Oculus: Occhio sul presente e sul passato

Rifacimento dell’omonimo corto del 2005, arriva in sala Oculus, primo lungometraggio del giovane Mike Flanagan, che si cimenta con un horror moderno e innovativo, incentrato su un misterioso specchio maledetto. Dal 10 aprile al cinema.

Oculus

Sono passati dieci anni dalla terribile tragedia che ha colpito la famiglia Russel: Tim (Brenton Thwaites, Maleficent), accusato del brutale assassinio dei propri genitori, esce dal carcere con l’unico desiderio di dimenticare quei terribili avvenimenti e rifarsi una vita. Viene accolto da sua sorella Kaylie (Karen Gillian, Doctor Who, Guardians of the Galaxy), che vuole invece dimostrare che la morte dei suoi genitori non è stata causata dalla volontà del fratello, ma da qualcos’altro. La ragazza infatti attribuisce la colpa ad un antico specchio che si trovava nella casa al momento degli omicidi…

Trailer

My Dark Mirror…

di Luca Arcidiacono 

Specchio, specchio delle mie brame… un oggetto si trova al centro delle paure dei fratelli Tim e Kaylie Russell. Un oggetto che di certo arriva dall’esigenza registica di trasporre e ampliare non solo il senso di un vecchio corto che tanta fortuna portò a Mike Flanagan ma anche dagli scritti che sicuramente più lo hanno affascinato, quali quelli di Stephen King. Un oggetto al centro del mistero, nulla di nuovo, ancor più se si tratta di uno specchio che da sempre è stato strumentalizzato nell’immaginario del genere horror per attrarre, affascinare e incutere paure e terrore. La storia si snoda sin da subito in quella che appare come un’ellissi temporale che narra di un tempo passato dove scopriamo il brutale omicidio a catene dei genitori dei due protagonisti e un presente in cui una ricerca quasi maniacale di Kaylie porta i due nuovamente nella casa d’infanzia con lo specchio maledetto per accertarsi del male che lo possiede. In tutto ciò la regia vive delle più classiche inquadrature e, anzi, sorprende nel voler sottrarsi dall’immagine per concentrarsi più sulla drammaturgia e la psicologia (e quindi l’evoluzione) dei personaggi.

Di tutti questi intenti la sceneggiatura perde forse leggermente in un’attesa fin troppo lunga che di tanto in tanto gioca su qualche cliché o sul girarci fin troppo attorno, sbagliando nella seconda parte proprio sull’evoluzione che i due giovani protagonisti hanno nel credere o meno a ciò che accade loro intorno e perdendo un equilibrio che poteva esistere sin dall’inizio. Altro elemento discutibile, che comunque rimane di forte fascino, l’oggetto in questione: lo specchio.

Per quanto ammicchi fin troppo al genio narrativo di King, le distanze sono più che evidenti: se nei testi dell’autore l’oggetto in se non esplicita mai un suo “essere” e ciò comporta una pesantezza psicologica, un’incertezza tra le parti e quindi uno sbigottimento del lettore e/o spettatore che si porta dietro anche dopo la fine del film o del romanzo, qui tutto diventa fin troppo esplicito nella seconda parte della storia, crescendo in ritmo e perdendo in empatia e freschezza e giungendo ad un finale che poteva avere molto più coraggio e mordente e che invece risulta abbastanza prevedibile. Va dato merito comunque alla direzione, alla scelta del cast e ad un soggetto che riporta il genere all’assenza del suo stesso essere, diversamente dalle (discutibili) derivazioni che ha raggiunto nell’arco dell’ultimo decennio.

Occhio sul presente e sul passato

Di Edoardo Marco Aversa

Negli ultimi anni l’Horror è entrato in una piccola fase di stallo: finito da tempo il boom dei mockumentary sul paranormale (REC, Paranormal Activity e compagnia varia), il genere sembra abbia esaurito la propria carica innovativa, ed è stato costretto a ripescare a piene mani dai classici del passato, attraverso, ad esempio, opere fortemente citazioniste come Insidious e L’evocazione:The Conjuring. Oculus, primo vero film dello statunitense Mike Flanagan, sembra partire da queste premesse,  mostrandoci un oggetto maledetto che infesta una casa e i suoi occupanti. Il regista però sorprende tutti costruendo un film coraggioso e estremamente moderno, utilizzando una narrazione “duale”, che racconta le due vicende cardine del film (quello che è accaduto e quello che sta accadendo) in maniera originale, addirittura mischiandole e confondendo volutamente lo spettatore.

Più che un horror vero e proprio, Oculus è quindi un thriller psicologico che basa tutta la sua tensione sul gioco delle allucinazioni, sul vero/non vero, attraverso un ritmo incredibilmente incalzante fin dalla prima parte del film, che addirittura cresce fino ad un finale mozzafiato. Quel che più convince è l’abilità di Flanagan di incutere terrore e ansia evitando quasi del tutto i jump scares o lo splatter più esplicito, suggestionando invece lo spettatore con apparizioni e scherzetti della mente, neutralizzando ogni certezza su ciò che è reale o meno.

Ottimo quindi il lavoro sulla sceneggiatura, che tratteggia in maniera curata i rapporti tra i membri della famiglia, presentando personaggi piuttosto inusuali come la protagonista Kaylie, non la classica ragazza piagnona dell’horror classico, ma al contrario una donna forte e motivata, desiderosa di riscattare la reputazione della propria famiglia e di svelare l’arcano mistero sullo specchio maledetto. Buonissimo infine il lato tecnico, sorprendente dato l’esiguo budget a disposizione, che presenta una bella fotografia e un eccellente trucco. Sicuramente consigliato a chi è alla ricerca di un horror fuori dagli schemi ordinari.

Voto 3,5/5

Clip dal film

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