamente l’occhio al pubblico: ANNI FELICI è la risposta dello stesso regista a chi aveva trovato il suo precedente LA MIA VITA fin troppo duro e drammatico. Perché se Luchetti gira con mano nuovamente leggera, come non succedeva da tempo, è però furbescamente guascone, come a voler ritrovare la sintonia con un pubblico alla ricerca della spensieratezza. Al film invece avrebbe giovato qualche asprezza in più, perso com’è a rincorrere la verità sull’arte, per scoprire alla fine che questa è solo dove c’è il dolore della vita vissuta, aggirando quanto più possibile il calcolo e il ragionamento intellettualistico.

Cosa che fa, nel film, un Kim Rossi Stuart che giganteggia in uno dei suoi ruoli più riusciti; ma che fa anche Luchetti, inconsapevolmente o meno, girando quello che dovrebbe essere la sua opera più personale perdendosi in ammiccamenti pop-estetizzanti e svolte narrative telefonate. Daniele Luchetti è regista dall’impianto classico, che nelle sue ultime esperienze non ha disdegnato di passare ad una tipologia di racconto con tratti curiosamente quasi sperimentali: e se il film fosse rimasto realmente una STORIA MITOLOGIA, quindi rivisitata dall’epos e dalla nostalgia del ricordo, DELLA FAMIGLIA, quindi biografica, avrebbe avuto una spinta in più.

Invece resta ANNI semplicemente FELICI, al contrario degli anni di piombo (evocati solo dai titoli sui quotidiani in mano al critico d’arte), della rivoluzione culturale (il padre artista modesto a confronto con il disfacimento dell’arte classica) e del divorzio (presente come un fantasma sulla famiglia protagonista). Insomma, un titolo -ed un filo rosso emotivo- che ha fin troppo il sapore della rinuncia. Che poi Michaela Ramazzotti, che bissa il “ruolo della vita” già trovato con LA PRIMA COSA BELLA di Virzì, duelli ad armi pari con Rossi Stuart, non fa altro che bene al cuore. Ma alla fine, non basta: l’impressione è di aver bevuto una Pepsi pensando fosse una Coca. E rimanendo alla fine con l’amaro in bocca.

Sempre in nome del pop.

Clip e featurette dal film

Il backstage

La featurette ‘Lezioni di scultura’

La featurette Prove d’orchestra

La featurette Di cosa parla questo film?

Il Videoclip ‘Amore che vieni, amore che vai’ interpretato da Diodato

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