Ciclo Totò: Totò, Peppino e la malafemmina, tra storia comica e musicarello

Totò,Peppino e la malafemmena è sicuramente un classico della risata: chi non ricorda la scenetta della lettera dettata da Totò a Peppino ad esempio? Continuate a leggere per scoprire altre chicche sul film!

Chi sono i protagonisti?

 

 

 

 

 

 

 

 

A metà anni Cinquanta Totò subisce una menomazione visiva dovuta a una retinopatia di cui soffrirà fino alla morte, si affiderà maggiormente alla parola più che alla mimica e conterà molto sull’apporto della spalla. In questo periodo a prestarsi al ruolo è Peppino De Filippo, terzogenito del clan di attori di teatro e più incline a parti comiche rispetto al fratello e alla sorella maggiori.

Molte pellicole girate dal duo De Filippo-De Curtis portano nel titolo il nome dei due protagonisti per attrarre pubblico, ma a ben vedere la storia di questo film  è incentrata in realtà sull’idillio sentimentale tra il cantante Teddy Reno, nel film nipote dei due attori napoletani e studente di medicina a Napoli e la soubrettina onesta Dorian Gray e si profila quindi come una parodia del musicarello anni Cinquanta, un sottogenere popolare dell’epoca  generalmente ambientato a Napoli  e dintorni che si concentrava su amori e imprese di un giovanotto dotato di ugola d’oro e che era interpretato da cantanti in voga. Ovviamente nella pellicola non mancavano le interpretazioni canore di melodie solitamente partenopee come avviene puntualmente anche in questo film.

Nord e Sud

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel film le differenze tra Nord e Sud vengono enfatizzate e messe alla berlina come anche i pregiudizi sul “diverso”. Siamo negli anni Cinquanta e la televisione e l’industrializzazione stanno abbattendo le barriere tra le due “Italie”: molti sono costretti per motivi economici a cercare lavoro a Settentrione e poiché le distanze non sono colmate da mezzi di trasporto particolarmente veloci , l’idea di andare in luoghi impervi e poco accoglienti è particolarmente sentita accompagnata anche dal fatto che , con una buona parte della popolazione semianalfabeta, l’italiano inteso come volgare toscano, lingua adottata ufficialmente dallo Stato Italiano sin dall’alba dell’Unità nel 1861 era, ahimè, poco parlato, sostituito dai vari dialetti che contribuivano a creare delle barriere tra le varie popolazioni della penisola. Quanto descritto da Totò e famiglia che arrivano imbacuccati a Milano convinti di trovare un clima freddo o che si rivolgono al vigile in una lingua improbabile sottolinea comicamente le oggettive difficoltà incontrate da chi, pochissimo acculturato tentava la carta del lavoro al Nord per cambiare vita.

Capolavoro comico

La maestrìa di De Filippo e Totò si rivela in tutta la sua grandezza nella scena della lettera che, secondo la leggenda, fu improvvisata dai due attori e girata una sola volta. Molte coppie comiche hanno riproposto in seguito con risultati più o meno validi il canovaccio della scenetta , ma a tutt’oggi l’idea comica dei due attori napoletani resta ineguagliata.

 

Inutile dire che la critica dell’epoca miope e limitata bollò come “minore” la pellicola e, volendo fare i sofisticati la storiella alla base del film tra Reno e Gray è esile e ad alto tasso glicemico, ma la presenza dei due compari Peppino e Totò innalza il film a “capolavoro comico”.

 

Imperdibile. Da ricordare il giovane Nino Manfredi in una delle sue prime interpretazioni nel ruolo di un giovane ricco, amico di Teddy Reno.

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