Una piccola introduzione prima di cominciare
Ipotetico dialogo tra lo scrivente e un cinefilo:
– Ciao, conosci Adam McKay?
– E chi è? Per caso il regista di quei filmetti come Fratellastri a 40 anni?
– Si, proprio lui, e con il suo nuovo film, La grande scommessa, ti sorprenderà!
– Ah, si, e come?
– Stai a vedere…
La trama
2005. Alcuni outsider (Michael Burry – Christian Bale – Jared Vennett – Ryan Gosling – Mark Baum – Steve Carell – Jamie Shipley – Finn Wittrock – Charlie Geller – John Magaro – e Ben Rickert – Brad Pitt) esperti di finanza si rendono conto che in breve tempo l’economia mondiale potrebbe crollare. Decidono quindi di scommettere contro le banche, sperando che la crisi economica arrivi, così da guadagnare un sacco di soldi. I loro impieghi li porteranno negli oscuri meandri della moderna industria bancaria.
La grande scommessa
Non c’è niente da fare, noi crediamo che La grande scommessa sia uno dei film più furbi degli ultimi anni. Il motivo? Allora, mettiamo subito in chiaro che l’80 – 90% del film è solo un parlare di cifre e codici, CDO, CDO sintetici, crediti default swap e così via. Un tipo di linguaggio che un pubblico medio non può assolutamente capire. E la vera furbata di McKay e soci è stata quella di utilizzare proprio un linguaggio così difficile, in modo tale che il pubblico non si annoiasse e si sforzasse di capire il senso di tutti quei discorsi estremamente complessi. Una volta che risponde bene a questa mossa registica e di scrittura, il pubblico si trova in trappola, e solo a quel momento – siamo circa a metà film – il grande Adam McKay sfodera un colpo magistrale, ovvero quello di dire con parole che più semplici non si può, il senso di tutta la prima parte del film, trasformando ciò che si è detto prima, in vera e propria fuffa: “L’economia mondiale sta per crollare“. Punto.
Subito dopo il regista e gli sceneggiatori ricominciano con i soliti discorsi difficili della prima metà, fino a quando, verso il finale, utilizzano ancora una volta parole e immagini semplici per dirci che i nostri outsider sono delle persone davvero poco raccomandabili e furbe, che dopo essersi accorti che l’economia mondiale stava per crollare, si sono resi conto che potevano farci tantissimi soldi sopra (scommettendo contro le banche), e non si sono interessati al fatto che con la crisi mondiale (che sarebbe arrivata nel 2008 a causa anche del crollo delle banche) milioni di persone avrebbero perso la casa e il lavoro. Punto (nuovamente). Secondo noi questo è invece il senso della seconda parte del film, e unendo insieme questi due significati abbiamo il senso del film in toto. Tutto il resto dei discorsi che si fanno dalla metà alla fine della pellicola non sono niente.
Il film è una farsa corale che mixa molto bene la commedia e la tragedia (anche se la tragedia si nota soprattutto nel finale). Infatti per gran parte della pellicola McKay racconta le vicende con un tono molto leggero e rilassato, benché faccia comunque capire che ciò di cui si parla è qualcosa di molto serio. Verso il finale poi, vira più sul dramma, e nei titoli di coda sbatte in faccia allo spettatore delle verità sconcertanti sulla situazione economica odierna, non molto lontana, ahinoi, da quella degli anni precedenti alla crisi del 2008. Nella pellicola il regista fa quasi esclusivamente uso della camera a mano, così da rendere la sua regia documentaristica, e creare un forte senso di realtà nelle immagini proposte, a sottolineare il fatto che benché ciò che vediamo sullo schermo non ci sembra vero, in realtà è vero. Alla regia da documentario McKay unisce qualche volta una regia stile videoclip, con canzoni di Gorillaz, Metallica e molti altri.
In molti dei suoi precedenti film McKay ci ha abituato a camei illustri, basti pensare ai due Anchorman, in cui figurano Danny Trejo, Harrison Ford, Jack Black, Will Smith, Kanye West e molti altri. Anche La grande scommessa non fa eccezione, infatti abbiamo la partecipazione di Margot Robbie, Selena Gomez e dello chef Anthony Bourdain, utilizzati per spiegare al pubblico gli aspetti più complessi dell’economia che vengono trattati in questo film, così da mantenere alta la concentrazione dello spettatore. Da questi camei si evince che il film, almeno per buonissima parte, non vuole assolutamente prendersi sul serio.
C’è qualcos’altro da aggiungere? Si, gli attori sono bravissimi e ottimamente diretti. Basta.
Abbiamo comunque il dovere di ricordare che non si tratta di un film perfetto: i camei infatti non sono utilissimi per far comprendere realmente al pubblico il significato dei codici presenti nell’opera, e il finale poteva perdersi un po’ meno nell’elencare dati su dati, che possono confondere lo spettatore.
Comunque, correte a vedere il film se amate l’economia, e correte a vedere il film se non amate l’economia. Un piccolo consiglio per chi non ama l’economia e vorrebbe andare a vedersi il film: sarebbe meglio che vi documentaste un po’ sulla trama, in modo tale che possiate capire qual è il vero senso della pellicola, perché altrimenti tutti quei codici potrebbero cogliervi impreparati, visto che La grande scommessa non è un film totale.
Finiamo questa lunga recensione utilizzando il dialogo inserito a inizio articolo per fare i complimenti a McKay, che dopo diverse commedie demenziali ha deciso di evolversi realizzando un qualcosa di più serio e adulto, pur facendo risultare il suo film un’opera mainstream.
VOTO: 8/10
P.S.: Non aspettatevi un The Wolf of Wall Street 2, questo è tutta un’altra cosa.