Ha aperto ieri il Festival del cinema di Cannes uno dei film più discussi degli ultimi mesi: Grace di Monaco, dove la Grace Kelly del titolo è interpretata da Nicole Kidman e il film è diretto dall’ Olivier Dahan de La vie en rose. Tra fischi, silenzi e flebili applausi in platea, oggi è nei cinema italiani mentre negli altri paesi ha subito continui rimandi per via di problemi di distribuzione.
Grace di Monaco
La storia narra un anno di vita dell’attrice Premio Oscar Grace Kelly (Nicole Kidman; Stoker, The papero), trasferitasi da Hollywood al Principato di Monaco, una volta sposa del Principe Ranieri III (Tim Roth; L’incredibile Hulk, La frode), e dei dubbi sulla sua decisione di diventare una principessa smossa dal suo spirito di attrice di voler tornare sul grande schermo.
Trailer del film:
Dov’è Grace?
Discusso da mesi, il film su Grace Kelly è stato assolutamente bistrattato dalla famiglia reale del Principato in questione per incoerenza storica e largo uso di fantasia nei fatti narrati ed è stato accolto ieri tiepidamente dalla stampa al Festival di Cannes, dove è stato selezionato come film di apertura. Oltre a ciò, uscirà per adesso in pochissimi paesi nel mondo (tra cui l’Italia) mentre in altri, tra questi anche gli USA, dovrà aspettare una decisione di distribuzione.
Eppure, a modesto e di certo soggettivo parere del sottoscritto, Grace di Monaco non è un film da gettare nel dimenticatoio. Non avendo particolari documenti di riferimento sulla vita privata di Grace una volta spostatasi a Monaco, il regista Dehan decide di scrivere o ri-scrivere per narrare quella che sarà la componente cardine dell’intera pellicola: la vera maturazione di Grace da giovanissima attrice “improvvisata” a principessa matura con marito, figli e un popolo che abbisogna della sua figura, soprattutto in quel periodo narrato in cui il Principato viveva sotto attacco dalla Francia e rischiava il crollo.
Tutto e nulla
Il film non riesce a trovare un clima, nella sua “breve” durata (105 min.), sotto la patinata fotografia e regia che si apre con un piano sequenza e si focalizza letteralmente su Grace con molti lunghi primissimi piani, tralasciando non di poco tutte le figure che completano il cast: troviamo alcuni divertenti siparietti comici nell’ennesima figura di Hitchcock che propone alla ex-diva un certo “Marnie” come suo ritorno alle scene e altri momenti che spezzano il dramma che vive la principessa Serenissima che funzionano meno.
Il problema sostanziale di questo film è che gli argomenti che espone sono davvero tanti, all’interno di un impianto di sceneggiatura più che classico dove non manca mai di un moralismo cui difficilmente si può soprassedere, ma non riesce ad approfondirne alcuno, arrivando al monologo finale di Grace, dopo oltre 90 minuti di storia narrata e senza la benché minima empatia da parte del pubblico.
Nicole
Il film è lei. E probabilmente lei è una delle poche che poteva prendersi la responsabilità di un ruolo così discusso e combattuto. La Grace rappresentata non è la Principessa ma la giovane donna che ha avuto tutto nella vita e si sente svuotata. E questo Nicole riesce a rappresentarlo, catalizzando anche facilmente l’attenzione verso di se.
È forse giusto ricordare però come Hitchcock amava definirla: “Ghiaccio Bollente”, un ossimoro importante di eleganza e sensualità che parzialmente Nicole riesce a riportare sullo schermo.
Grace di Monaco risulta quindi un film riuscito a metà, di notevole sforzo produttivo, con un cast altrettanto notevole (forse si poteva espandere il personaggio del bravissimo Tim Roth/Ranieri?), una regia attenta che lascia (troppo e furbamente) spazio al ricordo e al mito e meno alla concretezza del racconto e all’empatia con un pubblico con cui inevitabilmente deve rapportarsi, trovandosi ad essere fuori tempo massimo tra la materia narrata e lo stile di narrazione.