Successi da Cannes: Miracolo a Le Havre

Diamo oggi il benvenuto ad un nuovo collaboratore, Yari Sordelli, che ha visto per noi in anteprima Miracolo a le Havre, il film di Aki Kaurismäki applaudito all’ultimo Festival di Cannes e da oggi nelle nostre sale. Nell’articolo la sua opinione.

Miracolo a Le Havre

di Yari Sordelli

A Le Havre abita Marcel Marx (André Wilms), un ex autore e noto bohémien che si dedica all’attività di lustrascarpe. Marcel conduce una vita molto monotona: il lavoro, il suo bar preferito e la moglie Arletty (Kati Outinen). Ogni giorno è uguale a quello precedente, finché per caso incontra Idrissa (Blondin Miguel), un ragazzino profugo africano.

Marcel con il suo innato ottimismo e non senza poche difficoltà, si prende cura del giovane immigrato, il quale ha come obiettivo arrivare a Londra dove lo aspetta sua madre. Ma non è tutto rose e fiori: infatti la cieca macchina dello stato occidentale, rappresentata dalla polizia, è alla ricerca del giovane africano.

La favola di Kaurismäki

Miracolo a le Havre è un film del regista finlandese Kaurismäki che affronta uno dei temi più trattati in questo periodo (vedi Festival di Venezia): l’immigrazione. Ma il regista decide di trattare tale tema con molta leggerezza, quasi fosse una favola: come infatti ha affermato il regista

Ho sempre preferito la versione delle fiabe dove però cappuccetto rosso mangia il lupo e non l’inverso.

L’ambiente è piccolo, un porto della Normandia, i personaggi sono pochi e sono tutti persone semplici che vivono alla giornata. La rappresentazione è quella di un mondo, per Marcel, che viene sconvolto da qualcosa che va al di fuori del quotidiano: l’incontro con Idrissa. Marcel, si ritrova a dover cercare un aiuto nei suoi amici e vicini come la fornaia, il fruttivendolo e la barista, per poter sostenere il desiderio di libertà di Idrissa e di tutti noi.

Molto particolare è la personalità di Arletty, che oltre all’ovvio senso di affetto, denota un forte senso materno per il marito; infatti nel su atteggiamento, che ricordiamo è interpretata da Kati Outinen, percepiamo la necessità di voler proteggere Marcel da qualsiasi sofferenza.

Miracolo a le Havre è stato presentato alle selezione ufficiale in concorso a Cannes e molti critici lo davano addirittura per ipotetico vincitore, se non ci fosse stato quel capolavoro di Malick The tree of Life. L’impressione è quella che sia un film riuscito che ha come punta positiva la sua dolce leggerezza e sottile ironia e soprattutto le personalità di quei personaggi che potrebbero essere considerati quelli che, in un certo senso, per alcuni, rappresentano la feccia della società.

E invece, sono proprio loro che diventano i messaggeri dell’etica che Kaurismäki i vuole rappresentare. Sono loro che cercano di sollevare la situazione da una crisi morale. Al regista finlandese non interessano le ipotetiche (di cui tanto si parla) responsabilità di trattare un tema forte con metodi rigorosamente appropriati per i film di genere, bensì, nei 93 minuti della pellicola, denotare un’atmosfera sognante che aleggia in una storia poco realistica ma con un tema veritiero.

Poco realistica sì, ma infinitamente umana. Così semplici e umani i personaggi, in un mondo favoloso quasi quanto quello di Amelie, con i buoni che hanno la meglio, la giustizia (divina o non) che predomina come i film di Frank Capra, l’unione dei paesani alla “Svegliati Ned” e infine quelli che dovrebbero interpretare i cattivi che non lo sono poi così tanto, proprio perché il loro cuore viene prima del loro ruolo sociale.

Fin dalla prima scena poi si capisce come sia stata concepita la sceneggiatura, firmata dallo stesso Kaurismäki: con ironia. Niente da dire per la scenografia, che si indossa ai personaggi come fosse un vestito, o forse il contrario, sono i personaggi che sono influenzati dall’ambiente (quello che viene propriamente chiamato determinismo ambientale).

Sulla base di un discorso di messa in scena, Kaurismäki realizza il tutto con la massima essenzialità, nessun tipo di spettacolarizzazione, ma è il fatto in sé che viene trasformato in immagine. Molto da effetto l’ultima inquadratura: la macchina da presa segue due personaggi che entrano in casa per poi alzarsi a racchiudere nel quadro un ciliegio in fiore. Dopo il discorso sui buoni d’animo che vengono premiati, e su quello dei miserabili che lottano per un cambiamento, quest’ultima inquadratura non può che non essere prettamente concettuale.

Clip dal film

E per concludere eccovi tre interessanti clip dal film

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