Recensione: “Nowhere Boy”, di Sam Taylor-Wood

Con fin troppa puntualità rispetto al settantesimo anniversario della nascita nonché il trentesimo della morte, esce in Italia questo nuovo film che rievoca l’infanzia di John Lennon “prima di essere John Lennon” – ovvero, prima di diventare famoso con i Beatles. Che forse non sarà una bieca operazione di sfruttamento postumo, come il cd natalizio della buonanima Michael Jackson, però qualche…

sospetto può farlo venire. Sulla carta, l’idea potrebbe anche essere buona: in fondo già troppo sappiamo della sua carriera vera e propria in tutte le sue varie fasi, soprattutto quella finale; mentre magari, chissà, andare a ritroso potrebbe farci capire quali condizioni possano avere favorito il germogliare di un artista del suo calibro.

Per la verità, il risultato è tutt’altro. Intanto, la scelta del protagonista lascia perplessi: uno con questa faccia qui, ditemi, se ne poteva trovare uno meno somigliante all’originale? (per la cronaca si chiama Aaron Johnson, si era visto in The Illusionist e poco altro).

screen-shot-2010-12-10-at-123617-am2

Ma la somiglianza, si dirà, non è così importante se viene compensata dal carattere. Ecco, appunto. Il personaggio di questo Lennon adolescente è davvero loffio, stereotipato, un mocciosetto senza infamia e senza lode; e d’accordo, il copione non lo aiuta, ingabbiandolo in un ruolo talmente disadattato da sembrare finto: il “nowhere boy” futuro Beatle è un orfanello cresciuto con la zia arpia e lo zio alcolizzato, poi lo zio per giunta muore e allora il giovane Lennon sbrocca definitivamente cominciando a fare il cattivo ragazzo ma però in fondo è un cuore d’oro.

Siete ancora svegli? Io no, comunque siamo ancora all’inizio di un film che – mi spiace dirlo, perché ci ho perso il mio tempo a guardarlo – non mi ha avvinto neanche per un secondo. Ma dimenticavo il “colpo di scena”: John incontra la sua vera madre, una pazzarella come lui, l’unica che lo accoglie dopo l’espulsione dalla scuola, lo capisce, gli insegna il banjo e le gioie del rock’n’roll, insomma potrebbero essere felici. Ma ovviamente, il resto della famiglia è tradizionalista e fa di tutto per separarli.

La regista, Sam Taylor-Wood, ha fama di artista concettuale e dunque può essere che sia io a non cogliere i pregi artistici di questo film. A me è parso un quadretto dell’Inghilterra anni Cinquanta sospesa tra passato e presente, con personaggi tratteggiati in punta di vanga: saldamente divisi come sono tra “buoni” e “cattivi”, dove i buoni sono i giovani e i cattivi sono i vecchi. Di ricostruzioni sagomate degli albori del Rock ne avevo viste tante, ma come questa…

2 Comments

  1. Chris

Leave a Reply