The Substance è un film di genere sci-fi horror del 2024 diretto da Coralie Fargeat, al suo esordio per una pellicola in lingua inglese, con protagonista Demi Moore e Margaret Qualley. Quest’opera uscirà a partire dal 30 ottobre distribuito in Italia da I Wonder Pictures.
Il film è stato presentato il 19 maggio 2024 in concorso alla settantasettesima edizione del Festival di Cannes.
The Substance
Elisabeth (Demi Moore), un’attrice ormai dimenticata dall’industria, dopo essere stata licenziata dalla trasmissione di aerobica che conduceva risponde all’annuncio di un siero sperimentale per il ringiovanimento chiamato “La Sostanza”.
Dalla risposta a questo annuncio inizierà per lei un incubo senza fine.
Il trailer del film
Un’analisi cruda delle malattie che ammorbano Hollywood e non solo
Coralie Farget sbarca a Cannes con la sua seconda opera, anni dopo il suo esordio con “Revenge” (2017), e per farlo decide di rompere il canone di un Festival, che fino a poco tempo fa (prima dell’arrivo del controverso “Titane” del 2021) era fin troppo abbottonato nella selezione, presentando una pellicola che torna a sviluppare il tema della bellezza eterna già esplorato nel suo cortometraggio “Reality+” del 2013 unendolo all’idea di vendetta della sua prima opera per riflettere su un problema che affligge tanto la società quanto l’industria cinematografica, l’imposizione di un canone estetico per essere accettati e di conseguenza per accettarsi.
Si perché se The Substance superficialmente può sembrare solamente una riflessione sul sistema statunitense che impone una bellezza standard per non finire nel dimenticatoio collettivo in realtà è ben più profondo, la regista attraverso questa tematica parla di un argomento fondamentale nella società contemporanea ossia l’accettare se stessi. Nell’epoca in cui i social tanto quanto l’industria cinematografica e televisiva mettono in continua competizione le persone tra di loro per chi è più bello arriva questo film, che in modo crudo, sporco condanna questo sistema malato mostrandoci due protagoniste e il loro arco di accettazione di loro stesse che arriva in un finale che sorprende tutti rompendo ogni schema possibile ed immaginabile mostrandoci la mostruosità a chi porta l’ossessione per la bellezza.
Punti di forza del film
La regia è una costante rottura della grammatica cinematografica che va di pari passo con la rottura del canone di bellezza che viene imposto, il film è pieno di primi piani su qualsivoglia tipo di oggetto che può provocare il voltastomaco, in particolare il cibo viene ripreso sempre in maniera esagerata, sporca, con rallenty volutamente fastidiosi e un’ottima colonna sonora techno pop spinta che rende tutto ancora più disturbante. Dal cibo si passa all’esaltazione della carne umana protagonista di questo film, come spesso capita nei film di Cronenberg, qui la regista ci mostra tutte le forme della carne umana dalla massima bellezza alla rovina totale focalizzandosi su un unico punto di salvezza per la protagonista, i suoi occhi. Unico elemento che invecchiando non cambia, lo specchio dell’anima, salvifico.
Una pellicola che vuole disturbare lo spettatore mostrandoci attraverso varie simbologie la crudezza di una società opprimente che non permette la libertà di essere se stessi, una società che oltre i canoni di bellezza impone ritmi disumani, rappresentati qui da un montaggio schizzofrenico geniale, ai quali bisogna sottostare altrimenti la sorte è sempre quella, l’oblio.
Le due attici protagoniste sono state incredibili, Demi Moore è perfetta riesce a restituire allo spettatore tutta l’ansia, l’angoscia e la preoccupazione derivante dai problemi che la affliggono inizialmente e durante tutto il film. Altrettanto si può dire per Margaret Qualley, scoperta da Tarantino non a caso, alla migliore prova attoriale della sua carriera, tanto provocante quanto disturbante con questo sguardo che eccita ma al contempo crea straniamento, un’interpretazione magistrale. Entrambe sono riuscite in maniera eccezionale a rappresentare tutta l’ossessione per bellezza e successo dei loro personaggi che le conduce poi al tragico finale.
The Substance – perché vederlo
Se l’equilibrio tra le due è perfetto, non si può dire lo stesso per il rapporto tra contenuto e forma. La regista che era riuscita per gran parte del film a non esagerare mai con lo splatter rimanendo sempre in quel body horror disturbante che serviva per potenziare lo scopo del film ma accettabile, inserendo anche innumerevoli citazioni a “Shining” (1980), nel finale prende l’errata decisione di non contenersi più sfociando in un’efferatezza visiva di cui non c’era bisogno, serviva fermarsi un pochino prima.
Da sottolineare gli effetti speciali riguardanti il trucco prostetico eccezionali tanto realistici da far ribaltare lo stomaco dei più sensibili, peccato che il genere horror agli Oscar non venga considerata mai perché qui era da consegnarla istantaneamente a chi ha curato il trucco.
Una pellicola che ricorda molto per tematiche, stile ed utilizzo della colonna sonora il recente capolavoro “The Neon Demon” (2016) del genio Nicolas Winding Refn, ma che purtroppo rimane tanti gradini sotto per via dell’esagerazione sul finale, Refn era stato un maestro nel mantenere una macabra eleganza nel rappresentare il tutto al contrario di Colin Farget, che però perdoniamo anzi per essere un’opera seconda dire che è di valore è riduttivo.
Un lungometraggio che sicuramente farà discutere per come mette in scena le sue tematiche, ma che per chi ha uno stomaco forte ed abituato a vedere un certo tipo di crudezza è fortemente consigliato per non perdersi una profonda analisi cruda di una delle malattie che affligge la nostra società.