Torniamo su una notizia di qualche giorno fa: la condanna inflitta in Iran ad uno dei più importanti registi asiatici, già Leone d’Oro a Venezia nel 2000 per “Il Cerchio”. Jafar Panahi è uno dei tanti artisti che negli anni passati si sono mobilitati pubblicamente contro il governo di Mahmud Ahmadinejad, ma a differenza di altri, non ha mai voluto lasciare il paese.
La sua collega Shirin Neshat, che invece è andata a vivere in esilio, in una conferenza di cui abbiamo riferito qui su Cinemio parlava proprio del dramma personale dei registi iraniani: costretti a scegliere se andarsene, condannandosi alla lontananza perenne dalla patria e dagli affetti, o restare in Iran, con il rischio di essere arrestati e processati per le proprie idee.
E proprio questo è successo a Jafar Panahi. Che era già stato fermato una prima volta il 30 luglio 2009, assieme alla moglie e alla figlia, mentre partecipavano ad una commemorazione di Neda – la ragazza uccisa dalle milizie del regime durante le manifestazioni del “movimento verde”.
In quell’occasione Panahi e le due congiunte furono rilasciati dopo poche ore, ma i suoi guai giudiziari erano tutt’altro che conclusi. Per il suo sostegno ai dimostranti antigovernativi, e per la sua volontà di girare un film sull’argomento, il regista è stato infatti accusato di propaganda contro il regime; ed il 2 marzo di quest’anno, una squadra di agenti in borghese è entrata in casa sua arrestandolo: assieme anche stavolta alla moglie ed alla figlia, nonché a tutte le persone presenti (molte delle quali sono a loro volta attori e registi).
Per Panahi, che gode di grandissima stima in tutto il mondo, sono scattate le mobilitazioni: da parte sia delle ong per i diritti umani, che del settore cinematografico. La sedia a lui riservata al festival di Cannes 2010, dove avrebbe dovuto essere membro della giuria, è stata lasciata simbolicamente vuota; mentre sempre a Cannes Juliette Binoche scoppiava in lacrime alla notizia del suo sciopero della fame. Dopo una petizione firmata da grandissime personalità del calibro di Scorsese, Coppola, De Niro e Spielberg, Panahi era stato rilasciato su cauzione in attesa del processo.
Ma il 20 dicembre, la sentenza contro di lui è stata ancora più pesante di quanto si potesse immaginare: 6 anni di reclusione, e addirittura 20 anni di messa al bando dall’attività cinematografica. Jafar Panahi non potrà più girare né produrre film, né scrivere sceneggiature, né partecipare ai festival internazionali; e al di là dell’ingiustizia umana, il regime va così a privarci di un regista proprio nel periodo della sua piena maturità artistica. Ed ogni protesta internazionale, purtroppo, non servirà a nulla di fronte alla cieca ostinazione del regime islamico.
…che il regime islamico sia di “cemento armato” è risaputo! ma che non si possa far niente…non ci credo…lo so che si sono mobilitati molti attori, registi, insomma gente che ha fatto del cinema una ragione di vita, ma i politici che cosa hanno fatto?grazie per tutto quello che fate!!!con simpatia
rita
grazie a te! e speriamo che tu abbia ragione 🙂