Un singolare modo di raccontare la Storia, dissacrando la mafia e seguendo le simpatiche vicende del piccolo Arturo. Dal 28 novembre è nelle nostre sale La mafia uccide solo d’estate di Pierfrancesco Diliberto in arte PIF.
La mafia uccide solo d’estate
Da un punto di vista esterno, potrebbe sembrare drammatico trascorrere l’infanzia nella Palermo a cavallo tra gli anni ’70 e i ’90. Quel periodo, tanto per rinfrescarci la memoria, in cui fu assassinato il generale Carlo Alberto dalla Chiesa ed ebbero luogo le efferati stragi in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, prima, e Paolo Borsellino, dopo. Il mondo intero guardava con apprensione e allarme i drammatici eventi siciliani. Ma per chi in quella terra ci è cresciuto, la mafia sembrava quasi non esserci. Ad ogni reato, c’era sempre una ragione che giustificasse tutto. Come se bastasse un buon motivo per assassinare qualcuno. Questo è ciò che viene insegnato ad Arturo, protagonista del film La mafia uccide solo d’estate.
Pif (nome d’arte di Pierfrancesco Diliberto), dopo la notorietà raggiunta come inviato nel programma televisivo “Le iene”, è qui all’esordio in cabina di regia ed anche nelle vesti di attore. In La mafia uccide solo d’estate si racconta la vita di un bambino, dalla scuola elementare fino alla maggiore età. Ma se questa fin qui potrebbe sembrarci una storia comune, ci basta aggiungere il contesto temporale e locale per capire l’errore. Tuttavia, Arturo sembra quasi non accorgersene di ciò che gli accade intorno. Questo perché tutti a Palermo, dai genitori al parroco, tendono sempre a sminuire e scagionare quello che Cosa Nostra stava perpetuando sul territorio. E quindi, tra auto bombe e omicidi, la sua infanzia scorre come quella di chiunque altro, compresa la prima cotta per una compagna di scuola, Flora (Cristiana Capotondi). E a dar risposta ai suoi ovvi interrogativi sul come relazionarsi ad una donna, sarà indirettamente la TV. Infatti, di fronte alla reticenza del padre, saranno le parole di Giulio Andreotti, ospite in un programma televisivo, a fargli da guida. Da quel momento, Arturo mitizzerà l’allora presidente del consiglio, prendendolo come riferimento per ogni occasione. Simpaticissima la locandina con il piccolo Arturo travestito proprio da Andreotti.
La mafia attraverso gli occhi di un bambino
Nonostante una copiosa filmografia sul tema, questo lavoro sembra aver portato una ventata d’aria fresca nella nostra cinematografia. Si è riusciti nell’ardua impresa di narrare una triste pagina della nostra storia con un tono scanzonato, il tutto dettato dagli occhi di un bambino. Si passa da amene situazioni, dove si ride di gusto, a momenti decisamente più toccanti. Questi ultimi sono coadiuvati con veri filmati reperiti dalle teche Rai.
Ma l’ingenuità infantile, su cui gli adulti possono tranquillamente imprimere il loro pensiero, anche se illogico (il titolo del film altro non è che una rassicurazione del padre di Arturo durante l’inverno), viene meno con gli anni. La lucidità acquisita con il tempo, ti mostra ciò che in passato non era possibile scorgere. In conferenza, Pif esemplifica il tutto con un curioso aneddoto. Negli anni ’80 le ragazze indossavano, perché di moda, un oggetto a suo dire orrendo: le spalline. Perché nessuno, nonostante l’ovvietà, diceva nulla? La stessa domanda sulla mafia ha fatto sì che nascesse questo pellicola.
Questa leggerezza e questo nuovo modo di raccontare, può essere un buon modo per approcciare il pubblico più giovane. Di positivo riscontriamo anche come la figura del mafioso venga depauperata di quella aurea fascinosa visibile in altri prodotti, soprattutto in fiction dalla qualità discutibile. Qui il criminale è una persona totalmente deculturata e poco ammaliante. Divertente l’episodio (visibile parzialmente anche nel trailer) in cui Totò Riina fatica a comprendere l’uso di un condizionatore d’aria.
Nel cast artistico, presente anche Claudio Gioè, già ottimo interprete di Totò Riina nel film tv Il capo dei capi. Qui è nei panni di un giornalista declassato a scrivere di sport, perché precedentemente aveva scomodato alcuni uomini di potere. E in certi casi, si sa che è meglio non spingersi troppo oltre. Perlomeno finché il vaso non è colmo fino all’orlo. Poi saranno indagini e processi a svelare che in mare ci fosse l’acqua.