Il Leone d’oro alla carriera Frederick Wiseman, con National Gallery, propone un viaggio tra le sale del più noto museo londinese. Lo spettatore, comodamente seduto sulla sua poltrona, viene portato in giro tra le oltre due mila opere, per scoprire la quotidianità dell’istituzione di Trafalgar Square.
National Gallery
di Claudia Romito @Percorsi Up Arte
Una galleria ricca di opere d’arte, ma anche di tanti personaggi. Un fruscio fuori campo sempre più intenso, precede l’ingresso in scena di un custode con la sua lucidatrice. Si apre così il complesso mosaico di Wiseman, che porta lo spettatore a vivere gli spazi espositivi come probabilmente non li ha mai visti.
Se ai visitatori viene mostrato il museo nella sua forma più composta e presentabile, al pubblico cinematografico viene aperto uno squarcio sul dietro le quinte, tra riunioni organizzative, restauri e allestimenti. Leonardo, Caravaggio, Turner e gli altri grandi artisti rivivono sulla pellicola in una forma nuova.
“Il principio guida per filmare i dipinti – spiega Wiseman – è rompere lo schema per entrare nel quadro. Per farlo ho usato un approccio simile a quello che si usa per fare un film, alternando campi lunghi e primi piani. Nel film il dipinto si anima se non si vedono il muro, il telaio o il cartellino di lato con il nome dell’artista, il titolo, la data e i dettagli tecnici. Il mio intento era quello di suggerire che il dipinto fosse vivo e raccontasse una storia tutta sua”.
Lo schermo uniforma i formati dei quadri, ma la scelta dell’inquadratura permette di indirizzare l’occhio dello spettatore su dettagli, amplificando le capacità narrative delle opere d’arte.
Illuminare l’arte
Quando sono i quadri a parlare, il documentario si illumina. In queste scene, il montaggio si fa più astratto, diventando quasi una sinfonia visiva che riesce ad avvolgere lo spettatore, conquistando pienamente la sua fiducia. Più faticosi i momenti in cui i vari personaggi discutono, spiegano, illustrano le opere.
L’operazione di Wiseman è molto sofisticata. Non aggiunge voci ne’ interviste fuori campo, ma dal suo modo di mostrare trapela a tratti una certa ironia. Di fronte alla scelta “pura” del regista di non mettere in scena nulla e di filmare solo ciò che avviene più o meno naturalmente davanti alla macchina da presa, non possono non apparire in tutta la loro artificialità le interviste televisive.
La telecamera “invisibile” di Wiseman filma anche i colleghi delle tv, alle prese con curatori e esperti, che di fonte alla telecamera recitano i loro ruoli di divulgatori affabili e spontanei.
Da 170 ore di ripresa, Wiseman ha selezionato 180 minuti di documentario. Kill your favourite, recita un detto inglese, a proposito della necessità di sfrondare il materiale video raccolto. L’impressione, assistendo a National Gallery è che forse Wiseman avrebbe potuto fare fuori dal suo harem di scene favorite, un po’ di materiale senza che il risultato finale ne risentisse. Ciclicamente torniamo a vedere le stesse facce, rimbalzando tra le sale del museo, le conferenza e la sala del restauro.
In alcuni momenti, lo spettatore cinematografico appare vagamente messo da parte, imprigionato in una visita guidata obbligatoria, quasi il regista si fosse assentato un attimo delegando il compito di intrattenere i suoi spettatori alle guide turistiche, il cui modo di comunicare è sicuramente più efficace dal vivo.
“Non so se mi piace o meno, ma so che è interessante” dichiara una guida a proposito di uno dei quadri esposti. Sicuramente molto interessante è anche National Gallery, il documentario di Frederick Wiseman, che sarà nelle sale italiane per una sola giornata, mercoledì 11 Marzo 2015.