I Nostri Ragazzi di Ivano De Matteo. La violenza quotidiana delle persone apparentemente per bene

Ivano De Matteo, già ospite di cinemio, è alla sua seconda opera I nostri Ragazzi, tratto dal romanzo  La Cena di Herman Cock. Dopo un inizio esaltante con Gli Equilibristi, che valse il premio Davide di Donatello come miglior attore protagonista a Valerio Mastrandrea, oggi è in concorso alla 71 esima edizione del Festival Internazionale del cinema di Venezia.

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I nostri ragazzi

Le primi immagini sono scioccanti, ti trascinano subito in quello che sarà l’argomento del film,  la violenza quotidiana che dilaga in una società malata e di cui tutti i giorni ne abbiamo notizia attraverso i quotidiani e i tg, colpa anche dei valori morali che stanno scomparendo.

Come trama rimanda subito al film di Virzì Il Capitale Umano, ma il punto di vista di partenza è totalmente differente. Il crimine commesso deriva dall’aver protetto troppo i figli, e non avergli insegnato il rispetto per la vita umana.

Due fratelli benestanti Massimo, interpretato da Alessandro Gassman, e Paolo, Luigi Lo Cascio, uno avvocato e l’altro dottore, sono troppo presi dalla loro vita da non  accorgersi dei loro figli che crescono con troppa libertà e ottengono tutto in maniera facile. Non è un argomento nuovo per il cinema, è stato tutto già raccontato. Gli attori fanno la loro parte, ma come sceneggiatura non è accattivante e la scelta registica di utilizzare troppo sfondi musicali nei momenti cruciali del film non aiuta ad ottenere una buona resa. Sarebbe stato meglio un silenzio, lo avrebbe reso più eloquente.

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I due figli, Benedetta e Michele, interpretati da Rosabel Laurenti Seller, già presente nel primo film di Di Matteo, e Jacopo Olmo Antinori, non hanno una gran ruolo: come accade ultimamente, il cinema italiano è poco avvezzo a rappresentare gli adolescenti, ed è un peccato perché si sarebbe potuto lavorare di più sulla loro psicologia, ed il film sarebbe  risultato più interessante. Sicuramente il fulcro da cui parte la riflessione è quanto siamo disposti a fare pur di proteggere i nostri figli anche quando loro commettono il gesto più atroce. E la soluzione dovrebbe essere la punizione perché solo così loro possono imparare cosa è giusto e sbagliato invece se il genitore diventa amico del figlio, non è giusto. Il figlio ha bisogno della sfida, di superare dei paletti che gli vengono imposti durante il suo percorso, altrimenti non cresce con la percezione di cosa sia il bene e cosa sia il male, è tutto lecito.

Ci sono tre colpi di scena, ma non bastano a salvare il film che tratta un argomento così complesso in maniera troppo superficiale, perché l’argomento è decisamente di attualità.

Questo è un po’ il difetto ultimamente dei film italiani in generale: di solito le opere prime sono quelle che hanno più idee e dopo che si è entrati nel sistema ci si adegua e non si cerca più di creare qualcosa che ti viene dalla pancia.

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