Rimanere incinte a 17 anni, è di questo che si parla nel film francese 17 ragazze. Vediamo cosa ne pensano le nostre due autrici che hanno visto il film.
di Jessica Di Paolo
Una rivolta dolce ma testarda. La ribellione di 17 adolescenti
Dopo l’accoglienza calorosa all’ultimo festival di Cannes, il film ha inaugurato il concorso del 29 Torino Film Festival, ottenendo il Premio Speciale della Giuria.
Ispirato a una storia realmente accaduta e prodotto da Denis Freyd, storico produttore dei fratelli Dardenne, 17 ragazze descrive il gioco provocatorio di un gruppo di adolescenti decise a ribellarsi alla monotonia della città Francese in cui abitano. Camille ( Louise Grinberg ) rimane incinta e decide di tenere il bambino.
Grazie al suo carisma da tipica “leader” convince le diciassette amiche a fare lo stesso descrivendo la gravidanza e il parto come eventi straordinari che avrebbero dato finalmente senso alle loro monotone esistenze.
Delphine e Mouriel Couline, registe e sceneggiatrici del film, si concentrano soprattutto sulle ragazze e sul valore del loro gesto ignorando volontariamente i genitori e i “bambini padre “ in questione. I motivi che spingono le ragazze ad intraprendere il percorso della gravidanza sono più o meno gli stessi ma vengono affrontati in modo diverso sia dalle 17 ragazze che dalle famiglie. Camille vive da sola, la madre ( Florence Thomassin ) lavora tutto il giorno e non riesce a comprendere il bisogno d’amore e di attenzione della figlia e il fratello è partito per l’Afghanistan.
È proprio questo disperato bisogno d’amore che porterà la ragazza a compiere il gesto inaspettato, la noia, la monotonia, l’aspirazione a qualcosa di diverso condiziona fortemente le ragazze che sognano di avere, in futuro, una vita diversa da quella dei genitori.
I pomeriggi delle ragazze sono tutti uguali. Le registe si soffermano in molte parti del film su questo aspetto. C’è chi gioca con il cellulare mandando gli stessi messaggi ogni giorno, chi va al bar per prendere la solita coca cola zero, gli stessi discorsi, le stesse facce. La prospettiva più interessante sembra essere quella di rimanere incinta. Tutte insieme. Quindi ecco i grandi progetti, una casa più grande in cui vivere tutte insieme, i turni per tenere i bambini, l’amicizia che supera ogni ostacolo. Alla fine le 17 ragazze si ritrovano a mandare gli stessi messaggi che inviavano prima del parto, a bere la solita coca cola zero, con la “piccola” aggiunta di 17 carrozzine ad accompagnarle nel viaggio della monotonia. Non sembra essere cambiato nulla.
Il film è essenziale, asciutto, ma efficace nella sua semplicità. Come scritto dal giornale francese L’Humanitè:
“17 ragazze appare innanzitutto come l’evocazione di una volontà di emancipazione appassionata, radicale e paradossale, a immagine di adolescente. Le protagoniste hanno torto o ragione? Non importa. Quste magnifiche eroine hanno un merito: ci interrogano sul mondo che abbiamo lasciato loro in eredità.”
Tra le 17 ragazze ricordiamo Flavie ( Esther Garrel ) figlia del celebre regista Philippe Garrel e sorella di Louis Garrel ( The Dreamers, Bertolucci ) , Florence ( Roxane Duran ) e Mathilde ( Solène Rigot ). Film consigliato.
di Beatrice Campagna
“17 ragazze”: il buon momento del cinema francese
L’incredibile storia che le sorelle Coulin hanno deciso di raccontare è ambientata a Lorient, piccola cittadina francese che affaccia sull’Oceano Atlantico.
Ispirato a fatti realmente accaduti nel 2008 nel Massachusetts, il film narra la strana storia di un liceo francese che è finito sotto i riflettori per un po’ a causa di un avvenimento senza precedenti: ben diciassette ragazze che lo frequentavano hanno deciso di rimanere incinte tutte insieme, nel giro di circa un mese. Nonostante la perplessità e l’avversione delle famiglie e delle istituzioni, le protagoniste portano avanti le rispettive gravidanze tra timori, risate, problemi, gioie e dolori.
Unite e determinate, non si lasciano abbattere dai problemi che incontrano sul loro cammino, né dai ripetuti tentativi d’intervento da parte dei genitori.
Un evento del genere è clamoroso e fa gridare allo scandalo, soprattutto in una cittadina piccola e provinciale, assai poco pronta ad accettare le novità e i cambiamenti, nella quale tutti si conoscono e quasi nessuno ha il coraggio di alzare la testa e aprirsi ad un futuro diverso.
Tuttavia, quello che Delphine e Muriel Coulin tengono a far capire, è che non si tratta semplicemente di un gesto provocatorio e sconsiderato dettato dalla noia, dall’incoscienza o dal bisogno di appartenere ad un gruppo, ma di un segnale forte che le adolescenti hanno voluto mandare, un grido di ribellione e di speranza per un futuro diverso da quello “standardizzato”, auspicato da genitori e istituzioni.
Un avvenire non da accettare passivamente, quindi, ma da costruire con le proprie mani, affermandosi indipendentemente dalle proprie famiglie: questo il sentimento che fa da sfondo alla vicenda.
Nel particolare momento storico che stiamo vivendo, per una donna raggiungere le “condizioni ideali” per avere un figlio è assai complicato: il risultato è la considerevole salita dell’età media della maternità.
Figli? Dopo la laurea, dopo aver ottenuto un lavoro sicuro, dopo aver trovato un compagno economicamente stabile, dopo l’acquisto di una casa adeguata, dopo… il fatto che ben diciassette minorenni siano state sufficientemente incoscienti per vivere “qui e ora” la bellezza della maternità, supportate dalla straordinaria forza della loro giovane età, ci mostra la grandezza di un gesto così plateale imponendoci di ammirare profondamente queste ragazze anziché giudicarle, o peggio, commiserarle.
La straordinaria storia narrata, conferma il momento importante che il cinema francese sta vivendo: dopo gli straordinari successi di “The Artist” e “Quasi amici”, “17 Filles” si impone all’attenzione del pubblico per la sua delicatezza e la sua originalità.
Pur non essendo minimamente paragonabile ai due film sopra citati per portata, distribuzione e intenzioni, la pellicola delle sorelle Coulin conferma il buon momento della regia francese e la sua voglia di proporre storie e progetti originali.
Questo film, seppur lento in alcune sue parti, è godibile e sviluppa una forte empatia tra il pubblico e le protagoniste della vicenda, configurandosi come un inno alla vita, al futuro, al coraggio.