Una storia dei giorni nostri, intensa e sensibile.. superare ogni sorta di barriera è possibile.
“Il figlio dell’altra” diretto da Lorraine Lévy (sorella del famoso scrittore Marc Lévy), presentato fuori concorso alla Trentesima Edizione del Torino Film Festival è un film che si propone di essere un racconto della “storia di tutti i giorni”. La regista si è avvicinata con molta umiltà a questo progetto il cui tema è molto delicato: ovvero il rapporto con i propri genitori, con la propria famiglia e il senso di appartenenza che questa comporta verso se stessa e verso la società. Ma cosa succede quando, per caso, si viene a scoprire che il proprio figlio in realtà..non è il nostro vero figlio? E, ancora, cosa succede quando un ragazzo israeliano scopre di essere il figlio biologico di genitori palestinesi?
Questa è la trama del film diretto dalla Lévy. E sulla falsamente debole trama dello “scambio di culle” avvenuto durante un bombardamento della Guerra del Golfo del 1990 si costruisce un tessuto psicologico e socio-culturale di una certa società e realtà di oggi..anche se a noi apparentemente tanto lontana.
Il trailer
Le famiglie dei giovani protagonisti l’israeliano Joseph (Jules Sitruk) e del palestinese Yacine (Mehdi Dehbi) si ritrovano a scontrarsi e a fare i conti con se stessi, con le proprie convinzioni politiche e religiose, con i loro sentimenti. In particolar modo, sono le mamme dei ragazzi Orith (Emmenuelle Devos) e Leïla (Areen Omari) a tenere le fila del racconto. Sono loro il punto di forza delle rispettive famiglie. Sono loro che, con il loro estinto materno e l’amore per la famiglia e i figli, sono decise a superare qualsiasi tipo di barriera e di ideologia e con tutto la loro forza riescono a ritrovarsi e ad avere una maggiore consapevolezza.. del loro essere “madre” e di quanto questo amore filiale possa far spingere così avanti..così “oltre”.
Il film di Lorraine Lévy è un piccolo gioiello del cinema francese contemporaneo. È un film dall’inevitabile lieto fine anche se, forse, arrivato un po’ troppo velocemente.. uno scambio di figli, probabilmente, avrebbe richiesto una maggior attenzione psicologica e, ancor di più, considerato l’ambiente in cui questo è avvenuto.. forse un precipitarsi a una fine troppo scontata (ma quanto veritiera?) non è stata la scelta più giusta. Ovviamente l’intento è quello di inviare agli spettatori (e non solo) un messaggio di pace assolutamente condiviso e condivisibile..ma forse i mezzi e le scelte attraverso le quali si è arrivati a tutto questo non sono state le più adatte. Un po’ come dire: “scegliere la strada più semplice con i mali minori”.
Molto interessante è la scelta (forse la più ovvia) di focalizzare l’attenzione più sul rapporto madre-figlio che non su quello padre-figlio. Infatti, pochissimi sono i riferimenti a questo tipo di relazione famigliare qui reso per lo più da sguardi, silenzi, gesti di rabbia. Sono le madri a parlare con i propri figli e a portare avanti la battaglia per la verità e il superamento di alcune ideologie: i padri ne sono quasi spettatori e arrivano alle stesse idee delle rispettive mogli solo in ritardo.
“Il figlio dell’altra” sottolinea il fatto che i figli “sono delle madri” come recita un detto popolare e questo film, appunto, ne è un’ottima prova.. grazie anche alle interpretazioni delle attrici, in particolar modo di Emmanuelle Devos oggi considerata una delle più importanti e quotate attrici francesi (forse molti la ricorderanno nel film “Coco Avant Chanel” diretto da Anne Fontaine nel 2009). La sua recitazione asciutta e fatta di tanti sguardi è perfettamente aderente a un film essenziale come questo: nessun eccesso, nessun tono fuori dal coro, nessuna stonatura.. tutto è molto monocorde. E in questa essenzialità si scatenano i sentimenti e le emozioni di due famiglia, di due ragazzi e di due madri e, soprattutto, di una vera società a noi tanto vicina e che è molto bene conoscere e comprendere.