Il cortometraggio di cui parliamo oggi è stato presentato al Giffoni Film Festival e racconta un incontro molto particolare: il titolo è Chewing-gum e ne parliamo con il suo regista, Adriano Giotti.
Adriano Giotti è nato a Firenze nel 1984. Laureatosi in Scienze della Comunicazione, nel 2008 si iscrive alla Scuola Holden dove studia sceneggiatura e scrittura e nel 2010 vince una borsa di studio che gli permette di frequentare la scuola per il terzo anno. Ha diretto diversi cortometraggi e la sua sceneggiatura per un lungometraggio (Playground) è stata molto apprezzata da Alessandro Baricco che collabora tuttora con Adriano per reperire i finanziamenti necessari alla realizzazione del film. I suoi ultimo cortometraggi, del 2013, sono Piume e Chewing-gum, di cui parliamo in questo articolo.
Chewing-gum
Presentato in concorso al Giffoni Film Festival Chewing-gum racconta, tra sogno e realtà l’incontro tra una prostituta che vuole liberarsi di una gravidanza non gradita ed un bimbo scomparso che le insinuerà il dubbio su quale sia la scelta giusta. Bravi i due protagonisti Francesca Renzi (di cui è anche il soggetto) ed il piccolo Francesco Iattarelli, la cui alchimia sullo schermo è componente importante alla riuscita del corto.
Interessante anche la scelta delle inquadrature, molto ravvicinate quasi a voler entrare nell’anima dei protagonisti soprattutto attraverso il loro viso e gli occhi sempre molto espressivi. Una buona prova del regista Adriano Giotti, già autore di numerosi cortometraggi, che sceglie di mostrare una realtà difficile e con la quale è facile scadere nella banalità.
Le domande al regista
Iniziamo dal soggetto del corto, tra l’altro della protagonista Francesca Renzi e di cui tu hai curato la sceneggiatura. Come siete arrivati a questa storia? E come avete collaborato nella stesura della sceneggiatura?
La storia è nata un pomeriggio di fine maggio del 2012. Io e Francesca eravamo seduti a un tavolino a San Lorenzo per un caffè e lei mi raccontò di questa sua idea, l’incontro tra una prostituta anaffettiva e uno strano bambino molto dolce che si mette a seguirla per le strade di Ostia, fino ad arrivare al mare e al finale che non voglio svelare. L’incontro tra due opposti, uno di quegli incontri che cambia la vita di entrambi perchè basato sul reciproco vedersi. Praticamente uno dei miei temi prediletti. La sceneggiatura finale invece l’ho scritta io, ma io e Francesca ci siamo confrontati continuamente, parlandone sia durante la fase di scrittura che durante le prove prima di girare.
Protagonista del corto, oltre a Francesca Renzi, è il piccolo Francesco Iattarelli. Come hai scelto i tuoi protagonisti? Ed in particolare come hai lavorato con il piccolo Francesco e cosa ti ha colpito di più di lui?
Con Francesca avevo già lavorato su Puddles, è una delle attrici con le quali lavoro meglio, ha una dedizione totale verso il personaggio ed inoltre il suo volto diventa speciale in video, è molto particolare proprio perché pieno di contrasti. Francesco è un talento naturale, appena l’ho visto, con i suoi occhioni azzurri, ho capito subito che sarebbe stato il co-protagonista ideale per Chewing-gum. Quello che mi colpisce di lui, che l’ho richiamato anche per un videoclip che uscirà a breve, è la sua capacità di esprimere emozioni in maniera vera, non mediata dalla razionalità. E anche il suo divertirsi nell’essere semplicemente qualcun altro per pochi giorni. Con i bambini è importante trovare la sintonia. Una volta individuata, si è a posto. Non bisogna temerli, a loro, in definitiva, come a noi, piace giocare.
Com’è andata la lavorazione del corto? Ci sono degli aneddoti che ti va di raccontarci?
E’ stato uno dei climi più belli nei quali abbia mai lavorato. Tre giorni, oltre venti persone tra troupe e cast, tutti giovani, usciti da scuole di cinema e con un immenso entusiasmo di stare sul set. Serietà nel momento delle riprese e tanta voglia di scherzare nei momenti di pausa. Ci siamo davvero divertiti. L’entusiasmo è tutto, quando si lavora a zero budget. E noi ce l’abbiamo messo tutto. Forse è proprio per questo che siamo arrivati al Giffoni.
Unica nota negativa è che, dato che è un corto zero budget, non si ha il totale controllo delle location e quindi si è costretti ad inventarsi soluzioni sul momento. Per farvi un esempio, la scena sulla spiaggia l’abbiamo girata ad inizio novembre, ma il termometro segnava 27 gradi. Immaginatevi la spiaggia affollata e dite addio al vostro totale cinematografico.
Il tuo corto ha partecipato al Giffoni Film Festival e al CineChildren International Film Festival. Qual è stato il riscontro di pubblico e critica? E ora dove potremo vedere ‘Chewing-gum’?
L’esperienza al Giffoni è stata speciale. Mi ha davvero commosso vedere oltre cento adolescenti lì solo per emozionarsi. Mi ha fatto capire di nuovo perché faccio cinema. Lo faccio per loro. Per dare loro storie che possano restargli dentro, come quelle che sono rimaste dentro di me quando avevo la loro età: al Giffoni le giurie sono composte da bambini e adolescenti, loro non guardano la fotografia, né il montaggio, loro guardano l’emozione. O arriva o non arriva. Ed è questo che deve fare il cinema. Emozionare. Il resto è solo studium, come direbbe Barthes. A me invece interessa il punctum. E anche agli spettatori.
Infine uno sguardo al futuro. So che una tua sceneggiatura per un lungometraggio è piaciuta molto ad Alessandro Baricco. A che punto è il tuo progetto? Ci sarà anche una partecipazione dello scrittore?
Alesssandro mi ha fatto da tutor durante il mio terzo anno alla Holden, ha seguito praticamente quasi tutta la scrittura, dall’ideazione alla stesura finale. Non è una storia facile da produrre in questo periodo storico, è praticamente il frutto di tutto quello che ho vissuto prima dei 20 anni, è molto autoriale e per questo è molto piaciuta sia ad Alessandro che allo sceneggiatore Antonio Leotti (Radiofreccia, Vallanzaska, Il Partigiano Johnny…), ma purtroppo non è una commedia. Al momento la sto portando avanti con una casa di produzione nata questo luglio, ma siamo ancora agli inizi. Io ci credo molto a questa storia e ho un’urgenza estrema di portarla sullo schermo. La nostra generazione, se non la raccontiamo noi, chi la racconterà? E se nessuno lo farà, andremo persi, come lacrime nella pioggia.
Prima di concludere, saluto e ringrazio Adriano Giotti sperando di averlo presto di nuovo ospite della rubrica.