Pinocchio: reinterpretare una fiaba universale

Il 21 Febbraio arriva in 200 copie in tutta Italia la fiaba di Pinocchio, per la prima volta un film d’animazione tutto all’italiana, un passo importante che prende una strada parallela ma lontana dalla controparte americana. Dal genio di Enzo D’Alò, esce in Italia ed altri quattro paesi europei, Pinocchio.

Made in Italy

È giusto dirlo e ribadirlo. È inutile parlare di trama, perché tutti hanno visto almeno una volta Pinocchio: che fosse il cartoon della Disney degli anni quaranta, del film di Comencini o del flop di critica della visione di Benigni. Questo film è fieramente italiano, da un regista (famoso nel mondo soprattutto con La Gabbianella e il gatto) come Enzo D’Alò che ha sempre la forza di inserire una poetica ed una morale nel film senza mai scadere nelle banalità.

Trailer del film:

Qui, grazie a collaborazioni a livello europeo, un grosso lavoro di produzione nella ricerca di appoggi e finanziamenti, e un’animazione “sperimentale” a limite tra l’artigianato della “carta e matita” e l’utilizzo del digitale con un risultato da “vintage saporito”, c’è tutto il libro di Carlo Collodi intriso della poetica del regista, che decide di spostare la prospettiva dal protagonista di legno al padre Geppetto: con lui inizia il film, col suo desiderio di evadere e sognare. E quegli stessi desideri lo condurranno a pensare possibile creare da un pezzo di legno un burattino.

Simboli, arte, poesia

Ricco di simbolismi, questa è un’opera che verrà ricordata anche per le scenografie a limite tra reale e onirico, tra gotico, espressionismo e surrealismo artistico, ambientate in un paesino della Toscana in collina e vicino il mare, ricco di personaggi on voci anche riconoscibili quali quelle di Rocco Papaleo (Mangiafoco) e Paolo Ruffini (Lucignolo).

D’Alò decide di omettere passaggi fondamentali nella trasposizione della Disney come quella del mangiafuoco (qui ridotto a pochi passaggi), decide di reinterpretare la figura della fata turchina da “madre” del bambino di legno a sua coetanea, quasi un primo amore di Pinocchio, di “imbruttire” la figura del grillo parlante da coscienza a mero giudice passivo degli eventi.

Decide, in altre parole, di non sentire nessun peso o obbligo con ciò che è già stato fatto o detto se non soltanto con le ricche pagine del libro del “nostro” Collodi.

Ciao, Lucio

È impossibile non sottolineare la sua presenza, quella di Lucio Dalla, come giustamente sottolineato negli stessi titoli di coda. L’eclettica composizione musicale del maestro, ricca di suoni e ritmi variopinti uniti dal saldo scorrere degli eventi, la sua voce calda presente qua e là sino all’interpretazione di un personaggio secondario che non può non far sorridere, commuovere e far salire la nostalgia per l’artista e per il suo ultimissimo lavoro prima della morte.

Il Pinocchio di Enzo D’Alò verrà ricordato, questo è certo. È un film davvero per piccoli e grandi, è una fiaba evergreen. È chiaro che la controparte americana è ormai talmente radicata nella mente e nei cuori degli spettatori di tutto il mondo che è praticamente impossibile eliminarla e farne dei confronti.

Detto ciò, però, va dato atto all’enorme presa di coraggio ed all’immensa creatività del disegnatore e regista che, malgrado pensava a questa trasposizione già nel 2000 (poi ritardata per far spazio al Pinocchio di Benigni) è riuscito a ponderare il tutto e giungere ora ad una reinterpretazione fiera, poetica, onirica, indimenticabile.

Intervista al regista Enzo D’Alò:

Clip dal film

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