Continuiamo a raccontare la lezione di cinema legata ai fatti del G8 di Genova ed al film Diaz – Don’t clean up this blood. In questo articolo la testimonianza di Ettore Scola, a Genova insieme ad altri registi per il desiderio di girare una ‘lettera da Genova‘ ed una breve lettura delle carte processuali legate a quegli eventi.
Lo sguardo di chi era lì: Ettore Scola
Per concludere con la carrellata sul film Diaz – Don’t clean up this blood, ecco l’opinione del regista Ettore Scola, presidente del BIF&ST 2012.
Ettore Scola era presente a Genova, in quei tragici giorni, per delle riprese legate ad un progetto organizzato insieme ad altri registi. All’inizio tutto era andato liscio, anzi c’è stato anche qualche momento divertente come racconta in questo primo video:
Dopo qualche giorni invece quello che era partito come la voglia di riprendere una festa si è poi dimostrato tutt’altro…
Un resoconto dei fatti: la lettura delle carte processuali
Tra i presenti al dibattito legato al film c’era anche Sergio Lorusso, professore ordinario di Diritto processuale penale che ha fatto un breve excursus delle carte processuali legate agli avvenimenti della scuola Diaz, e Gennaro Migliore, deputato della repubblica di rifondazione comunista, a Genova in quei giorni. Ecco un breve resoconto delle loro parole:
Sergio Lorusso:
C’è da dire innanzitutto che i mezzi messi in campo per quella che sembrava una perquisizione di polizia erano davvero ingenti. C’erano almeno 346 poliziotti entrati nella scuola Diaz oltre a 150 carabinieri che hanno presidiato la zona esterna per poter intervenire su in gruppo di meno di 100 persone che erano all’interno.
Il processo a carico di 28 persone è ancora aperto e non c’è ancora un responso: quello che si è voluto far passare è, erroneamente, la responsabilità penale di singoli individui e siamo ormai a quasi 11 anni dai fatti. E’ una vicenda che ha minato l’immagine delle forze dell’ordine e quei silenzi e quelle omissioni non fanno che aggravare la situazione.
L’influenza dei fatti accaduti 11 anni fa è talmente elevata che persino nel primo romanzo del Commissario Montalbano dopo il G8, troviamo il protagonista con una crisi di coscienza mentre si interroga su ciò che è successo a Genova. “Io non mi sento tradito, sono stato tradito“, dice il Commissario.
Guardiamo innanzitutto il processo: molti sono i punti oscuri. Le indagini superficiali, i fenomeni di depistaggio, le sparizioni di corpi di reato, i filmati con le riprese degli scontri che erano stati sequestrati. E poi la vicenda delle due bottiglie molotov che ufficialmente sono state sequestrate all’interno della scuola mentre poi si è scoperto, grazie ad un filmato, che erano state sequestrate il giorno prima e poi portate in una busta di plastica all’interno della scuola e di cui durante il processo primo grado c’è stata l’ammissione. Alcuni filmati sono poi spariti dopo che la polizia li ha spediti all’estero senza autorizzazione della magistratura per farne una copia su DVD. Anche le molotov sono sparite misteriosamente.
Durante quelle giornate hanno lavorato più forze di polizia senza effettiva coordinazione tanto che chi ha raccontato di quella notte l’ha descritta come una macelleria messicana o una macedonia di polizia. Durante il processo di primo grado vengono condannati alcuni poliziotti ma vengono assolti tutti i vertici. A detta dei giudici l’origine della violenza è stata spontanea e poi si è propagata e la propagazione è potuta avvenire solo perchè chi ha agito sapeva che non sarebbe stato perseguito.
In appello la sentenza è stata ribaltata. La tesi della violenza spontanea non era sostenibile ma c’era stato un accordo preventivo: da qui la condanna alla catena di comando. Però il decorso del tempo sta facendo iniziare la prescrizione per molti reati alla persona ed il rischio peggiore è proprio questo.
Tra l’altro in Italia non è ancora previsto il reato di tortura. Tempo fa c’è stata un’iniziativa bipartisan per introdurre nel codice penale una norma a tal proposito (l’art 613 bis) ma si è arenata in parlamento. C’è quindi una difficoltà nel perseguire questo tipo di violenza nelle carceri e tra le forze dell’ordine.
Gennaro Migliore:
C’è stato un momento in cui si è cercato di far dimenticare e chi voleva approfondire è stato tacciato come riesumatore di cadaveri. Però c’è ancora speranza, il tempo per fare verità sui fatti c’è sempre, nonostante le prescrizioni, grazie alle commissioni d’inchiesta parlamentari. Anche la vicenda dell’omicidio di Peppino Impastato produsse una commissione d’inchiesta vent’anni dopo, grazie anche al film I cento passi che riuscì a scuotere le coscienze e a mettere in discussione quelli che sono i fondamenti dell’omertà profonda che ci sono in tanta parte della popolazione italiana.
Si conclude qui la terza parte della lezione di cinema dedicata a Diaz. Continua a leggere l’ultima parte.