Lezioni di cinema: Fabrizio Gifuni – terza parte

Terza ed ultima parte della lezione di cinema dell’attore Fabrizio Gifuni. Dopo aver raccontato il mestiere dell’attore, ed il suo rapporto con i personaggi e con il maestro Orazio Costa, oggi ci parla dei registi, del cinema che ama e della sua esperienza a teatro.

I registi

Ci sono i registi che amano gli attori e quelli che li detestano: la seconda categoria purtroppo è maggiore. Parlo anche di registi straordinari, che hanno fatto la storia del cinema. E’ sempre stato un rapporto difficile, quello tra attori e registi nel cinema. In teatro è tutta un’altra cosa perchè il momento delle prove è un momento centrale della lavorazione.

Nel cinema è difficile trovare delle situazioni produttive o dei registi che ti diano una possibilità di provare qualcosa tutti insieme, questo lavoro spesso lo devi fare da solo. Questo rende ancora più indispensabile una buona formazione altrimenti va a finire che arrivi sul set, incontri persone che spesso non hai mai conosciuto e devi iniziare a lavorarci di punto in bianco.

Certo può anche capitare che ci sia un bell’incontro sul set tra un attore ed un regista in cui si abdica ai ruoli di potere e si mette tutto su un piano di maggiore collaborazione: in fondo tutti stiamo lavorando per fare al meglio una cosa. Poi è chiaro che il cinema è fatto anche di gerarchie perchè è una macchina che deve andare avanti e deve essere guidata ma nelle dinamiche interne del lavoro sarebbe più bello se si potesse lavorare con maggiore tranquillità.

Per esempio Marco Turco, regista con cui ho girato C’era una volta la città dei matti, ama molto gli attori e si diverte a lavorare con loro, gli piace provare ed organizzare delle letture, gli piace seguire il lavoro che stai facendo sul personaggio. Per Basaglia ho provato delle cose, facevo delle improvvisazioni con la telecamera e poi chiamavo Marco per fargliele vedere.

Ci sono invece altri registi con cui impari a capire che questo lavoro lo devi tenere più nascosto: lui sarà molto contento di quello che fai ma deve avere l’illusione che tu le faccia con immediatezza e naturalezza perchè ti son venute lì sul set.

Il cinema da spettatore

Sia da un punto di vista di spettatore sia per il mio lavoro ci sono 4, 5 film di Cassavetes che sono particolarmente decisivi: oltre al piacere di vederli e rivederli c’è proprio la curiosità di capire come sia stato possibile arrivare a quei risultati.

Poi ci sono i film di Gian Maria Volontè, che per un attore sono imprescindibili, perchè è stato uno dei pochi attori che si è posto il problema di fare i personaggi e non riportare i personaggi a se stesso. Quando ho visto Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, ricordo di aver pensato: com’è possibile che un attore italiano riesca a fare queste cose?


Il teatro

Il primo spettacolo che ho visto in vita mia e per cui non ringrazierò mai abbastanza i miei genitori è stato Natale in casa Cupiello con Edoardo De Filippo: non dimenticherò mai lo stupore con cui l’ho seguito, l’impressione che a raccontare una storia fosse mio zio o mio nonno nella camera accanto.

In questi ultimi anni ho dedicato molto più spazio al teatro: per una serie di motivi sento che lì stanno accadendo cose importanti. Credo che in questo momento in teatro si stia giocando una battaglia abbastanza decisiva sul piano della politica culturale di questo paese. Sono convinto che i teatri siano uno dei pochi luoghi liberi rimasti dove una comunità si incontra per vivere qualcosa di reale.

Mi stava molto a cuore iniziare a raccontare come sia stato possibile arrivare alla situazione attuale, ad una fogna a cielo aperto. Lavorando in teatro, un modo possibile era quello di creare una sorta di mappa cromosomica del nostro paese per tentare di capire cosa eravamo, cosa siamo diventati e cosa in fondo siamo sempre stati.

Le parole ed il pensiero di Gadda e Pasolini sono un pò le bussole che ci aiutano a orientarci nella rotta di questo viaggio e a ricordare per grandi linee qual è stata la storia dell’ultimo secolo di questo paese perchè credo che uno degli obiettivi più pervicacemente perseguiti in questi ultimi anni sia stata la distruzione della memoria.

Annientare la memoria significa dire e fare ogni giorno tutto ed il contrario di tutto, rifare la storia, far finta che non siano accadute determinate cose, rimettere in discussione dei paletti su cui fino a poco tempo fa non c’era bisogno di discutere. E’ indispensabile tornare ad una forma di sana rialfabetizzazione di questo paese.

Sono convinto che il lavoro che ho fatto in questo momento in teatro sia decisamente più avanti rispetto a quello che ho fatto nel cinema, nel senso di quanto sia stato determinante per il mio percorso. Però mi sta venendo voglia di fare la stessa cosa anche al cinema, non nel senso della sperimentazione della regia (anche se mai dire mai), ma dal punto di vista della scrittura.

Un suggerimento su come affrontare il presente

La parola che mi viene in mente è consapevolezza: è un momento in cui chiunque si avvicini a questo lavoro deve avere molta consapevolezza, non soltanto di quello che vuole fare ma anche di come lo vuole fare. Perchè dobbiamo essere profondamente consapevoli di essere in uno dei momenti più orrendi che la storia di questo paese abbia mai conosciuto.

Termina qui l’interessante lezione di cinema di Fabrizio Gifuni. La prossima settimana, occasionalmente, sospenderò le lezioni di cinema dedicate al BIF&ST per lasciare spazio ad un altro attore molto bravo, nonchè grande amico di Fabrizio Gifuni: Luigi Lo Cascio.

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