Del corto di oggi troviamo come protagonista l’attore Massimo Dapporto. Il titolo è Il sospetto e noi ne abbiamo parlato con il regista Giovanni Meola.
Giovanni Meola è regista, sceneggiatore ed è direttore artistico della compagnia Virus Teatrali dal 2003. Ha realizzato 4 cortometraggi: Il Pinocchio carognone (2007), In apnea (2008), Bando di concorso (2010) ed Il sospetto (2011) con Massimo Dapporto. Attualmente è alle prese con la post-produzione del suo nuovo corto, Una breve vacanza con Giulio Scarpati.
Il sospetto
Un uomo vestito di jeans sta provando a confessarsi ma uno scricchiolio lo spaventa. Mentre sta andando via si imbatte in una madre con il figlio venuti a piangere la sorella uccisa crudelmente. Il figlio è ossessionato dalla vendetta e l’unico indizio che ha è che il colpevole era vestito di jeans…
Ci si può mettere realmente nei panni di un altro? Può la religione giustificare un delitto? E’ a questi quesiti che Giovanni Meola tenta di rispondere con Il sospetto. E lo fa con una sceneggiatura impeccabile e ricca di suspence. Come in una spirale, lo spettatore viene assorbito sin dai primi minuti del corto dai suoi personaggi sopraffatti da sentimenti contrastanti: la rabbia, la ricerca della pace, il peso di un segreto, il sospetto…
Bravissimi tutti i protagonisti da Luigi Credendino ad Enrico Ottaviano ma soprattutto è straordinaria l’intepretazione di Massimo Dapporto sulle cui intense epressioni si ferma spesso la macchina da presa con l’obiettivo di creare empatia nello spettatore, quasi la stessa con la quale si ritrova ad affrontare il protagonista. Da non perdere.
Le domande al regista
Ciao Giovanni, benvenuto su cinemio. Del cortometraggio sei autore del soggetto e della sceneggiatura nonché regista. Come sei arrivato a questa idea così originale?
La genesi delle idee è cosa sempre diversa e in fondo strana; a volte una suggestione, altre volte un’immagine. Per IL SOSPETTO a guidarmi è stata la richiesta che spesso ci viene posta (o che noi ci poniamo) di metterci nei panni altrui. Ecco, in questo caso, alla suggestione ha fatto subito seguito un’immagine: un prete tutto vestito di jeans che cerca di non farsi riconoscere. Da questo incontro è nata la storia.
Il cortometraggio ha un cast artistico e tecnico d’eccezione. So per esempio che hai sempre immaginato come protagonista l’attore Massimo Dapporto. Com’è stato lavorare con lui?
Lavorare con grandi professionisti dotati di enorme spessore umano, come è nel caso di Massimo Dapporto, è una fortuna e un dono. Sì, sin dalla fase di scrittura avevo immaginato lui come potenziale protagonista di questo lavoro ma all’epoca non lo conoscevo ancora. Enorme è stata quindi la mia sorpresa quando, dopo aver fatto in modo di incontrarlo e avergli lasciato i miei lavori precedenti (in particolare IN APNEA e BANDO DI CONCORSO) oltre allo script de IL SOSPETTO, lui mi ha fatto sapere in brevissimo tempo che era interessato alla sceneggiatura e che accettava di esserne il protagonista.
Lavorare con Massimo è stato davvero bello perché, da vero grande attore quale è, mi ha consentito di impostare con lui quel lavoro di scavo e ricerca che necessariamente si deve porre in essere per arrivare a produrre senso, oltre che immagini, lavorando come amo lavorare con gli attori sia sul set che a teatro. La profondità che abbiamo cercato di sondare è stata affrontata con uno scambio umano e di suggestioni che hanno permesso, a mio avviso, la creazione di un personaggio sfaccettato e in grado di suscitare la curiosità del pubblico.
Del resto i premi ottenuti finora (sia al corto che a Massimo) lo testimoniano perché non era scontato riuscire a raccontare questa storia senza fronzoli, in maniera asciutta come abbiamo provato a fare. Massimo ha provato interesse ad interpretare la figura di un prete (personaggio che già in passato aveva avuto modo di fare), con la differenza che questo è un prete tormentato, pieno di dubbi e appunto sospetti. E sinceramente, dopo aver portato a termine il lavoro (costellato anche dalla nascita di un’amicizia basata su un comune senso dell’ironia e soprattutto dell’autoironia), sono ancora più convinto di avere avuto un’intuizione giustissima nel pensare a lui.
Parlando del cast tecnico, per girare il cortometraggio ti sei attorniato di grandi professionisti. Troviamo infatti, tra gli altri, Emita Frigato, sceneggiatrice premiata ai David di Donatello 2011 per Noi credevamo di Mario Martone e Giuseppe Trepiccione, montatore di Una vita tranquilla di Claudio Cupellini. Com’è stato lavorare con loro?
Dal secondo corto in poi ho pensato che avrei dovuto fare assolutamente una cosa: lavorare quanto più possibile con professionisti di grande esperienza ma altrettanto dotati sul piano della sensibilità e dell’attenzione. In questo lavoro, l’aver collaborato con una scenografa come Emita Frigato o con un montatore come Giuseppe Trepiccione è stato un piacere oltre che un onore.
Il loro apporto è stato eccezionale, così come quello di tutta la troupe, nessuno escluso, dato che tendo a scegliere personalmente tutti i collaboratori, artistici e tecnici. Come a dire che se qualcuno poi non funziona sul set posso prendermela solo con me stesso.
Termina qui la prima parte della lunga chiacchierata con Giovanni Meola. Continua a leggere la seconda parte.