Concludiamo la lezione di cinema legata al film Diaz di Daniele Vicari con l’intervento, durante l’incontro, dei registi Franco Fracassi e Massimo Lauria, autori dell’interessante documentario The Summit che cerca di dare una risposta a più ampio respiro di quello che è accaduto durante il G8 di Genova.
Mentre Diaz continua a smuovere gli animi di chi è ancora indignato da ciò che è accaduto 11 anni fa (è infatti notizia di ieri la proiezione del film al Parlamento Europeo), è giusto parlare anche di altri lavori che vogliono ottenere lo stesso risultato in modi diversi. Uno di questi è The Summit, documentario di Franco Fracassi e Massimo Lauria presentato nella sezione Panorama dell’ultimo Festival di Berlino.
The Summit
Ecco cosa ha affermato il regista Franco Fracassi durante l’incontro:
Noi a differenza del film Diaz noi abbiamo raccontato, e raccontiamo, le nostre cose attraverso la realtà. Noi facciamo documentari d’inchiesta però nel nostro modo di raccontare ho trovato molte similitudini con quanto diceva Vicari.
Anche io, infatti, nel corso di questi 11 anni ho visto praticamente tutti i documentari che sono stati realizzati sul G8 e, per quanto questi documentari facessero una fotografia abbastanza realistica della situazione e trasmettessero rabbia per quello che è accaduto, li trovavo tutti un po’ limitati.
Il loro racconto si fermava alla descrizione dei fatti e soprattutto raccontava questi fatti solo dalla parte dei manifestanti che si trovavano a Genova, nella maggior parte dei casi di quelli che le avevano prese.Credo che per un evento così complesso (perchè c’erano tanti soggetti in campo) com’è stato quello del G8, si è trattato di qualcosa che va al di fuori di una semplice manifestazione in Italia. E’ un evento mondiale, il più importante evento che ci sia ogni anno nel mondo, quindi quel tipo di racconto, per altro splendido in alcuni casi, era però limitativo.
Il lavoro che noi abbiamo cercato di fare è stato di approfondire, cercare di dare quelle risposte, di andare oltre il fatto che c’è stata una mattanza a Genova e abbiamo cercato anche di spiegare quali meccanismi possono portare ad una situazione come quella del 2001.
Ecco, nel dettaglio, il lavoro dei due autori fatto per The Summit. Nella prima parte Franco Fracassi racconta come si è ritrovato in mezzo ai Black Block in quanto inviato per una testata
Si è parlato di strategia della tensione e in effetti c’è stata una cosa del genere, programmando una repressione di quel tipo e spostando l’attenzione dei media dal vertice alle botte, al massacro in piazza. Sotto c’era la speranza, l’obiettivo raggiunto da parte di chi governava in quel momento, di far passare quel movimento che era assolutamente pacifico come un movimento di folli, di violenti, e questo ha spostato l’attenzione, questa è una strategia, in qualche modo, della tensione, pianificata a livello internazionale.
Le stesse cose viste a Genova, con un acume diverso, sono infatti partite un paio di anni prima. C’era stato il vertice mondiale del commercio a Siattle e lì si sono viste le stesse dinamiche che poi si sono riproposte a Nizza, Praga, Napoli, Goteborg (dove si sfiora il morto per miracolo) ed infine a Genova che rappresenta il culmine di quel crescendo di violenza e di quella pianificazione.
Quello che è mancato in questi anni è la ricerca di questo tipo di prospettiva, di obiettivo. Il nostro lavoro documenta, con testimonianze di gente che in quel momento era all’interno del comitato di controllo dei servizi segreti italiani, che le riunioni di coordinamento venivano fatte alla Farnesina.
Non è normale che si pianifichi una repressione di ordine pubblico in piazza al ministero degli esteri. Evidentemente c’era un coordinamento internazionale di intelligenze e De Gennaro, allora capo della polizia italiana, era addetto al coordinamento per ciò che riguardava i summit europei.
Quando abbiamo cominciato a lavorare la nostra prima difficoltà era capire da che tipo di prospettiva guadare questa cosa, a chi affidare il focus in mano. Ne è uscito fuori un discorso morale come nel film di Daniele. Ci sono tante ragioni in campo, è un tema talmente articolato che non si può affidare ad una sola prospettiva quello che è accaduto e abbiamo cercato di fare un documento corale (ci sono una quarantina di interviste nel documentario, di manifestanti, poliziotti, esperti di intelligence o ex agenti dei servizi segreti, ex parlamentari).