Dopo oltre quattro anni di assenza dal grande schermo, torna il regista Premio Oscar Roman Polanski con il suo nuovo, ventunesimo, film presentato fuori concorso all’ultimo Festival del Cinema di Cannes e con protagoniste la moglie Emmanuelle Seigner e Eva Green: Quello che non so di lei è al cinema dal 1° Marzo.
Quello che non so di lei
Delphine (Emmanuelle Seigner; Venere in Pelliccia, Le vie en rose) è una scrittrice di successo che si trova immersa nel classico ‘blocco dello scrittore’ mentre è alla ricerca di una nuova idea da mettere su carta. L’arrivo di Elle (Eva Green; Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, Sin City – Una donna per cui uccidere) stravolgerà la sua vita più di quanto non possa immaginare.
Quello che non so di lei – Il trailer
Persona e Personaggio
Si rimane in un certo senso spiazzati davanti all’ultimo lavoro di Roman Polanski, che torna a cinque anni dal suo Venere in pelliccia dietro la macchina da presa facendosi aiutare in scrittura dal collega Oliver Assayas e adattando il romanzo Da una storia vera di Delphine de Vigan. La stessa Delphine poi interpretata dalla moglie Emmanuelle Seigner che sembra, nelle mani del marito, riuscire a dare sempre il meglio di se stessa, qui accanto ad una sempre meravigliosa, affascinante quanto inquietante Eva Green.
La costruzione del ritmo e il ‘duello’ di scrittura all’interno del film è tutto giocato tra queste due donne e già in questo Polanski ci dona uno sguardo nuovo rispetto al suo cinema precedente, un cinema ancora una volta qui che crea contrasto nel binomio attrazione/repulsione, persona/personaggio, realtà/finzione dentro una struttura del perturbante tanto cara al regista polacco che si trasforma però poi in qualcos’altro di più concettuale, di più astratto e dunque più profondo nell’interpretazione, che è senza dubbio la penna di Assayas (i suoi film più recenti sono Personal Shopper e Sils Maria).
Cos’è dunque Quello che non so di lei? É un film che nelle mani di un altro regista sarebbe caduto nel baratro ma che al contrario Polanski riesce a mettere in scena senza tradire l’opera d’origine né la sua poetica, dettando le leggi nella mente dello spettatore sull’incertezza di ciò a cui si sta assistendo dentro però un testo che ad uno spettatore più attento risulterà didascalico e prevedibile sin dall’inizio.
Siamo distanti certo dalle recenti opere Venere in pelliccia o Carnage ma, come nel primo caso, Polanski è giunto ad un punto della sua carriera in cui sente di aver raccontato tutto e in cui decide adesso di chiudersi in un ermetismo che solo ai grandi è concesso ad un certo punto della loro carriera.
Una chiusura questa che lo porta a ragionare sul proprio mestiere e sul proprio ruolo di artista, a raccontare il delicatissimo processo di invenzione, distruzione e costruzione di una parte di sé da donare ad un personaggio per un libro come per una sceneggiatura, e quindi per un film. Ed è in questa lettura intellettuale e stratificata che risiede il più alto ingrediente di Quello che non so di lei, che porta la firma di un grande regista senza il quale probabilmente non avrebbe mai visto la luce con tanta grazia, eleganza e stile. “Che tu lo voglia o no, sei responsabile dell’amore che hai suscitato.” e dopotutto il film è tutto qui.