È tornato a Milano I’ve Seen Films, il festival internazionale di Rutger Hauer

Il grande Rutger Hauer.

Oltre 100 film selezionati, su una rosa di 4000 inviati da 103 paesi in tutto il mondo. Sono solo alcuni dei numeri della quinta edizione dell’I’ve Seen Films, festival cinematografico internazionale creato da Rutger Hauer nel 2008 che si è svolto a Milano, sotto la sapiente direzione di Pierpaolo De Fina, in un incredibile silenzio da parte della stampa (di settore e non) dal 10 al 19 ottobre. 

Sostenuto dall’associazione non profit Rutger Hauer Starfish Association, che si occupa di sostenere le persone Hiv positive, e sponsorizzato da Consorzio Cial – Consorzio Nazionale per il Riciclo e il Recupero dell’Alluminio, il festival ha illuminato gli schermi del Centro Sperimentale di Cinematografia, dello Spazio Oberdan e dell’Istitute Francaise per ben dieci giorni

I corti e i lungometraggi, molti diretti da registi emergenti, hanno toccato svariati temi: dalla disoccupazione all’inquinamento globale, dalle guerre alla violenza su donne e bambini, per essere poi giudicati da una giuria internazionale di altissimo livello: da Robert Harmon, regista di The hitcher (1986), a Robert Rodriguez, pupillo e allievo di Quentin Tarantino.

Le opere (film di finzione, documentari, film d’animazione e cinema sperimentale), tutte rigorosamente proiettate in alta definizione digitale, erano suddivise in diverse categorie, due o tre per giornata, con tre sezioni speciali: Green Eye, dedicata alle tematiche dell’energia, dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile; Social Awareness, dedicata alla sensibilizzazione sociale; e infine Art e-Motion, dedicata alle immagini provenienti dal mondo dell’arte (scultura, pittura, teatro, poesia e letteratura).

Qui potete trovare la lista dei vincitori.

 

Rutger Hauer dà spettacolo al 30esimo anniversario di Blade Runner (1982-2012)

 

 

In occasione del 30esimo anniversario dall’uscita nelle sale di quello che i critici considerano il “miglior film fantascientifico di tutti i tempi”, uscirà il 21 novembre un nuovo cofanetto Blu-Ray di Blade Runner, con tutte e quattro le versioni ufficiali, l’Art-book di produzione di 72 pagine, una galleria fotografica in alta definizione e molto altro.

Per celebrare l’evento, la scorsa settimana Rutger Hauer ha tenuto una spettacolare conferenza stampa al Centro Sperimentale di Cinematografia, regalando ai più di duecento giornalisti presenti alcune chicche indimenticabili. Ecco alcune delle domande:

Giornalista: Cosa pensa di Blade Runner? Come e se questo film le ha cambiato la vita?
Rutger Hauer: «Il film indubbiamente mi ha cambiato la vita. Non è mai stato una via di mezzo: era amato o odiato. Ed è incredibile che queste sensazioni durino ancora così forti. Tempistica e pubblico sono stati cruciali per me e per Blade Runner».

G: Cosa pensa della tecnologia e di internet, in relazione anche al cinema?
RH: «Sono nato in una scatola di sabbia, poi nella mia vita ho cercato di dare un senso a tutti quei granelli. E ora quei granelli si sono trasformati in pixel».

Ha poi rivelato un segreto, che mai prima si era sentito di svelare.

G: Che rapporto c’era tra lei e il personaggio che l’ha resa così famoso, Roy?
RH: «Io sono metà Roy in realtà […] Quando interpretiamo un personaggio gli diamo solo il 50% di quello che siamo, il resto è proprio lui che acquista vita».
Ha poi continuato su Blade Runner: «Quando ho recitato nel film di Ridley, io ho visto il futuro; solo che non sapevo ancora cosa stessi guardando […] Il monologo, che mi ha reso così celebre, è stato in realtà frutto di un’improvvisazione. Quello che dovevo dire era troppo lungo e tecnico, con un linguaggio sci-fi, il pubblico non l’avrebbe capito. Così ho riassunto quello che era il senso di quel discorso, semplicemente […] La sceneggiatura originale prevedeva poi una battaglia, ma io sono più poetico. Avrei preferito un ballo o un gioco per bambini».

Rutger Hauer durante la conferenza stampa con la sua traduttrice.

G: Come è nata l’idea di Roy?
RH: «Dopo Alien, Ridley Scott aveva bisogno di un ruolo particolare, un robot complesso, interessante e malvagio. La seconda idea di Ridley era di dare alla macchina connotazioni reali, umane, come se in realtà i replicanti potessero sopravvivere molto dopo gli umani. E io ho cercato di renderglielo come lo voleva».

G: Cosa pensa di Prometheus, il ritorno alla fantascienza di Ridley Scott? E dei film in 3D in generale? RH: «Prometheus? Non l’ho visto, ma lo farò. Il 3D è solamente un altro trucco, uno stratagemma, un “trick” che funziona per alcune pellicole. Trovo però che la pubblicità su questa tecnologia sia stata troppo aggressiva per quello che davvero è. Poi gli occhiali mi fanno incazzare. Posso vedere solo film brevi se no mi viene mal di testa».

G: Come è nata l’idea di creare la Rutger Hauer Starfish Association?
RH: «Io ho avuto tutto dalla vita, la fama, l’arte, i soldi, il successo, la felicità; ma dodici anni fa sono arrivato a un punto in cui non trovavo più un senso in quello che facevo. Così ho deciso di creare questa associazione che aiuta le persone Hiv positive. Non sarò il re del mondo, ma posso fare qualcosa per qualcuno. E questo mi basta».

G: Che ruolo ha avuto l’ispirazione nella sua vita?
RH: «Io ho sempre convissuto con l’ispirazione. Diciamo che, per me, l’ispirazione è stato un cibo senza data di scadenza, senza il quale non avrei potuto vivere».

Ecco alcuni stralci inediti della conferenza stampa:

 

 

 

 

 

 

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