Omicidio all’italiana: la prova (macabra) di Maccio

Torna il prossimo Giovedì 2 Marzo nei cinema italiani (in circa 400 copie) il mattatore del web Maccio Capatonda, nuovamente regista, sceneggiatore e attore nella sua opera seconda, a due anni di distanza dall’esordio con Italiano Medio, Omicidio all’italiana.

Omicidio all'italiana

Omicidio all’italiana

Omicidio all’italiana

Ci troviamo ad Acitrullo, un piccolissimo paese abruzzese con circa quindici abitanti. Per andare contro allo spopolamento del paese, il sindaco Piero Peluria (Marcello Macchia; Italiano Medio, Quel Bravo Ragazzo), insieme al fratello vicesindaco Marino Peluria (Luigi Luciano; Quel Bravo Ragazzo, Che bella giornata), decide di approfittare della morte della vecchia contessa Ugalda Martirio in Cazzati (Lorenza Guerrieri; Il sottile fascino del peccato, Frankenstein all’italiana) per crearne un caso di omicidio da mandare dritto nel programma televisivo “Chi l’acciso”, condotto da Donatella Spruzzone (Sabrina Ferilli; La grande bellezza, Forever Young).

Trailer del film “Omicidio all’italiana”:

Colpo n°2

Nel 2015 arrivava al cinema Italiano Medio, l’esordio cinematografico di Maccio Capatonda (o Marcello Macchia) che portò la critica a dividersi tra chi affermava di aver mantenuto coerente la comicità che aveva creato sul web, riuscendola ad adattare al formato cinema e chi invece gli inveiva contro che quello a cui stava assistendo non era cinema.

Quel che è certo è che quel film arrivava unicamente grazie al ‘capostipite’ Checco Zalone che, proprio dal piccolo schermo (dalla tv nel suo caso) era riuscito a riportare il suo personaggio sul grande schermo, raccontando un (buono ma spietato) italiano medio di un’Italia odierna.

Quello di Capatonda dunque non aveva fatto altro che, attraverso un racconto più pop e di genere, a ricalcare la stessa sostanza, con un pungente attacco al sistema televisivo e all’effetto che crea sul pubblico medio che lo segue. E da questo appunto che nasce questo secondo film, acuto nella scrittura fintamente banale, ottimo nel suo essere grottesco e nel racchiudere in un microcosmo (quello del paesino di Acitrullo) l’essenza di un’Italia e di un’Italianità che (ahimé) c’è e che non è servito esasperare più di tanto per riderne amaramente e rifletterne.

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La meta

Omicidio all’italiana è un film che funziona per i personaggi, per il non-sense, per l’humour nero e l’attacco neanche tanto velato. E’ inevitabilmente un film politico e uno studio antropologico, che funziona proprio perché stavolta arriva per primo su un tema, quello del turismo macabro, che non era ancora stato sondato dal cinema se non attraverso i telegiornali che narrano quotidianamente di ciò (Avetrana, Cogne, ecc.).

Cosa manca però a Capatonda che invece Zalone ha avuto? La capacità di ‘lasciarsi andare’. Ad un regista, principalmente. Per quanto Capatonda sappia quello che vuole e riesca persino a colorare di omaggi e citazioni le sue pellicole, non riesce a costruire un ritmo cinematografico attorno alla comicità che racconta, creando uno strano effetto su due film che continuano a sembrare prodotti per il web diluiti in 90 minuti o diretti per il piccolo schermo.

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E questo è un vero peccato. Nell’attesa di affinare la sua mano con la macchina da presa potrebbe provare a lasciare il posto a registi più esperti, come fece sin da subito Zalone con Gennaro Nunziante, e lasciar crescere le sue idee e la forma con cui proporle.

Interviste agli attori e regista:

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