Per questa quarta prova alla regia, Sogno di una notte di mezza età, Daniel Auteuil mette in campo i suoi assi nella manica: l’amico di sempre, Gérard Depardieu (talmente imbolsito da parere in apnea ogni volta che apre bocca), la presenza di Sandrine Kiberlain (garanzia di precisione ed efficacia nel ruolo della moglie altoborghese vagamente intellettuale) e il copione di Florian Zeller (che riadatta la sua fortunata pièce, L’envers du décor [Dietro le quinte], portata in scena con gran successo dallo stesso Auteil qualche anno prima nei teatri parigini). Ciliegina sulla torta, si concede una “Woman in red”, una signora in rosso che scombussola la vita prima di Depardieu e poi del tranquillo e soporifero ménage familiare dei protagonisti, chiamando per la parte una frizzante Adriana Ugarte, già apprezzata in Julieta di Almodovar. Dal 18 ottobre nei cinema italiani.
Sogno di una notte di mezza età
Daniel (Daniel Auteuil) incontra casualmente per strada Patrick (Gérard Depardieu), suo amico di vecchia data, recentemente separatosi dalla moglie (che capita fosse anche la migliore amica della moglie dello stesso Daniel, Isabelle). Patrick non vede l’ora di far incontrare a lui e a Isabelle (Sandrine Kiberlain) la sua nuova compagna, Emma (Adriana Ugarte). Daniel dapprima tenta di sviare, ben sapendo che sua moglie non apprezzerebbe di ricevere a casa propria il fedifrago che ha abbandonato la sua amica per mettersi con una donna con la metà (o poco più) dei suoi anni. Ma ben presto cede alle insistenze di Patrick e organizza una cena a quattro.
Tornato nel suo appartamento, deve vincere le resistenze di Isabelle, che inizialmente non ne vuole sapere, ma che con un repentino cambiamento di idea, decide in seguito di accettare di ricevere Patrick e la sua nuova fidanzata. Arrivati alla fatidica sera, tutto sembra procedere al meglio, tra dichiarazione di buoni propositi dei coniugi e promesse della moglie di tentare di essere il più carina possibile, vista la situazione – quando fa la sua entrata Emma. Ed è giovane, bella, sexy, vestita di rosso, e fa cadere la mascella tanto a Daniel quanto a sua moglie. Da quel momento in poi, la cena si trasforma in un insieme di equivoci, di sogni ad occhi aperti di Daniel, che si immagina ripetutamente e ben volentieri al posto di Patrick, di attimi imbarazzanti in cui tenta maldestramente di nasconderlo, di reazioni ambigue della ragazza che non si capisce da che parte stia (o con chi davvero voglia stare), di repliche piuttosto rabbiose della moglie, che si capisce benissimo con chi voglia stare e da che parte.
Diversi spunti comici dispersi in un montaggio lento e un escamotage narrativo sfuggito di mano
Daniel Auteuil ha una mimica facciale e una capacità di interpretare il ruolo del tranquillo ultracinquantenne turbato dalla presenza di una giovane e aitante fanciulla, che anche solo a guardare le sue espressioni e il suo deglutire tra il colpevole e l’imbarazzato viene da ridere.
Sandrine Kiberlain, dal canto suo, pur se forse poco sfruttata in Sogno di una notte di mezza età, riesce comunque a ben rappresentare la moglie dapprincipio superiore, ma che ben presto inizia a temere la concorrenza della donna più giovane, più ostentatamente femminile, più sfrontatamente modello “gatta-morta-flirt-libero” – indicativo il repentino cambio d’abito dopo aver visto la mise iper-sexy con cui la “caliente” nuova partner ispanica dell’amico del marito le si è presentata a casa.
E che dire di Adriana Ugarte, che incarna a perfezione la bellezza passionale dal sangue latino, che parla un francese fluente con quel lieve accento spagnolo che acuisce il carattere esotico (andato tragicamente perduto nella versione doppiata)? Che, certo, ricalca il cliché della “donna in rosso” di wilderiana memoria, bella, giovane, amante della vita – ergo della musica, della danza, della buona cucina, dell’amore, del sesso, della libertà, delle emozioni. Che, tanto per andare sul banale, aspira a fare l’attrice (di teatro, però, siamo in Francia, un minimo di spessore va mantenuto) e nel frattempo serve i tavoli in attesa della giusta occasione. Ma che raffigura anche il fantasma per eccellenza dell’uomo, in particolare di una certa età: la donna “donna”, quella che non teme la sua sensualità, anzi la esalta, quella che gode dei piaceri della vita, al di là della loro semplicità e banalità. Quella, in poche parole, che non li fa sentire minacciati a livello intellettuale, non li mette in discussione per i loro desideri terra-terra, non rimanda loro una muta disapprovazione per il loro infantilismo cronico. Va riconosciuto alla Ugarte di riuscire a impersonare il ruolo con estrema classe e senza la minima volgarità (deriva spesso inevitabile di questo genere di personaggio).
In questo tris d’assi, spiace dirlo, ma stona proprio il mostro sacro: Depardieu boccheggia ogni volta che parla, ha l’espressione della sofferenza che pare più che altro legata alla cattiva digestione e, con tutto il bene, non riesce neppure per un attimo ad essere convincente nella parte di quello che può aver affascinato una bellezza del calibro della sua nuova fiamma, foss’anche per semplice calcolo monetario (visto che, in effetti, non si può dire che le faccia mancare qualcosa, dalla casa con la più grande terrazza di Parigi alla villa con piscina più bella di Ibiza).
Non è però la prestazione un po’ scadente non al top di Depardieu il vero tasto dolente del film, quanto l’abuso di un escamotage narrativo di per sé interessante: la commistione tra i sogni ad occhi aperti di Daniel e la realtà dei fatti. Fin dalla prima fantasticheria, in cui si immagina che la bella Emma gli si spogli con nonchalance davanti, non vi è soluzione di continuità tra il piano reale e quello pensato (vagheggiato) dal personaggio di Auteuil. E se lo spogliarello improvvisato appare chiaramente frutto del desiderio della mente di Daniel, piano piano si fa più confuso il confine tra sogno e realtà – anche perché le sue “fantasie” seguono un concatenamento logico e temporale, potendo quindi in effetti essere semplicemente il racconto di ciò che succede dopo. Se questa modalità di entrare direttamente nella mente del personaggio, senza comunicare in modo eccessivamente chiaro allo spettatore che lo si sta facendo, è sicuramente ciò che rende la trama di Sogno di una notte di mezza età più originale del consueto film in cui, ad una cena tra amici, accadono una serie di equivoci, l’averlo trascinato troppo a lungo e troppo lentamente fa perdere ritmo e vivacità al tutto.
I momenti davvero comici sono negli scambi di battute, negli sguardi tra i quattro, nei non detti e nei “detti”, ma completamente fuori luogo. Quando ci si perde nel seguito, nella fantasia di Daniel – anche piuttosto banale, lui, editore, che a fianco alla giovine pulzella ritrova lo stimolo a scrivere sullo sfondo della solita Venezia brumosa e romantica, e quant’altro sul genere – si perde davvero di mordente, sfiorando a tratti, complice un montaggio estremamente lento, la noia.
Bilancio finale di Sogno di una notte di mezza età
Qualche attimo di sane risate durante la cena e le facce di Auteuil – insieme, forse, alla presenza scenica della Ugarte – ricompensano del prezzo del biglietto. Rimane l’amarezza di un film che, con qualche taglio e qualche accelerata qua e là, avrebbe potuto trasformarsi in una commedia decisamente più brillante – come, ad esempio, con un’altra regia e un copione lievemente diverso, era stato a teatro.
Piccola nota sul finale: quando tutto rientra, si è indecisi se levare il cappello nei confronti della moglie, che lucidamente tutto aveva visto e tutto aveva previsto, con una strategia degna del miglior campione di scacchi, o se interrogarsi sul perché il cinema d’oltralpe, da sempre ossessivamente interessato all’adulterio, stia continuando a proporre modelli di “risoluzione” alternativi al problema, che ricordano a volte da vicino la celeberrima saggezza e pazienza di un tempo, delle nonne. In pratica, sorge il dubbio: la bionda Isabelle è troppo avanti, e ha capito tutto, o è troppo indietro, e si comporta come avrebbero fatto le donne pre-divorzio e liberazione? Il dibattito resta aperto.