Era in polemica, come sempre, questa nuova edizione del Festival Internazionale del cinema di Roma da mesi or sono, tornata quest’anno alla dicitura “Festa” che riprende la volontà partorita dieci anni fa, quando la kermesse prendeva piede nell’Auditorium Parco della Musica della capitale, eleggendo Juno come miglior film, con una Ellen Page che da lì in poi sarebbe cresciuta esponenzialmente e che, per casualità o meno, si ritrova in questa edizione a calcare il red carpet capitolino per un nuovo film, accanto a Julienne Moore, dal titolo Freeheld di Peter Sollett.
Dal 16 al 24 Ottobre si è tenuta così, con un cambio di direzione, da Marco Muller a Antonio Monda (insieme a Fondazione Cinema per Roma), questa nuova, discussa, edizione della Festa del cinema di Roma.
Festa del cinema di Roma
Un Festival più sobrio, dunque, che ha visto un’importante diminuzione da parte delle entrate di pubblico ed accreditati, oltre ad un red carpet spesso desertico, e che ha preferito concentrarsi su pochi incontri buoni e sulla qualità dei 53 film in programmazione, 37 dei quali nella selezione ufficiale.
La Sala Santa Cecilia, la più grande dell’Auditorium con 1.500 posti, anche quest’anno viene a mancare, sostituita da una Sala Mazda Hall dove ha primeggiato principalmente una delle sezioni che di anno in anno prende sempre più piede e consensi (positivi) nella kermesse: Alice nella città. La sezione dedicata ai più piccoli (ma neanche tanto) ha donato proiezioni con tematiche profonde: dalla disabilità all’omosessualità, dall’adolescenza al bullismo, dalla fantasia alla realtà con opere diversificate che andavano dai commerciali Pan di Joe Wright a Microbe and Gasoline di Michel Gondry.
Nella selezione ufficiale, diversamente, minori sono state le sorprese, passando dai soliti film ‘da festival’ per quella specifica nicchia di pubblico come Full Contact di David Verbeek fino a sorprese come Room di Lenny Abrahamson o il documentario Le confessioni di Thomas Quick di Brian Hill. I film italiani non regalano particolari guizzi, come il sobrio Dobbiamo parlare di Sergio Rubini o il mitteleuropeo Alaska di Claudio Cupellini, se non per l’opera prima di Gabriele Mainetti Lo chiamavano Jeeg Robot, primo film super-eroistico dopo la prova di Salvatores dello scorso Natale, con Claudio Santamaria e un meraviglioso Luca Marinelli.
Spot “Festa del cinema di Roma 2015”:
La sezione Retrospettive/Omaggi riflette forse più di tutte l’essenza della Festa che intende Monda e che vorrà costruire nel suo mandato che scadrà con l’edizione del 2017 con una retrospettiva dedicata ad Antonio Pietrangeli, un’altra dedicata al cinema della Disney-Pixar e documentari che attraversano il cinema da Hitchcock/Truffaut ai fratelli Taviani, da Stanley Kubrick a Paolo Sorrentino, da Paolo Villaggio a Pier Paolo Pasolini. Interessanti anche gli incontri che vedevano protagonisti Carlo Verdone, Paolo Sorrentino, Jude Law, Wes Anderson, Riccardo Muti, Dario Argento e Willem Friedkin.
Insomma, questa prima decade è stata molto combattuta, per una kermesse ancora tutta da costruire e definire che deve trovare il proprio posto nel panorama italiano ed europeo e che deve costruirsi un’identità forte per competere con l’insormontabile kermesse di Venezia e un festival Torinese di anno in anno sempre più forte. Questa edizione, molto più delle ultime, sente l’esigenza di affrontare certe dinamiche e dubbi rimasti dalle scorse edizioni sulla conduzione e i contenuti, dovendo ancora ricercare il punto d’incontro tra il cinema alto per le nicchie ed un cinema per un pubblico ‘medio’. Basti guardare l’importante differenza tra il film di chiusura dello scorso anno e quello di quest’anno (da Andiamo a quel paese, di e con Ficarra e Picone alla director’s cut de La grande bellezza di Paolo Sorrentino).