#RomaFF12 – Presentato come film di chiusura stamattina alla 12esima Festa del Cinema di Roma, arriva nelle sale dal 9 Novembre prossimo The Place, il nuovo film del regista e sceneggiatore Paolo Genovese che tenta di replicare il successo del precedente film Perfetti Sconosciuti (2016).
The place
Un uomo (Valerio Mastandrea; La felicità è un sistema complesso, Perfetti sconosciuti) è seduto ogni giorno nello stesso bar, da mattino a sera, avido nello sfogliare il suo quaderno degli appunti. Di fronte a lui si susseguono una schiera di personaggi di varie età ed estrazioni sociali, passati diversi, desideri diversi che vogliono raggiungere ad ogni costo.
Forte ormai di una forma che aspira al sublime e di uno stile patinato e borghese che lo attrae e in cui si ritrova perfettamente, Paolo Genovese giunge al suo undicesimo film che ricalca in pieno la struttura narrativa del precedente.
Se in Perfetti Sconosciuti, infatti, l’high concept era legato alla comunicazione tramite social e ai segreti che ci portano ad avere spesso una doppia vita (16 milioni di euro al botteghino italiano, venduto in molti paesi al mondo e di cui faranno diversi remake); The Place astrae i suoi personaggi da uno specifico tempo e luogo, li chiude nuovamente dentro ad un bar come tanti, seduti ad un tavolo a parlare, ponendo loro e ancora una volta il pubblico davanti alla stessa domanda: tutti vogliono qualcosa. Cosa saresti disposto a fare per ottenerla?
Ancora una volta Genovese decide di limitarsi nel mettere in scena un progetto che pone le basi e il suo fulcro nella scrittura e nei dialoghi e riesce ad intrattenere, affascinare, grazie anche ad un cast in stato di grazia in cui spicca tra tutti lo stesso protagonista Mastandrea e dove viene data la libertà di muoversi come su un palcoscenico teatrale in cui il lavoro tecnico del regista è ‘limitato’ ad inquadrare geometricamente lo spazio, incentrandolo sugli attori stessi. (bravissimi anche Alessandro Borghi, Silvia D’Amico, Giulia Lazzarini).
The place – il trailer
Il problema del film è che però questa volta il ritmo non trova la stessa efficacia del precedente e ben più pragmatico progetto e, in parallelo all’astrazione dei contenuti e quell’ambiguità tra realtà e metafora, ci porta al suo termine non tanto a riflettere sulle tematiche affrontate quanto al diventare consci di aver assistito a qualcosa ben pensato e messo in scena (bellissimo anche il lavoro di fotografia) ma che vive di vuoto.
Il passo successivo di Genovese sarà quello un film girato negli States e noi siamo sempre curiosi e speriamo non punti nuovamente su una furbizia produttiva che potrebbe in futuro costargli cara.