Oggi parliamo di un cortometraggio che piacerà a tutti gli amanti di Tim Burton e della sua filmografia: Canti della forca, raccontato dal suo regista Stefano Bessoni.
Stefano Bessoni, regista ed illustratore nato nel 1965, deve la sua formazione artistica all’’incisore napoletano Mario Scarpati, che gli tramanda le antiche tecniche calcografiche. Diplomato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, aveva però intrapreso gli studi di scienze biologiche grazie ai quali ha sviluppato particolare interesse per la zoologia e l’anatomia, temi ricorrenti dei suoi disegni e delle sue illustrazioni. Dal 1989 ha realizzato numerosi film sperimentali, installazioni video teatrali e documentari, ricevendo molti riconoscimenti presso festival nazionali ed internazionali. Dopo essere stato docente di regia cinematografica presso la NUCT a Cinecittà, insegna ora presso l’Accademia Griffith a Roma e presso la Summer school di La Fabbrica delle Favole a Macerata. Oltre allo sviluppo e alla realizzazione di nuovi lungometraggi è ora impegnato in alcuni progetti di illustrazione con la casa editrice LOGOS. Sono in libreria i primi quattro volumi: HOMUNCULUS, WUNDERKAMMER, ALICE SOTTOTERRA e CANTI DELLA FORCA.
Canti della forca
Ispirato ai Galgenlieder (Canti della forca) dell’autore tedesco Christian Morgenstern, Canti della forca è una vera e propria poesia in immagini, nella quale, grazie a disegni e personaggi animati entriamo nel mondo fantastico e grottesco della confraternita della forca. Eccezionale la messa in scena dell’animazione e la realizzazione dei personaggi animati ispirati ai disegni dello stesso Bessoni che si avvicinano molto, per genere ed uso grottesco dei temi della morte, alla filmografia animata di Tim Burton (come La sposa cadavere o Frankenweenie). Bravo anche il protagonista (unico in carne ed ossa) Lorenzo Pedrotti che si mette a servizio del regista e della storia con efficacia e professionalità.
Le domande al regista
Ciao Stefano, benvenuto su cinemio. Parliamo della genesi de ‘I canti della forca’. Vuoi raccontarci come sei arrivato agli scritti di Morgenstern, alla stesura poi della sceneggiatura ed infine al corto?
Il film prende spunto da una serie di scritti apparentemente bislacchi e infantili dello scrittore tedesco Christian Morgenstern (Monaco di Baviera, 1871 – Merano, 1914), i cui personaggi appena abbozzati prendono vita attraverso la mia fantasia. Ho inventato per loro personalità e fisionomie, e sviluppato una nuova storia originale per poterli unire tutti in un’unica vicenda. Un libero gioco, insomma, con il mirabolante popolo del patibolo creato dallo scrittore tedesco.
Ho incontrato casualmente i Canti della Forca tanti anni fa in una piccola libreria, uno di quei posti dove puoi acquistare per pochi spiccioli delle vecchie edizioni ormai fuori commercio. Inutile dire che ne rimasi immediatamente affascinato e che decisi di lavorarci sopra, anche se mi resi conto di lì a poco che si trattava di uno scrittore praticamente sconosciuto, almeno in Italia, e che le edizioni delle sue opere erano pochissime ed ormai praticamente introvabili. Questo non poteva che accrescere la mia curiosità e la mia voglia di trarne qualcosa che potesse rendere attraverso il mezzo cinematografico le sensazioni visive che quelle strambe filastrocche mi trasmettevano. Era il 1993 o forse il 1994, per anni buttai giù schizzi su strambi personaggi, ispirandomi a quegli scritti che ormai avevo letto, riletto ed imparato a conoscere anche attraverso un apparato di scritti critici faticosamente racimolato in giro per biblioteche, poi nel 1999 decisi di fare una prima incursione cinematografica nell’universo morgensterniano e realizzai un piccolo rudimentale cortometraggio basato su una mia personale selezione dei canti del patibolo, sostenendolo con dei miei scritti aggiunti per fornirgli una semplicissima ed apparente struttura narrativa.
Il cortometraggio incontrò il favore di alcuni critici, che mi onorarono della paternità della scoperta e della divulgazione di un autore misconosciuto, ma sollevò le perplessità e lo sconcerto di buona parte del pubblico, sicuramente non propenso al non-sense, soprattutto se di natura macabra. Decisi comunque che prima o poi avrei continuato il lavoro, quindi pur lavorando in questi anni su progetti più commerciali, non ho mai smesso di pensare ai Galgenlieder e di buttare giù schizzi ed appunti. E oggi, a distanza di tanti anni, con la folle complicità del mio editore Lina Vergara Huilcaman, ho deciso di realizzare il libro ed il film sui Canti della Forca, approfittando del fatto che tra pochi mesi, a marzo 2014, saranno esattamente cento anni dalla morte di Christian Morgenstern.
Unico protagonista, in carne ed ossa, del corto è Lorenzo Pedrotti già protagonista di ‘Krokodyle’. Come mai questa scelta? E come hai collaborato con Lorenzo per la creazione del suo personaggio?
Lorenzo è un ottimo attore e soprattutto un amico sincero e fidato. Dopo tanti anni mi conosce bene e coglie al volo le mie sensazioni, senza il bisogno di perderci in complesse spiegazioni, o peggio discussioni, come invece capita spesso con altri attori. La collaborazione è stata spontanea e immediata.
Com’è andata la fase di preparazione del corto? C’è qualche aneddoto che vuoi raccontarci? Ed in particolare com’è andata la collaborazione con Claudia Brugnaletti per l’Animazione e Luigi Ottolino per la modellazione dei personaggi?
Sono due collaboratori preziosi, senza i quali non sarebbe stato possibile ottenere un buon risultato. Avevo deciso di non modellare direttamente io i personaggi, perché ero sicuro che mi sarei preso inconsapevolmente delle libertà che li avrebbero poi fatti allontanare dalle illustrazioni originali. Così ho chiesto a Gigi di plasmare queste piccole creature macabre, che poi ho assemblato e colorato ad acquarello personalmente, per dar loro una personalizzazione visiva inconfutabile. Poi Claudia, che ha seguito anche tutta la fase di fabbricazione, ha dato la vita ai burattini con tanta pazienza e professionalità. E’ un animatrice incredibile e instancabile, precisa e pignola. Spesso mi ha sgridato di improvvisare troppo e di non seguire uno storyboard preciso. Io mi sono vendicato facendole animare cose morte, burattini fatti con ossa e stracci, cosa che all’inizio l’ha un po’ impressionata.
Tu sei regista ma anche disegnatore (infatti il DVD del corto è in vendita con il libro). Come coniughi questi due ruoli ed in quale, se c’è, ti trovi più a tuo agio?
Sono due aspetti fondamentali e complementari del mio modo di esprimermi. Non li separo l’uno dall’altro ma fanno parte del mio corredo di strumenti per raccontare personaggi e storie. Ultimamente mi trovo più a mio agio con l’illustrazione, sicuramente più immediata e libera rispetto al cinema.
Ed ora uno sguardo al futuro. Ho letto che dagli scritti di Morgenstern vorresti trarne un lungometraggio. E’ così? In che fase è questo progetto? Nei hai altri nel cassetto?
Si, tutta l’operazione nasce dal desiderio di realizzare un progetto di lungometraggio, ben più costoso e complesso. Quindi sto utilizzando ora il cortometraggio e il libro per cercare di coinvolgere dei produttori europei nell’operazione. Progetti ne ho veramente tanti, ma sembra che nessuno voglia darmi l’opportunità di lavorare.
Il libro, edito da LOGOS è uscito in tutte le librerie il 15 ottobre. A Lucca Comics è stata fatta la presentazione ufficiale e poi è cominciato il giro dei vari festival internazionali. SITGES in Spagna, FANCINE a Malaga, sempre in Spagna, FANTASPOA in Brasile, STOP MOTION MEXICO, ANIMATEKA in Slovenia, TRIESTE SCIENCE+FICTION a Trieste e poi vedremo.
Ringrazio Stefano Bessoni per l’intervista e gli faccio un grande in bocca al lupo per questo progetto così originale.