Continuiamo la nostra lezione di cinema con Abbas Kiarostami. Dopo aver scoperto il suo film più amato, Shirin, ripercorriamo gli esordi della sua carriera e scopriamo alcuni retroscena davvero interessanti.
Gli esordi nel cinema
Come è arrivato Kiarostami al cinema? La risposta è duplice. Nel video che segue il regista ripercorre la sua carriera a partire dagli studi fatti:
Ma il motivo per cui Kiarostami si è dedicato al cinema è un altro:
Mia madre raccontava sempre che tra i suoi figli Abbas era il più curioso. Racconta che intorno ai 4/5 anni ero molto curioso di sapere cosa succedeva tra le persone, tra gli uomini e le donne, per esempio tra mia madre e mio padre non solo nell’area che possiamo immaginare ma piuttosto di quali fossero le vere relazioni tra le persone. Questa era una esagerata curiosità che avevo dentro di me.
Il cinema si può imparare, ci sono molte scuole che insegnano a diventare cineasti ma non credo che tutti i cineasti bravi siano quelli che noi vediamo fare cinema, e tra questi mi ci metto anch’io. Molto probabilmente ci sono veri cineasti tra gli autisti, gli ingegneri, persone che fanno altri lavori.
E’ stata quindi una fortuna che io abbia avuto un amico che amava la pittura che mi ha invogliato ad iscrivermi alle belle arti e che mi ha portato a fare questo percorso. Io oggi sarei potuto essere con buona probabilità un poliziotto in pensione. Per il cinema serve la curiosità, una curiosità che porta a guardare.
Il cineasta non è colui che fa cinema nel momento in cui fa un film, lo è 24 ore su 24. Anche il suo sonno cambia, è differente dalle altre persone, i suoi problemi sono differenti, e qualche volta realizza un film per cercare di comunicare il malessere che c’è intorno a lui, in modo più esasperato, più profondo perchè vede e sente queste realtà più intensamente.
Il vero incontro con il cinema
Avevo 7/8 anni e avevo un quaderno con i francobolli e poi avevo un quaderno dei film: eravamo ragazzini, tagliavamo i frame dei film e li attaccavamo sui nostri quaderni. In realtà credevo che anche quelli fossero francobolli non conoscevo il cinema, da noi non c’era neanche la tv, parliamo di 60 anni fa (mentre ora a casa nostra purtroppo ci sono più canali tv che qui).
Credevo che l’unica differenza tra questi frames e i francobolli fosse che i frames bisognava guardarli in controluce, non sapevo servissero ad altro. Poi un giorno un ragazzo ha portato a scuola un rullo con tutti i frames attaccati e così mi sono reso conto che vedendoli insieme si muovevano. Abbiamo scoperto i Lumiere a 10 anni perchè questo ragazzo aveva costruito una scatola e con una pila cercava di farci vedere le immagini consecutive.
Non sapevamo neanche che queste immagini potevano essere collegate ad un suono e si potevano vedere in un luogo. Abitavamo a 20 km da Teheran. Qualcuno un giorno ci portò la notizia che era stato inaugurato un cinema, così ad 11 anni, insieme alla mia sorellina, sono andato al cinema a vedere per la prima volta un film. La prima immagine che ricordo era quella colorata del leone della MGM: quando l’ho visto mi ha talmente spaventato che ho preso la mano di mia sorella.
C’era anche il suono per cui sono rimasto molto colpito. Questa è stata la prima immagine che ho visto: si trattava di un film a colori in lingua originale ma non ricordo il titolo. Ricordo che l’attore era un uomo con un naso lungo e con il suo naso suonava il pianoforte. Molti anni dopo ho scoperto che era Danny Kaye. A metà film mi sono addormentato: ecco, questa è stata la mia prima esperienza cinematografica.
Il rapporto con il cinema italiano: l’importanza del neorealismo e di Rossellini
Kiarostami ama molto il cinema italiano soprattutto quello del neorealismo. In questo video ci spiega perchè:
8 e mezzo è stato il primo film che ho visto per due volte. La seconda volta infatti ho portato la mia fidanzata. Lei non aveva tanta voglia di guardare il film, mi prendeva la mano, mentre io insistevo perchè guardasse il film. Siamo usciti, pioveva forte, eravamo arrabbiatissimi, alla fine io sono andato da una parte e lei dall’altra.
In quel momento mi sono reso conto che c’è qualcosa in quello schermo che bisogna vedere personalmente e provare individualmente e non si può condividere con qualcun altro. Non è possibile fare due cose insieme. Ero in un festival tempo fa e guardavo da dietro la sala: mi sono reso conto che gran parte delle persone avevano una luce blu sotto il mento perchè mentre stavano guardando il film controllavano il cellulare. Tornando all’idea del cinema come psicoterapia, così come non si porta un cellulare ad una seduta, così anche quando guardiamo un film brutto non dobbiamo distrarci: abbiamo comunque la possibilità di analizzare noi stessi.
E’ per questo che continuo a dire che il cinema non è morto che continua a vivere e a trovare la sua strada per poter essere diverso rispetto alle altre arti e ad avere la sua caratteristica. Ci si potrebbe addormentarsi durante un film, non ha importanza ma comunque l’influenza rimane se siamo convinti di essere solo noi e lo schermo che ci è davanti e nessun altro e noi siamo venuti per divertirci. In fondo 500 canali televisivi sono tutti al servizio del cinema non competono con lui, come potrebbero?
Termina qui la seconda parte della lezione di cinema di Abbas Kiarostami. Continua a leggere la terza parte.