Ancora una volta protagonista di una lezione di cinema al BIF&ST 2015, dopo quella del 2013 la regista Margarethe Von Trotta ha raccontato i suoi film migliori, i rapporti con le sue attrici ed il tema ricorrente delle sorelle. In questa prima parte parla in particolare del suo film forse più famoso: Anni di piombo.
Un festival giovane
Prima di iniziare la masterclass, Margarethe Von Trotta ha voluto omaggiare il regista tedesco Edgar Reitz, anche lui a Bari per una masterclass ed il pubblico del BIF&ST 2015:
Margarethe Von Trotta: Edgar Reitz in serata mi ha raccontato che era sbalordito dal vedere tanti giovani che lo guardavano con gli occhi molto interessati. Lui era felicissimo di questo fatto perché non succede così spesso nel nostro paese ma forse anche nel vostro: questo è sicuramente merito di Felice Laudadio (direttore artistico del BIF&ST n.d.r.) che ha creato questo festival e ha invogliato tanti giovani.
Il primo film che ho visto era uno di Vittorio De Sica, I bambini ci guardano e quando Reitz mi ha raccontato che voi lo avete guardato con questi occhi ho pensato che ho visto il mio primissimo film a 16 anni in Germania e non in un cinema ma in una istituzione culturale americana e mi ha molto impressionato anche non sapendo ancora chi fosse De Sica, grande maestro del neorealismo che per noi tutti è diventato così importante. Questo film I bambini ci guardano oggi siete voi, i ragazzi che ci guardano e spero di essere all’altezza della vostra aspettativa.
Anni di piombo
Il cinema italiano degli anni 50, 60 ha avuto una grande influenza sul nuovo cinema tedesco. Anni di piombo ha vinto il Leone d’Oro al miglior film alla 38ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il film è ispirato a personaggi veri: chi sono questi personaggi e come ha trovato la storia? Nel video la risposta della regista:
Una generazione senza padri
La generazione di Margarethe Von Trotta è una generazione senza padre perché non ha avuto la possibilità di parlare con i loro genitori:
Margarethe Von Trotta: C’era un libro dello psico-sociologo tedesco Mitscherlich, molto conosciuto in Germania. Ha scritto questo libro sulla società senza padri, quei padri che erano andati in guerra e che o sono tornati mutilati o che anche se sono tornati con il corpo sano la loro mente non era più sana e non erano in grado di spiegarci, di farci capire, anche per proteggerci.
Io sono nata a Berlino ho vissuto la guerra da bambina, i primi ricordi della mia città erano le rovine dopo la fine della guerra. Quando vedo l’immagine di questa città non capisco come abbiamo potuto vivere lì dentro e allora se come bambino hai solo questa immagine di distruzione cosa ti rimane dopo? Mi sono sempre chiesta se un bambino mano nella mano con sua madre a Roma o anche a Parigi o in altre città, capisce senza sapere, ma capisce comunque qualcosa della storia, della grande storia: allora noi abbiamo capito la distruzione, il caos, la discesa di tutta la cultura della Germania.
La protesta della generazione del ’68 era la protesta contro questi anni di piombo. Per questo ho fatto il discorso di prima per farvi capire come è nato da noi questo movimento della prima generazione, di quelle persone come Gudrun Ensslin una delle due sorelle a cui è ispirato il film e che non è nominata perché per me era anche importante vedere non solo il destino di due sorelle ma anche capire che ci sono altri che hanno vissuto la stessa cosa.
L’ispirazione di Anni di piombo
In questo video la regista parla dell’ispirazione del film Anni di piombo e spiega quanto c’è di fiction e quanto di reale nel film:
Gudrun Ensslin è stata trovata morta in una cella nel 1977, il film ha esordito nell’81, era un film contemporaneo su quello che era successo in Germania in quegli anni:
Margarethe Von Trotta: Si noi abbiamo creduto che sono stati ammazzati ma la maggior parte dei tedeschi ha pensato che loro volevano far finta di essere ammazzati per dare la colpa allo stato tedesco. Cristiane, la sorella di Gudrun era convinta che la sorella fosse stata ammazzata e tutta la strada che lei fa per provarlo mi ha commosso perché ho avuto l’impressione che lei si sentisse colpevole di non aver potuto andare oltre, di non aver fatto quello che sua sorella voleva, convincerla ad andare nella lotta armata.
Così lei ha cominciato a sentire la solitudine che la sorella ha sofferto in prigione ed è andata sempre più verso la sorella e questa somiglianza con l’identità della sorella morta in un certo senso, io che sono molto influenzata da Bergman e da Hitchcock, mi ha ricordato Vertigo, La donna che visse due volte. Lei comincia quasi ad invitare la morte…
Termina qui la prima parte della Lezione di cinema di Margarethe Von Trotta: continua a leggere la seconda parte.