Esce questa sera al cinema Un altro mondo, il nuovo film di Silvio Muccino nel quale è anche attore insieme a Isabella Ragonese, Maya Sansa, Flavio Parenti e il piccolo Michael Rainey Jr. Nell’articolo una doppia recensione e il video della conferenza stampa.
Questa volta noi di cinemio abbiamo avuto davvero una bella opportunità: a vedere infatti il film in anteprima a Roma con il cast c’erano Pasquale Mesiano e Davide Cinfrignini mentre qui a Bari l’ho visto io. Ne è nato quindi questo articolo nella quale potrete confrontare le due recensioni (la mia e quella di Davide) e avere la possibilità di vedere cosa hanno raccontato regista e attori durante la conferenza stampa (grazie al nostro fotografo d’eccezione Pasquale).
Un altro mondo
Andrea (Silvio Muccino) ha 28 anni e riesce a mantenersi economicamente grazie alla ricchezza della sua famiglia. Costretto a partire per il Kenia dove il padre è in fin di vita, farà l’incontro con il suo fratellastro di otto anni (Michael Rainey Jr.), di cui diverrà responsabile legalmente alla morte del genitore. Al momento di tornare a Roma, decide di tenere con sè il piccolo Charlie, la cui presenza sconvolgerà il rapporto sentimentale con la ragazza Livia (Isabella Ragonese).
La recensione di Davide
Silvio Muccino dirige il suo secondo lungometraggio, curandone anche la sceneggiatura insieme alla scrittrice Carla Vangelista. Almeno nelle intenzioni, Muccino mette in scena un film drammatico, approcciandosi ad un cinema adulto con delle forti aspettative dal punto di vista del risultato artistico, che però delude totalmente. La sceneggiatura della pellicola imbarazza per la prevedibilità dello sviluppo della trama e per la resa dei dialoghi.
Il regista di Parlami D’Amore rende ogni singolo fotogramma del suo film privo di ogni legame con il reale; tutto è chiaramente artificiale, fintamente drammatico e finisce per provocare nello spettatore delle risate involontarie proprio nei momenti di maggiore pathos e tensione. I personaggi rappresentati sono dei tipi umani che rientrano tutti e totalmente nella definizione di stereotipo. L’intero cast offre una prova artistica infima, dove spicca (in negativo) lo stesso Muccino, che dimostra di essere totalmente inappropriato per qualsiasi ruolo di protagonista.
A correre in soccorso alla riuscita del film subentrano in più occasioni colonna sonora e montaggio che riescono a smussare e rendere più dinamiche alcune scene particolarmente non riuscite. Vista la pochezza dei contenuti rappresentati nel film, il giovane regista romano, attraverso espedienti totalmente illogici, vira lo sviluppo della pellicola dalla superficialità dell’ambiente romano al dramma africano fatto di baraccopoli, povertà e un fratellino orfano, dimostrando di essere anche in malafede, perchè punta a provocare facili emozioni a quel pubblico meno esigente, con un più basso livello culturale e con minore capacità di giudizio critico.
In Un Altro Mondo si tenta di parlare di disagio sociale, integrazione, crescita personale e crisi esistenziale attraverso un linguaggio confuso, qualunquista e approssimativo. Gli autori della pellicola sembrano non possedere le qualità umane e artistiche per saper gestire storie complesse che comportano rischi elevati, così da risultare tanto inadeguati quanto presuntuosi.
La mia recensione
Sono convinta che solo chi è genitore può capire appieno quanto sconvolgente sia l’arrivo di un figlio. Da essere totalmente autosufficiente, ti ritrovi a dover abbandonare tutte le tue sicurezze per dedicarti anima e corpo ad un piccolo essere che può fare affidamento solo su di te. Con questa chiave di lettura ho vissuto tutto il film che, pur nei suoi eccessi, vuole raccontare questo dramma.
Si perchè in questo caso di dramma si tratta in quanto l’arrivo di questo bambino è totalmente inaspettato e sconvolge chiaramente la vita di due ragazzi che per di più hanno delle ferite aperte alle spalle e fino a quel momento avevano preso tutto (la loro vita, il loro rapporto, quello con gli altri) con la leggerezza di chi non ha ancora voglia di assumersi le proprie responsabilità. A questo si aggiunge poi il fatto che il bimbo è di colore e viene catapultato in un altro mondo (che a mio avviso è il nostro e non l’Africa) lontano dagli affetti e dalle certezze con cui fino ad allora aveva vissuto.
Ancora una volta, Silvio Muccino osa con un film dai sentimenti forti, forse a volte eccessivi, ma a mio avviso centra l’obiettivo. Certo a volte risulta evidente l’immaturità di alcuni aspetti: personaggi esageratamente paranoici (come la madre di Andrea), troppa voce fuori campo, dialoghi talvolta mal costruiti. Ma questi difetti vengono colmati appieno dalla maturità artistica di quasi tutto il cast, primo tra tutti il piccolo Michael Rainey Jr. che ha la capacità di riempire la scena con il solo sguardo.
Bella prova quella di Muccino attore e regista che riesce a toccare il cuore dello spettatore che assiste alla maturazione emotiva di personaggi che da doversi prendere cura di un bambino si ritrovano ad aver bisogno di lui per sbloccare e risolvere quelle situazioni che fino ad allora li avevano tenuti lontani dalla vita vera. Bellissima infine, ma a mio avviso solo di contorno, la fotografia dell’Africa vista con gli occhi di chi non vuole solo mostrarne la povertà ma anche la ricchezza d’animo di chi è lì a cercare di cambiare le cose.
Concludo con le parole di Silvio Muccino che ha raccontato un aneddoto accaduto durante le riprese e che mostra il rapporto profondo tra lui e Carla Vangelista:
Una volta eravamo in Africa e stavamo per girare la scena su cui avevamo fatto il provino a Michael. L’avevamo provata talmente tante volte che Michael l’aveva imparata a memoria e la faceva in modo meccanico. Quella sera siamo tornati nelle nostre tende e io sapevo di non aver ottenuto la scena che desideravo così ho chiamato Carla a Roma e ne abbiamo parlato insieme.
Io volevo un modo per scardinare Michael da quella scena e Carla ha avuto l’idea di rovesciarla e di impostare uno stato d’animo completamente diverso. Il giorno dopo all’alba siamo tornati sul set e ho improvvisato la scena chiedendo a Michael di seguirmi e la scena è venuta meravigliosamente.
La conferenza stampa registrata da Pasquale
Le foto della conferenza stampa del film
Dai un’occhiata qui sotto alle foto scattate da Pasquale Mesiano, inviato speciale per cinemio.it
Mamma mia Davide come sei stato cattivo! Però ho notato che le reazioni a questo film sono state molto discordanti…un pò come le nostre 🙂
Sì,è curioso che ci sia questa grande differenza di giudizio.Sarebbe utile capire cosa ne pensano coloro che lo vedranno in questi giorni.Chiaramente ho trovato il film davvero pessimo , mentre consiglierei chiunque frequenterà in questi giorni le sale cinematografiche di andarsi a vedere due pellicole(fino ad ora ignorate dal grande pubblico) che secondo me sono di una qualità molto elevata e che risultano essere davvero deliiziose e cioè “American Life” di Sam Mendes e “L’esplosivo piano di Bazil” di Jeunet.
Credo che fra il Giudicare e l’esprimere il proprio pensiero riguardo un qualsiasi argomento ci sia un enorme differenza. E credo sia proprio questa differenza a determinare se si tratti di una critica utile -perchè di tale dovrebbe trattarsi- o di un giudizio superfluo, forse troppo pieno di sè e della propria -universalità- a tutti i costi. Credo che un film, una storia, un attore, un regista, possano piacere come possano non essere apprezzati. Ma al di là di ogni opinione assolutamente rispettabile, credo che non si debba mai dimenticare di come sia fin troppo facile elargire sentenze su chi, in ogni caso, ha lavorato con attenzione e passione,a tempo pieno, dedicandosi ad un progetto, curandolo dalla sua ideazione alla sua nascita. Credo che quel detto “Solo chi fà, Sbaglia” sia decisamente appropriato. E credo, che dire se un cosa sia -bella- o -brutta- sia assolutamente fondamentale, Ma credo, al tempo stesso , che piuttosto che -indicare- ciò che ci piace e ciò che non ci piace, sia più utile tentare di -fare-ciò che ci piace.
E a vedere il film, a me sembra proprio che Loro lo abbiano fatto.
Chiara sono d’accordo con te ma è giusto che ognuno esprima liberamente la propria opinione.
Come hai potuto leggere a me il film ha emozionato molto. Ma ognuno di noi è diverso e c’è sempre qualcuno a cui un film arriva meno piuttosto che ad altri.
In ogni caso grazie davvero del tuo commento!
La costituzione dovrebbe vietare la visione di certa roba!!!!!
Ieri sera ho visto il film e la conclusione è che ognuno deve fare il mestiere suo! chi fa l’attore non si può improvvisare regista, chi fa la romanziera non si può atteggiare a sceneggiatrice ecc ecc
pessimi i dialoghi, patetica la storia…
l’ennesima beffa di un produttore che sfrutta la notorietà di un attore per estorcere soldi al pubblico, che non essendo per niente fesso, non sta andando a vedere il film!!!!
che vergogna
AH la protagonista è vergognosa!!!!!!
Raffaele,
non è vero quello che dici. Abbiamo tantissimi casi di registi che sono anche bravi attori e viceversa (Moretti, Castellitto, Rubini, per citarne solo alcuni) e scrittori che sono anche sceneggiatori (la Mazzantini ad esempio).
Quindi non sono d’accordo con te sul fatto che ognuno dovrebbe fare il suo mestiere.
Quanto al film, i gusti sono gusti ma non credo ci sia nulla di vergognoso in questo film: credo che come ha scritto anche Chiara bisogna innanzitutto rispettare il lavoro altrui anche solo per il fatto che ci è stata messa l’anima dentro.
A proposito: l’attrice vergognosa di cui parli è vincitrice di un Nastro D’argento nonchè madrina dell’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
Criticare non è difficile, il difficile è guardare il film in profondità, immergendosi nella storia e “vivendola” come se fosse la nostra storia. Alllora il giovane annoiato diventa “un” giovane vero, la madre egoista “una” madre vera, il bambino di colore “un” vero bambino di colore che non chiede altro che di essere amato.
E poi ci sono i sentimenti, quelli che ti salgono da dentro e ti fanno piangere o ridere e se ne fragano dei giudizi dotti, che non vedono com’è girata una scena, ma “sentono” qualcosa che non si può esprimere ma soltanto vivere.