Leviathan: Marchiati alla nascita

Arriva in sala dal 7 Maggio il nuovo film del regista russo Andrej Petrovič Zvjagincev che, dopo Elena (2011) torna con un film che si è aggiudicato il Golden Globe e la nomination all’Oscar come Miglior Film straniero all’ultima notte degli Oscar: Leviathan.

leviathan film

Leviathan

Nikolai (Aleksei Serebryakov) vive in una cittadina nel nord della Russia, sotto un sindaco corrotto che vuole sconvolgergli la vita ed affossare il suo status sociale e la sua quotidianità. L’uomo si rivolge allora ad un suo amico avvocato per cercare d’incastrare il primo cittadino.

Trailer del film:

Il relitto

La solitudine umana. C’è proprio questo elemento al centro del nuovo film di Zvjagincev che riesce, grazie ad un lavoro di messa in scena, di fotografia ma soprattutto scenografico, a restituire l’inumano attraverso la freddezza dei luoghi in cui racconta i suoi personaggi. Leviathan, volutamente, viene diviso quasi in due atti con un primo volutamente satirico sulla politica e sulla società russa ed una seconda parte più introspettiva, ora più seriosa ora più tragicamente psicologica, di certo con un ritmo che cade sempre più sul classico verso un destino inevitabilmente devastante per il protagonista e tutto ciò che gli vive attorno.

leviathan trailer

Oltre il tema biblico

Parte da una parabola di Giobbe la sceneggiatura scritta dallo stesso regista insieme a Oleg Negin. Un copione che riprende la parabola ripulendola totalmente di ogni componente di speranza o fiducia verso un Dio o qualcosa di non visibile e che brutalmente approccia il fare filmico direttamente al materico fino a spogliare ogni corpo dall’essenza stessa dell’umano fino a raggiungere un finale di alto valore simbolico che non smette di essere coerente nel rapporto con un Dio che per il regista non c’è, lasciando ancora una volta soli i corpi e le anime del suo racconto, rimanendo distaccato e freddo persino nei confronti del suo protagonista che lascia lì, sconfitto, con il solo sapore del vento.

Un progetto ambizioso che probabilmente col tempo, e con una seconda o terza visione a distanza, può mostrarsi per ciò che è: una grande opera di un regista maturo e coerente con una linea di racconto saldo e lineare che nel titolo mantiene tutto il suo senso e la sua ambiguità: Leviathan, riferimento ad Hobbes come alle Sacre Scrittura, dove la parola viene associata a Satana. Ecco allora che il testo si fa più stratificato e l’unica visione non risulta mai abbastanza.

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Clip dal film

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