Oggi chiacchieriamo con Carmen Giardina, regista che ha girato un interessante cortometraggio, dal titolo Fratelli Minori, ambientato nel giorno in cui furono uccisi Aldo Moro e Peppino Impastato.
Carmen Giardina è attrice, regista e sceneggiatrice. Molti i suoi lavori in tutti e tre i ruoli come è possibile vedere spulciando il suo interessante sito.
Fratelli minori
Il 9 maggio 1978, a distanza di poche ore, persero la vita Aldo Moro e Peppino Impastato. Tre giovani militari, ignari dell’accaduto, continuano a presidiare il posto di blocco a cui sono stati assegnati in una strada di campagna deserta, impegnando il loro tempo scherzando e discutendo di politica. Ma l’arrivo di un’auto sconvolgerà la loro giornata…
Con questo interessante cortometraggio, Carmen Giardina racconta due tra gli avvenimenti più importanti della storia recente italiani (la morte di Aldo Moro e Peppino Impastato) dal punto di vista di tre giovani, militari e provenienti da tre parti differenti d’Italia. In questo microcosmo di esistenze la regista è riuscita a far confluire i desideri, i dubbi e le speranze, soprattutto dal punto di vista politico, dei giovani degli anni ’80 e a raccontare una storia molto interessante, supportata da una solida sceneggiatura ed una fotografia calda ed intensa. Bravi tutti i protagonisti, soprattutto i giovani Alessio Vassallo, Mauro Conte e Michele Botrugno a cui si unisce, in una parte originale ed ambigua, il più esperto Paolo Sassanelli.
L’intervista alla regista
Ciao Carmen, benvenuta su cinemio.it. Soggetto e sceneggiatura del corto sono di Diego Altobelli. Puoi farci raccontare com’è nata la storia del corto e come hai collaborato con lui durante le riprese?
Risponde Diego Altobelli: Anni fa mio padre venne a prendermi all’aeroporto di Ciampino. Mentre eravamo in auto mi indicò un incrocio dicendomi che lì, quarant’anni prima, per un mese intero, era rimasto con altri militari a presidiare la strada durante il rapimento del Presidente Moro. In quei giorni non si era reso conto pienamente della gravità della situazione, nonostante fosse un momento estremamente drammatico, basti pensare che per la prima volta, anche i soldati di leva furono impiegati in azioni operative.
Quando fu mandato in aperta campagna con un fucile in mano, mio padre aveva meno anni di quanti ne avessi io seduto lì in auto accanto a lui. Proprio in quel momento è scattato il primo click di Fratelli minori e ho visto Enzo, Vittorio e Antonio impassibili al centro dell’incrocio, circondati da pecore, dopo che le notizia della morte del grande statista Moro e del giovane militante Impastato li aveva raggiunti. La sceneggiatura, poi, è arrivata anni dopo lavorando su quel primo, piccolo nucleo narrativo e definendo i personaggi con Carmen Giardina, la regista, e Chicca Profumo, la script editor.
E ora passiamo al corto. Innanzitutto parliamo del cast: come hai scelto i tre giovani protagonisti e com’è stato lavorare con un attore più maturo e conosciuto come Paolo Sassanelli?
Ho un metodo: quando mi capita di notare degli attori che mi colpiscono, a teatro o al cinema, segno il loro nome in un quadernetto. Mauro Conte e Michele Botrugno li ho trovati così, avevo visto Mauro fare Mercuzio in “Romeo e Giulietta” e Michele nel film “Et in terra pax”. Il protagonista invece doveva essere siciliano, e purtroppo non c’era nessun attore siciliano di quell’età sul mio quaderno, così Alessio Vassallo mi è stato suggerito da un’amica, poi ho cercato alcune sue interpretazioni in rete (tra cui “Il giovane Montalbano”, dove interpreta Mimì Augello) e l’ho trovato perfetto. Con loro abbiamo provato tutte le scene con molto anticipo, perchè i personaggi dovevano avere l’affiatamento che si può creare tra commilitoni dopo molti mesi di convivenza, e ci siamo tenuti anche spazi di improvvisazione (la partita a calcio, ad esempio), divertendoci a creare un clima un po’ goliardico, da “caserma”.
Invece conosco Paolo Sassanelli da molto tempo, agli inizi abbiamo lavorato insieme a teatro, in compagnie che condividevano tutto, erano quasi delle “famiglie”. Paolo è uno dei più bravi attori che conosco, con lui non ho potuto provare, stava lavorando, ma abbiamo letto la sceneggiatura insieme, mi ha detto come vedeva il personaggio e sapevo che sarebbe stato perfetto. L’unico problema è stato il caldo: quando abbiamo girato in esterno, sotto il sole c’erano quasi quaranta gradi e il suo personaggio indossava giacca, cravatta e impermeabile!
Per le musiche hai potuto avvalerti dei grandi Pivio & Aldo De Scalzi. Com’è andata questa collaborazione?
Quest’anno hanno vinto, per le musiche del film Song’e Napule, una incredibile tripletta: David di Donatello, Nastro d’Argento e Globo d’Oro. E’ una grande fortuna avere in “casa” due musicisti di questo livello. Infatti Pivio è mio marito! Pivio e De Scalzi sono anche autori delle musiche dei miei due precedenti cortometraggi (Turno di notte e La Grande Menzogna) e degli spettacoli teatrali. La collaborazione funziona benissimo (anche perchè sennò rischierei il divorzio…), abbiamo deciso insieme di lavorare su un tema musicale che ricordasse il western, con le slide guitar che rendono bene il pigro passare del tempo su una strada dove non passa anima viva, e che si sposa benissimo con il paesaggio, e un tema lirico ed emozionante per il finale.
Come sono andate le riprese? Ci sono degli aneddoti che ti va di raccontarci?
La cosa che più ricordo era la mia disperazione quando il gregge di pecore che doveva attraversare la strada non obbedì al pastore e virò a destra, poi verso la macchina da presa, poi a sinistra, insomma, non facevano quello che diceva la sceneggiatura! Ma abbiamo girato tutto lo stesso, e quando abbiamo rivisto la scena l’effetto era stupendo: una metafora involontaria di un popolo confuso e attonito, cose che a volte accadono nel cinema.
Vedendo il tuo corto mi è venuto in mente il documentario di Walter Veltroni ‘Quando c’era Berlinguer’ che inizia con una serie di interviste a gente comune che afferma di non sapere chi fosse il politico. Quanto il cinema può secondo te aiutare a mantenere la memoria storica, soprattutto degli ultimi anni?
Basta pensare che senza I cento passi oggi molti ragazzi non saprebbero chi era Peppino Impastato. Per quanto riguarda Fratelli Minori, uno dei motivi che mi hanno spinto a realizzarlo era che io stessa non sapevo che lui e Moro fossero morti lo stesso giorno, e spesso il pubblico mi ha confessato la stessa cosa. Io penso che il cinema sia importante per mantenere la memoria storica, e che addirittura alcuni film abbiano il potere di modificare i comportamenti e il modo di pensare delle persone. Basti pensare al neorealismo, o allo stesso I cento passi, che fece anche riaprire il processo grazie al quale Tano Badalamenti venne condannato come mandante dell’omicidio di Impastato.
Spulciando sul tuo sito si legge che sei attrice, regista e sceneggiatrice (di cinema e teatro): come concili queste passioni ed in quale ruolo, se c’è, ti trovi più a tuo agio?
Il mio sogno sarebbe quello di potermi dedicare sempre di più alla regia, sia teatrale che cinematografica. La scorsa estate ho ricevuto a Volterra il Premio Ombra della Sera, un prestigioso riconoscimento per la regia dello spettacolo Milonga Merini, e sono sei i premi già ricevuti da Fratelli Minori e molti di più dai corti precedenti, li prendo come un incoraggiamento importante, per me che non ho alle spalle una scuola di regia ma una formazione di attrice. Invece per me scrivere è la cosa più faticosa del mondo. Una specie di parto che fa sembrare la fatica del set (che è molta) una passeggiata. Ho scritto il mio primo corto, e la sceneggiatura vinse il Premio CINECITTA’ DIGITAL, e anche il film Sleeping Around insieme a Marco Carniti ma, anche ammesso che io abbia delle qualità, non è l’attività che preferisco.
mo recitare. E’ quello che ho fatto da sempre, iniziando al Teatro Stabile di Genova, dove ho studiato, e anche se ho avuto delle belle soddisfazioni in televisione e adoro il cinema, come attrice amo di più il teatro, dove i ruoli sono spesso più interessanti e meno stereotipati di quelli che offrono spesso la tv e il cinema italiano alle donne, salvo rare eccezioni.
Ed ora uno sguardo al futuro. C’è già un nuovo progetto nel cassetto? Magari un lungometraggio…
Sì, c’è, ma è troppo presto per parlarne e chissà se vedrà davvero la luce. Sto lavorando al progetto di un film di genere, un thriller con protagoniste due donne. Ma ancora non riesco a credere sul serio che possa diventare realtà, voglio essere scaramantica… Augurami in bocca al lupo!
Prima di salutare Carmen Giardina le auguro di cuore un in bocca al lupo per il suo futuro sperando di ritrovarla presto con un nuovo interessante progetto.