Ospite del BIF&ST 2013 è stata anche l’attrice e regista tedesca Margarethe Von Trotta, a Bari per presentare il suo ultimo film Hannah Arendt e per tenere una interessante lezione di cinema.
Margarethe Von Trotta è nata a Berlino nel 1942. Trasferitasi a Parigi nel 1960 ha intrapreso la carriera da attrice ed è stata diretta da registi del calibro di Fassbinder e Schlöndorff. Dal 1975 è passata anche dietro la macchina da presa regalandoci intensi film a sfondo politico e con personaggi femminili molto forti: due esempi sono Rosenstrasse, del 2003, vincitore di numerosi premi, e Hannah Arendt, il suo ultimo film.
Rosenstrasse: le donne di Margarethe Von Trotta
Nel 1943 a Berlino, centinaia di donne sfilarono in Rosenstrasse protestando contro la deportazione dei loro propri mariti e riuscirono a farli liberare. Da questo avvenimento poco conosciuto Margarethe Von Trotta ne ha tratto un film presentato nel 2003 alla 60^ Mostra di Venezia dove colpì subito pubblico e critica e risultò anche vincitore del premio per la miglior interpretazione femminile all’attrice Katja Riemann.
Margarethe Von Trotta: Ho sempre dovuto aspettare tanto tempo per fare quasi tutti i miei film, perchè in Germania, così come in Italia, è molto difficile trovare finanziamento. Per Hannah Arendt ho aspettato quasi 10 anni e anche nel caso di Rosenstrasse avevo iniziato a pensarlo e a scrivere una storia intorno al’93/’94.
Quando uscì Rosenstrasse c’era un commento molto interessante sul The Hollywood Reporter nel quale si faceva una riflessione sull’importanza storica di questo film (La caduta di Oliver Hirschbiegel con Bruno Ganz sarebbe uscito un anno dopo) perchè per la prima volta i tedeschi, grazie ad una regista, raccontano la Germania di quegli anni.
Margarethe Von Trotta non è nuova a rompere la congiura del silenzio, l’ha fatto anche con Anni di piombo per il terrorismo in Italia. A tal proposito c’è un’analogia interessante con l’Italia che ha fatto i film sul fascismo subito dopo la guerra però per il terrorismo ci ha messo quasi quarant’anni a parlarne.
Nel video che segue Margarethe Von Trotta parla della responsabilità che sentivano nel raccontare questa storia (tra l’altro per la prima volta sentiamo tedeschi parlare in tedesco e non attori inglesi con l’accento tedesco):
Hannah Arendt
Sceneggiatrice di Rosenstrasse, così come di numerosi altri film della Von Trotta, come ha anche affermato nel video precedente, è l’americana Pamela Katz, presente alla lezione di cinema. Ecco le sue impressioni riguardo Hannah Arendt:
Devo dire che sono rimasta estremamente sorpresa quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura di Margarethe e sono anche rimasta scioccata del fatto che esistesse una storia così interessante ma che non fosse così conosciuta negli USA. Non molte persone sapevano di Hannah Arendt e di tutta la storia. Io sono rimasta affascinata sia del fatto che avesse scritto una sceneggiatura così bella sia che mi chiedesse di rivederla insieme. Io non mi spiegavo il perchè.
Così ci siamo incontrate: la storia della protagonista si riallacciava in qualche modo alla mia esperienza personale perchè già da giovane avevo avuto l’opportunità, essendo di origine ebrea di conoscere molti immigrati negli USA che provenivano nella Germania e avevo notato che loro non amavano molto parlare del loro tragico passato a noi giovani ebrei. Avevo parenti che avevano raggiunto un’età considerevole e tendevano ad essere alquanto conservatori nel loro modo di pensare. Si è trattato quindi di una specie di viaggio in questo passato storico che ha dato l’opportunità anche al personaggio di conoscere la propria madre.
M. Von Trotta: Una cosa che mi ha colpito molto quando abbiamo iniziato a lavorare insieme è quello che abbiamo letto su come l’Olocausto era visto in America. Da noi negli anni’50, ’60 non si poteva parlare di questo perchè chi l’aveva vissuto non ne parlava: i nazisti tacevano, le vittime non erano più vive o non più in Germania e io come giovane donna non ho saputo niente.
Allora pensavo che in Israele o in America dove sono scappati i sopravvissuti, avrei trovato gente che ne avrebbe parlato volentieri ma non era così. Abbiamo trovato un libro nel quale c’era scritto che agli ebrei arrivati in America che ne volevano parlare gli è stato risposto: ‘Ormai siete in America, siete in Paradiso, siate contenti di essere qui e non parlate più del passato.‘ E lo stesso è accaduto in Israele. C’era silenzio dappertutto, o perchè hanno troppo sofferto o perchè erano i criminali che non volevano parlarne.
Pamela Katz: Vi erano molte ragioni alla base di questo comportamento. Nella esperienza personale della mia famiglia, i miei nonni ed i miei genitori che erano emigrati in America, semplicemente non desideravano essere considerati e farci crescere come vittime. Già nell’ondata precedente di migrazione gli ebrei che erano andati all’estero in esilio non volevano essere incolpati degli eventi bellici e quindi evitavano di parlarne. D’altra parte una volta in America si aprivano tante nuove opportunità ed era quindi invitante pensare al futuro e non al passato.
Termina qui la prima parte della lezione di cinema di Margarethe Von Trotta. Continua a leggere la seconda parte.
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