La truffa dei Logan, il ritorno di Soderbergh con l’Ocean’s Eleven bifolco

Sugli schermi italiani dal 31 maggio La truffa dei Logan (titolo originale, Logan Lucky, già recensito da cinemio a Venezia), diretto da Steven Soderbergh e interpretato da un cast stellare: un – irriconoscibile – Channing Tatum, un – altrettanto irriconoscibile – Daniel Craig, un – sempre uguale –Adam Driver, il Kylo Ren degli ultimi Star Wars, passando per Katie Holmes, una rediviva Hilary Swank e il Sebastian Stan noto ai fan dell’Universo Marvel come il Winter Soldier/White Wolf di Avengers: Infinity War.

Per gli amanti del dizionario filmico e per chi desidera fare una gran bella figura al cineforum, trattasi di Heist comedy, cioè della versione “commedia” del sottogenere dei crime film che si concentra in particolare sulla pianificazione, l’esecuzione e le conseguenze di un furto – d’altra parte per ritornare alla grande dopo il suo annunciato pre-pensionamento quale altro genere poteva scegliere il regista, tra gli altri, dei vari Ocean’s (Eleven, Twelve e Thirteen)?

La truffa dei Logan

La truffa dei Logan – locandina

La truffa dei Logan

Siamo in West-Virginia, terra di recessione, unghie finte e concorsi di bellezza per bambine. I Logan sono tre fratelli, di cui almeno due convinti di avere come maledizione una grande sfortuna (da cui il titolo originale, ironico, di Logan Lucky, come tutti li chiamano per scherzarli).

Jimmy Logan (Channing Tatum), il maggiore, è un ex-giocatore di football azzoppato con una figlia, una ex con cui ha rapporti piuttosto tesi (Katie Holmes) e un fresco fresco ex-lavoro, in quanto è appena stato licenziato dall’impresa di costruzioni della Charlotte Motor Speedway, in cui era impiegato.

Suo fratello, Clyde Logan (Adam Driver), quello che più crede nella “maledizione di famiglia” (e qualche motivo bisogna riconoscere lo abbia), ha perso un braccio durante la guerra in Iraq ed ora fa il barman.

L’unica non messa malissimo – sarà che lei non è superstiziosa – è la sorella Mellie (Riley Keough, la protagonista della serie tv The Girlfriend Experience, prodotta dallo stesso Soderbergh, nonché la nipotina di Elvis e Priscilla Presley). Fa la parrucchiera in un salone, aiuta col make-up la nipotina quando partecipa ai concorsi di bellezza e, all’occorrenza, guida da dio le macchine da corsa in particolare se deve scappare dalla polizia o partecipare ad una rapina.

I tre, seguendo l’idea di Jimmy – depresso oltre che per la perdita del lavoro per aver saputo che la sua ex si trasferirà col nuovo compagno distante, portandosi via l’adorata figlia – decidono di invertire il destino di sfortuna familiare rapinando l’incasso della gara automobilistica Coca Cola 600 (che si svolge, appunto, nell’ex-posto di lavoro di Jimmy).

Per fare questo elaborano un piano e coinvolgono un pittoresco esperto di esplosivi, attualmente in prigione: Joe Bang, un Daniel Craig insolitamente biondo-platino, tatuato e con accento dell’America del Sud. Seguono una serie di situazioni ai limiti del surreale, in cui i nostri eroi riusciranno a far evadere Joe Bang senza che nessuno se ne accorga, a coinvolgere qualche altro personaggio se possibile ancora più folkloristico, a riuscire miracolosamente a piazzare il colpo – usando esplosivi fatti con orsetti di gelatina, candeggina, sale e sacchetti di plastica – e a far ritornare praticamente tutti i partecipanti al loro posto, pronti a crearsi un alibi di ferro per sviare futuri sospetti.

A 1h34’ di un film della durata totale di 1h59’ entra in scena Hilary Swank per regalarci un cameo, un’interpretazione caricaturale di un agente FBI estremamente serio e scrupoloso, ma che in effetti riesce a scoprire l’inghippo, pur non potendolo provare (a causa degli “odiosi” solidi alibi della maggior parte dei sospettati).

Una parodia quasi letterale dei vari Ocean’s Eleven etc.

Se all’inizio la fotografia fortemente satura a livello cromatico e il genere di personaggi fanno venire in mente un certo cinema indipendente americano – a tratti alla Un sogno chiamato Florida, per intendersi – ben presto emerge il lato umoristico e di presa in giro. E, di nuovo, il tutto pare conforme al già citato modello dell’heist movie, se non fosse che le similitudini con Ocean’s Eleven diventano mano a mano talmente eclatanti da dare l’idea che La truffa dei Logan sia un mix tra la versione “America del (profondo) Sud” del patinato film con George Clooney e Brad Pitt e a tratti quasi una parodia dello stesso.

Alcuni personaggi sono, in effetti, quasi il loro esatto opposto: l’esperto di esplosivi in Ocean’s Eleven, l’americanissimo Don Cheadle, che fingeva un accento britannico VS l’inglese DOC Daniel Craig che imita (se non alla perfezione, in modo decisamente buffo) l’accento dell’America del sud, ad esempio. O l’ideatore del piano, l’elegante George Clooney, in un caso, contro il manovale Channing Tatum, peraltro per l’occasione con un’insolita pancetta, zoppicante e coi vestiti trasandati, nell’altro.

La truffa dei Logan - Daniel Craig

La truffa dei LoganDaniel Craig/ Joe Bang

Anche le situazioni sono pressoché al contrario: se da una parte si sfoderava l’alta tecnologia per fare il colpo, in La truffa dei Logan sono i rimedi casarecci a regnare incontrastati, dalla fabbricazione estremamente “fai-da-te” già ricordata della bomba, al piombare e rotolarsi nella spazzatura, alle teglie con fogli di alluminio usati dai detenuti per non fare vedere alle guardie cosa succedeva all’interno della sala da loro occupata (e alle telecamere messe fuori uso avanguardisticamente coprendo l’obiettivo di salsa stile maionese).

La musica, che ritma i momenti di azione, è quella country di John Denver e Patsy Cline (pur con qualche contaminazione, nel consueto stile Soderbergh); i detenuti dibattono col direttore del carcere i termini della loro resa a suon di richieste di nuovi libri per la biblioteca del penitenziario (e ciò che chiedono sono le ultime edizioni della serie Game of Thrones di George R. R. Martin, con annessa disquisizione sulle differenze tra le opere letterarie e quella televisiva); gli stessi tre fratelli Logan paiono una versione verace e più realistica dei protagonisti di Hazzard, con la sorella al posto della cugina Daisy e tanto di macchina arancione con le strisce bianche sul tetto (che i Logan usano nel film).

La truffa dei Logan - Mellie

La truffa dei Logan – Mellie versione Daisy di Hazzard

Bilancio finale di La truffa dei Logan

Insomma, tutto contribuisce a sottolineare l’aspetto “rurale”, un po’ “bifolco” della band di ladri che scimmiotta (e ad un certo punto cita apertamente) gli antecessori “stilosi” di Ocean’s Eleven. Quasi ad indicare la differenza tra la versione “super-cool” di Obama e Michelle della presidenza confrontata con quella più trash e cafona di Trump e signora – che non a caso ben rappresentano elettorato e background del profondo sud qui dipinto.

Ma, ciononostante, la parodia non si spinge a presa in giro crudele né a critica amara, forte forse la stessa provenienza non propriamente dell’America del Nord del regista (nato in Georgia, stato ancora più a sud di Virginia e Carolina in cui è ambientato La truffa dei Logan).

Il momento in cui emerge il sentimento più sincero è quello che vede il padre, Channing Tatum, al concorso di bellezza della figlioletta (oscenamente truccata, detto per inciso).

La truffa dei Logan - Jimmy e figlia

La truffa dei Logan – Jimmy con la figlia

Si ride, quindi, e quando non si ride si sorride molto, ci si emoziona il giusto per il rapporto padre-figlia, si apprezza il dinamismo e le caratteristiche classiche del genere “ti-racconto-la-rapina”, si apprezza la trasformazione di Daniel Craig da agente di Sua Maestà in buzzurro muscoloso e tatuato: vale decisamente la pena, La truffa dei Logan.

Anche per quel curioso mistero che avvolge la figura della sedicente sceneggiatrice, tal Rebecca Blunt, apparentemente alla sua prima, riuscitissima opera, ma che si vocifera non sia che un personaggio fittizio. Forse la moglie di Soderbergh, forse lo stesso Soderbergh, che già in passato ha usato nomi di fantasia per celare suoi ruoli nei film (come il montatore o il direttore della fotografia in Magic Mike XXL, e varie altre volte). In ogni caso, quel piccolo ulteriore dettaglio (enigmatico) che dona un ulteriore tocco di fascino in più al ritorno al cinema di Soderbergh.

One Response

  1. Leonardo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *