La memoria dell’acqua è il nuovo documentario del regista cileno Patricio Guzman. Ha vinto l’Orso d’Argento a Berlino come migliore sceneggiatura, ha partecipato in concorso al Biografilm Festival di Bologna, ed è stato designato come Film della Critica dal Sindacato Critici Cinematografici Italiani con questa motivazione”Un film che riflette, attraverso le dinamiche eterne dell’universo, la storia tormentata del Cile, con uno sguardo documentaristico profondo ed originale, elevando dettagli quasi insignificanti ad elementi fondanti della ricerca della verità“.
La Memoria dell’Acqua
Tutto parte da una goccia d’acqua imprigionata dentro un cubo di quarzo, una minuscola particella in grado di creare fonte di vita per l’intera umanità. Anche nello spazio ne hanno trovato traccia, esistono delle nebulose che sono fatte di acqua e ne contengono molta di più di quella che esiste sul pianeta terra. Gli elementi della natura sono l’unica cosa su cui noi non abbiamo il controllo. Ed è grazie all’oceano che è stato riportato a galla l’ennesimo massacro perpetrato nei confronti di popolazione indigena, nella regione della Patagonia.
Già noto per i suoi ritratti su Pinochet e Salvador Allende, Guzman torna sul grande schermo per raccontarci attraverso immagini d’epoca, fotografie ed interviste, l’ennesima follia dell’uomo che sopprime i più deboli. Questa etnia non credeva in un dio, non ne avevano coscienza, ma avevano stabilito un legame profondo con l’intero universo e con gli elementi della natura. La bellezza delle immagini sta in queste foto scattate all’epoca, in cui vengono ritratti questi uomini che, senza avere telescopi, dipingevano sui loro corpi le costellazioni, e credevano che una volta morti loro si tramutassero in stelle. Il regista ci narra come questa popolazione sia sopravvissuta per anni a temperature polari, senza indossare mai abiti, e che quando furono costretti ad indossarli furono contaminati dai microbi.
Come sempre accade, arrivarono i colonizzatori e distrussero la natura e sterminarono tutte le tribù, e ad oggi sono rimasti solo 20 superstiti. Molti documenti e foto di questo popolazione furono tramandati grazie alla passione del missionario padre Alberto Maria De Agostini, fratello del celebre autore, che intraprese un viaggio attraverso la terra del fuoco. Inoltre creò un accurata cartografia di quelle regioni, che all’epoca era abbastanza sconosciuta.
Questo racconto è stato già affrontato nell’opera “Per questi stretti morire” di Giuseppe Gaudino ed Isabella Sandri, che partecipò al Festival del Cinema di Venezia nell’edizione 2010.
La Memoria dell’Acqua fa soprattutto riflettere su come nel tempo tutto si ripete. I metodi che furono utilizzati per sterminarli non sono differenti rispetto a quelli utilizzati dai nazisti. Il grande problema e la profonda cattiveria di cui siamo capaci. Gli animali uccidono solo per fame, mentre l’uomo va oltre, spinto da questa assurda voglia di potere, distruggendo tutto.
Il documentario uscirà nelle sale giovedì 28 aprile distribuito da I Wonder Pictures.