Cinemio incontra i registi emergenti: intervista a Marco Bonfanti

Due cortometraggi all’attivo, di cui il primo Le Parole di Stockhausen, costato solo sei euro e preselezionato al Festival di Cannes e il secondo, Ordalìa, selezionata in oltre trenta festival (anche esteri come in Francia, Germania o Bielorussia) e vincitrice di cinque premi: questo è Marco Bonfanti, il giovane regista di cui vi parlo oggi.

Ordalìa

La locandina del film

La locandina del film

Francesca è un’adolescente che, di fronte ad un infarto del padre si ritrova a fare una ricerca interiore sul senso e la caducità della vita e sull’esistenza di Dio. Il film, anche grazie all’ausilio di una fotografia che passa dal reale all’onirico e di musiche e suoni molto particolari riesce a trattare con delicatezza argomenti come la vita e la morte, la rabbia e l’affetto e la ricerca di un essere superiore. Il risultato è un film molto intenso e davvero particolare.

Di seguito il trailer del cortometraggio che consiglio vivamente.

E ora le nostre domande al regista.

come è nata l’idea del film?

Proprio come riporta il sottotitolo del film, l’idea si è sviluppata dentro di me. Si tratta di un lavoro del tutto autobiografico, che non ha mai avuto un vero copione, quanto piuttosto un canovaccio da sviluppare in corso d’opera. Certo, molte cose non sono accadute come appaiono nel film, c’è un piccolo margine di fantasia,  che secondo me è molto importante mantenere, una distanza di sicurezza tra autore e opera per evitare che la sublimazione totale possa essere davvero dannosa e dolorosa.

Ad ogni modo, non avevo alcuna storia da raccontare, ma ero spinto dalla volontà di condivisione, da un’esigenza interiore. Anna Godano, la protagonista del film, mi ha molto aiutato a costruire il personaggio di questa adolescente in lotta con se stessa, riuscendo a farmelo vedere da persona esterna ai fatti. In poche parole, si tratta di un film di sperimentazione, una sorta di test registico; che poi è quello che, secondo me, dovrebbero essere i cortometraggi.

Una scena del film

Una scena del film

quali sono le difficoltà che hai avuto durante la lavorazione?

Oltre al budget irrisorio e alla mancanza di una solida copertura produttiva, il che fa davvero la differenza, la difficoltà principale credo sia stata quella di dare una forma narrativa al film in fase d’opera. Tra preproduzione, produzione e postproduzione, il film si è notevolmente trasformato, come se ci fossero stati tre Ordalìa diversi. Sul set, ogni giorno cercavo di capire in che direzione stesse andando il lavoro per cercare di incanalarlo in un percorso, che coincideva con la mia interiorità, la memoria di quel fatto vista però alla luce dell’oggi, con lo stato d’animo del momento in cui giravamo.

Ovviamente, non avendo avuto una sceneggiatura ben strutturata, mi sono trovato poi  con un premontato di poco meno di quaranta minuti. Con il montatore abbiamo dovuto ridurlo alla metà: un lavoro non semplice e molto lungo. Senza contare la direzione di Petra, il cagnolino. Non c’era nessun addestratore che ci aiutasse, né tanto meno controfigure. È stata una delle cose più faticose della mia vita, penso di aver perso qualche capello per riuscire ad attribuirgli fattezze e pensieri umani.

Sprite, il cane di Francesca

Sprite, il cane di Francesca

e dopo?

I 23 minuti di Ordalìa hanno trasformato quello che doveva essere un cortometraggio in un mediometraggio. In questo modo mi è stato più difficile riuscire a inviare il film ai festival. Inoltre, valgano tre frasi su tutte per far capire quanto sia stato complesso distribuirlo. In tre occasioni diverse, operatori dei festival mi hanno risposto così per motivarne l’esclusione: Quando sento parlare di religione, metto mano alla pistola; è troppo cupo, a noi interessano lavori pieni di speranza; e in ultimo non puoi parlare della morte, alla gente non piace. Io resto però dell’avviso che bisogna essere sinceri e onesti nel proporre qualcosa al pubblico, anche se il proprio film parla di morte o di bisogno di fede.

Una scena 'onirica' del film

Una scena onirica del film

quali sono i riconoscimenti più importanti ricevuti dai tuoi corti?

Ho poco interesse per i premi e lo dico davvero senza civetteria. Mi interessa andare ai Festival e conoscere altri lavoratori e appassionati di cinema. Amo il cinema e parlerei tutto il giorno del cinema. Dunque quale miglior occasione se non un Festival, sia esso grande o piccolo? Tuttavia, devo dire che la preselezione a Cannes del mio primo cortometraggio, Le Parole di Stockhausen, un lavoro del tutto amatoriale costato solo sei euro, ancora mi fa molto piacere, oltre che, in qualche modo,  anche ridere. Credo di essere una persona davvero molto fortunata, soprattutto per l’andamento che ha tenuto fin ora Ordalìa tra premi e numero di selezioni ai Festival.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho tre progetti: uno in cerca di produttore, uno in fase di sviluppo e uno in preproduzione. Non ne parlo per scaramanzia, ma questa volta lavorerò con sceneggiature di ferro e soprattutto con delle case di produzione. Le condizioni di lavoro precarie di Ordalìa mi sono servite molto, è stata una fantastica esperienza di sperimentazione. Anzi, ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno lavorato al film gratuitamente: senza di loro, oggi, non avrei potuto rilasciare questa intervista e non avrei trovato dei produttori. Grazie davvero.

Il regista Marco Bonfanti

Il regista Marco Bonfanti

E anche noi di cinemio ringraziamo Marco per la sua disponibilità facendo anche a lui un in bocca al lupo per i suoi progetti futuri.

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