Un sogno chiamato Florida, di Sean Baker: il variopinto affresco della vita ai margini dell’American Dream

Dopo l’exploit nel 2015 di Tangerine, film interamente girato con tre IPhone, Sean Baker ritorna, con Un sogno chiamato Florida, a dipingere senza disperazione un’America disperata, ancora una volta servendosi della fresca naturalezza di attori per la maggior parte non-professionisti (ad eccezione di Willem Dafoe).

Già presentato in Italia fuori concorso al 35° Torino Film Festival, dal 29 marzo nei cinema.

Un sogno chiamato Florida

Un sogno chiamato Florida

Un sogno chiamato Florida

Siamo ai margini di Walt Disney World, a Orlando, Florida, in uno dei tanti complessi costruiti originariamente per ospitare il personale del parco e, in seguito alla mancata espansione, riconvertiti in motel. Con ormai solo i variopinti colori e i nomi fantasiosi a ricordare il loro glorioso passato, sono attualmente evitati dai turisti, che ci capitano solo per sbaglio, ed abitati dai classici esempi di varia umanità, gente anch’essa ai margini – del legale, della sopravvivenza, a volte della realtà.

Nel motel in questione, The Magic Kingdom, violetto come solo Disney potrebbe concepire, vivono tre bambini, tre simpatiche canaglie, attualmente a casa da scuola per le vacanze estive.

Monee (Brooklynn Prince), la più peperina, a soli sei anni è quella che trascina gli altri due, Scooty, figlio della miglior amica di sua madre, e Jancey, la nuova arrivata nel complesso vicino. I tre fanno scorribande nei dintorni, elemosinano soldi per il gelato, fanno dispetti al – pazientissimo – manager del complesso, Bobby (Willem Dafoe), si inventano giochi ai limiti del pericolo e a volte si mettono nei guai.

Su di loro, più che le madri, veglia come un burbero angelo custode giusto Bobby, mentre i loro genitori sono intenti a cercar, come meglio possono, di sbarcare il lunario. In particolare, Halley (Bria Vinaite), la mamma di Monee, vive di espedienti, da piccoli furtarelli, all’approfittare del cibo che le passa di nascosto l’amica, cameriera in un fast-food a poca distanza, a tentare di vendere profumi ai turisti del parco, portandosi dietro la figlia, fino ad abusare della stanza del motel (con tanto di bimba nella vasca da bagno) per praticare il consueto “lavoro più vecchio del mondo”.

La situazione rischia ovviamente di precipitare in ogni momento, per quanto venga presentata attraverso gli occhi della bimba protagonista, quindi con quella leggerezza ed ingenuità di chi non ha mai potuto neanche immaginare che un’altra via (e vita) sia possibile.  E, in finale, inevitabilmente, precipita, senza che nulla possano i tentati interventi di quello che fino ad allora era stato l’angelo protettore, Bobby, le urla di rabbia della madre, Halley, il pianto della figlia, Monee. Resta, come miraggio di un sogno andato a male, la surreale e stridente finzione disneyana nello sfondo.

Le Simpatiche Canaglie: gli attori di Un sogno chiamato Florida

Veracemente “indie” anche quando gira, come in questo caso, in pellicola, Sean Baker si è circondato di attori alle prime armi, in gran parte non-protagonisti, con l’intento di conferire un aspetto più veritiero al film.

Bria Vinaite è stata scovata dal regista stesso su Instagram e da lui contattata per un provino; Brooklynn Prince, la strabiliante protagonista seienne, è al suo primo film. Le due hanno girato molte scene improvvisando totalmente, con solo un auricolare all’orecchio tramite il quale Baker dava loro consigli (così, ad esempio, è stata realizzata la scena in cui tentano di vendere profumi ai visitatori all’entrata del parco).

Un sogno chiamato Florida - cast

Un sogno chiamato Florida – mamma e figlia

Anche Jancey, Scooty, e sua madre, Ashley, sono esordienti assoluti in ambito cinematografico.

L’unico attore professionista, Willem Dafoe, si è talmente applicato nella parte (per cui è stato candidato a Oscar, Golden Globes, SAG Awards e BAFTA, pur se invano) da sembrare uno del posto, in cui è rimasto diverse settimane prima di girare, proprio per poter sembrare più verosimile.

Un sogno chiamato Florida -Dafoe

Un sogno chiamato Florida – Willem Dafoe e la bambina protagonista

Il contrasto tra finzione e realtà in Un sogno chiamato Florida

Essenziale, quindi, anche nella scelta degli attori, sottolineare questa caratteristica di veridicità che, insieme all’apparente mancanza di intreccio della narrazione, porta ad una sensazione quasi di fotografia, di affresco documentaristico, di istantanea di una situazione reale.

L’opposizione costante tra fiction e realtà, tra veramente falso e drammaticamente vero, è, in effetti, il leitmotiv del film.

Da una parte i colori eccessivamente saturi e fuori dalla norma delle case, del cielo, degli stessi capelli di Halley, di un bel verde smeraldo; i nomi improbabili che si stagliano sui cartelli stradali (come Avenue dei Sette Nani) o con cui si chiamano i motel; le forme inconsuete, da lunapark, dei negozi (come quello a forma di arancia o di mago); dall’altra le vite dei residenti dei vari Magic Kingdom, Futureworld e compagnia cantante, attanagliati da problemi drammaticamente “normali” come riuscire a pagare l’affitto settimanale, dover cambiar ogni tot di camera per non risultare residenti fissi, eventualità proibita dalla direzione. Con situazioni alle spalle sempre più che disagiate e alle prese con un quotidiano ben distante dalla favola, fatto di lavatrici esterne, lavori precari, spazi promiscui e claustrofobici.

Un sogno chiamato Florida - set

Un sogno chiamato Florida – il negozio a forma di mago

Da un lato la visione fantasiosa di Monee “e la sua banda”, che non possono andare all’Animal Kingdom di Disney World e allora guardano le mucche lì vicino, che non possono entrare nella Haunted Mansion e allora fanno una spedizione (punitiva, visto i danni che creano) nelle villette abbandonate a pochi passi dal motel; che vivono in una minuscola stanza con le madri, ma passano il tempo a ridere e divertirsi, ciò nonostante. Dall’altra la visione adulta del manager, Bobby, che prova un misto di simpatia e di pena per quei bambini, lasciati in balia di mamme-ragazze anche loro; la visione adulta e preoccupata degli assistenti sociali, che (SPOILER ALERT) irrompono nella loro vita in precario equilibrio di sana follia, e tentano di rimetterla sui giusti binari, devastandola; la visione adulta degli stessi spettatori, che oscillano tra il vedere le cose con le lenti distorte di Monee e sua madre, che fanno apparire “normali” piccoli furti, inganni, e quant’altro, e la propria consapevolezza di quanto tutto questo normale non lo sia, né debba esserlo.

Un sogno chiamato Florida - bambini

Un sogno chiamato Florida – i tre bambini

Sul tutto, si delinea il contrasto finale, tra il divertimento sincero delle tre piccole canaglie, ma anche di Monee con sua madre prima dell’intervento degli assistenti sociali, e il divertimento “veramente falso” dell’altrettanto falsa “perfezione” disneyana. E il dubbio, che sfiora, su quali dei due mondi sia la “vera” realtà, in quale ci siano le emozioni e i sentimenti più “veri”.

Bilancio finale

Probabilmente poco adatto ad un pubblico “main stream”, amante del cinema classico che racconta una storia con inizio e fine ben definiti. Affascinante per gli altri, in particolare grazie alla genuinità della prospettiva veicolata dagli attori bambini, alla freschezza dei protagonisti, alla bellezza della fotografia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *