In concorso al Festival di Cannes 2013. Un vagabondo, Carniel Borgman, entra nella magione e nella vita di una assai benestante famiglia borghese, con esiti apocalittici.
Borgman
Home Invasion, Olanda. Un vagabondo, Carniel Borgman, entra nella magione e nella vita di una assai benestante famiglia borghese. L’inoculamento è progressivo, al primo si aggiungeranno altri vagabondi/e della stessa risma, armati e maniacalmente determinati, e gli eventi precipiteranno in un delirio macabro, onirico, erotico che provocherà la fine della famiglia, e l’inizio di una nuova società.
DePrived Property
Il cinema che entra in casa, l’elemento perturbante che viola la più sacra intimità dello spettatore per immobilizzarlo e metterlo di fronte alla sua paura più grande: il giudizio morale. Con conseguente condanna. Questo è il genere Home Invasion, diacronico e resistente come pochi, fertile di capolavori come Arancia Meccanica, Cane di Paglia, Panic Room, Funny Games (Originale e Reloaded). In questi film, come è noto, l’intrusione è umana, in altri, come l’Esorcista, e più recentemente in Insidious, l’intrusione è demoniaca, ma il fattore comune resta l’ultraviolenza e la ricerca (vana ?) di una possibilità di salvezza. In una derivazione del genere, il giudizio morale si fa più marcatamente sociale, e la casa invasa diventa arena di un letale conflitto di classe, che ha come finalità la distruzione, piuttosto che l’occupazione, del totem domestico quindi della proprietà – per definizione – privata.
Underground
Chi/cosa sono questi inquietanti esseri apparentemente umani rifugiati nel sottosuolo? Perchè un prete e due suoi fedeli, armati fino ai denti, vogliono stanarli e ucciderli? Per quali oscure ragioni la misteriosa banda si insinua nell’universo domestico di una agiata famiglia borghese?
La citazione che leggiamo ad inizio pellicola è molto efficace, e ci mette voglia e attesa di sovrannaturale, paura, demoni.
Guardo il film incollato alla poltrona. Iniziano a scorrere i titoli di coda e vengo piacevolmente invaso da un sospetto: questo è un film nato per sottrazione. Il regista (e sceneggiatore) danese ha volutamente stralciato i passaggi rivelatori dello script, che se fossero stati tradotti in immagini, avrebbero reso Borgman un horror antiborghese pericolosamente convenzionale. La scommessa è vinta. Il fascino esercitato dal film è causato proprio dalla mancanza di immagini e parole risolutive.
I Want it all and I want it now.
La mia teoria è confortata dal carattere ironico ed erotico della pellicola, che è ben presente e percepibile nonostante l’assenza totale di scene di sesso.
Il sesso non c’è, il sesso è accantonato, promesso ma alla prova dei fatti respinto con sdegno, e quando c’è non è esibito, come fosse un pericoloso elemento di distrazione. Ciò nonostante, l’erotismo che sprigiona Marina, MILFona perversa (Van Warmerdam ha rivelato in un’intervista di aver letto De Sade durante le riprese, e il personaggio di Marina potrebbe essere stato creato sotto l’influenza del marchese) è molto forte, è lei quella che sembra capace di superare qualsiasi limite, a partire dall’irresistibile attrazione che scopre di provare per la violenza. Marina vuole possedere Borgman, perchè il possesso, da nevrotica frustrata borghese, è l’unica forma di appagamento che conosce. Non ci riuscirà, perchè anche lei è condannata, al pari del marito, yuppie razzista e destrorso.
Non è esente da perversioni anche la Lolitesca baby-sitter (Milf, Lolita… non si fa mancare niente, Alex), danese in una casa di olandesi, che a differenza di Marina sarà premiata con l’appagamento.
The Kids are alright
Se il carattere horror è solo accennato, se l’erotismo è apparentemente negato almeno agli occhi, l’elemento politico è quello più evidente, e non a caso il meno efficace. Tanto da tramutarsi, e non so quanto volontariamente, in elemento satirico:
– Mi sento in colpa, siamo privilegiati. E i privilegiati prima o poi devono essere puniti.
– Siamo nati in Occidente, e l’Occidente è benestante. Capita, non è colpa nostra.
I volti dei protagonisti e il loro modo di muoversi davanti alla telecamera rimandano palesemente al cinema di Kaurismaki, politicamente certo affine a Van Warmerdam, ma lontanissimo per obiettivi e linguaggi. Se Aki percorre le strade del sogno e della poesia, Alex batte quelle dell’incubo e del caos.
L’universo rinchiuso in questo film è freddo ed inquietante, ma nasconde fuochi sottopelle (sopratutto sotto la pelle di Marina). E la tensione, la paura, il mistero rendono Borgman una cosa davvero spassosa.
E i bambini? Presenze silenziose non innocenti, naturalmente affascinate dai satanelli vagabondi fino a diventarne complici efferati, seguiranno i pifferai magici. ma sono sicuro che torneranno presto a bussare alla mia porta, ed io non so se sarà il caso di farli entrare.