Ritroviamo come ospite di questa rubrica un regista che io stimo molto, Pierluigi Ferrandini, e che oggi ci parla del suo cortometraggio Oroverde, da qualche giorno finalista ai Corti d’Argento 2013.
Dopo Lutto di civiltà, sul politico Giuseppe Di Vagno, Pierluigi Ferrandini si cimenta in un nuovo cortometraggio storico, Oroverde, sempre incentrato su un avvenimento accaduto in Puglia, sua terra d’origine, che ha già vinto numerosi premi tra i quali quello come Miglior Cortometraggio all’Ischia Film Festival e al Leuca International Film Festival ed il Premio della Giuria all’HollyShorts Film Festival ad Hollywood.
Oroverde
Il dramma di Bianca Panarese, oggi quasi novantenne che nel 1935 ha perso il fratello Pietro ucciso dai fascisti, durante la prima manifestazione femminista tenutasi in Italia contro il trasferimento del consorzio agrario del tabacco A.C.A.I.T di Tricase dove, appena tredicenne, aveva da poco iniziato a lavorare.
Una straordinaria ricostruzione storica ed una straordinaria interpretazione, quella della piccola Rebecca Metcalf che conquista con i suoi grandi occhi dolci e tristi con i quali guarda l’amato fratello. Bellissima la fotografia, minuziosa la scenografia, il tutto orchestrato da un’ottima regia, quella di Pierluigi Ferrandini che ancora una volta dimostra quella maturità che ormai attende solo il grande passo verso il primo lungometraggio.
Le domande al regista
Ciao Pierluigi, bentornato su cinemio. Innanzitutto parliamo della storia. Oroverde è scritto e diretto da te ma è ispirato ad una storia vera.
Oroverde è il lavoro che scrissi per la prima edizione di Progetto Memoria, il concorso per cortometraggi indetto e sostenuto dall’Apulia Film Commission. Purtroppo in quella circostanza, la sceneggiatura del mio lavoro non fu selezionata, ma intanto l’avevo scritta e quindi me la sono ritrovata! Poi la Dionysiafilm di Dionisia Cirasola decise di presentarla al Ministero per il cosiddetto “interesse culturale” e il MIBAC non solo l’ha accolta, ma la ha successivamente finanziata con il massimo dei contributi.
La vicenda è realmente accaduta e racconta di una delle prime rivolte femminili della storia di Italia avvenuta nel 1935 a Tricase, nel Salento, per opera di un gruppo di operaie tabacchine che decisero di opporsi alla delocalizzazione del tabacchificio, una questione fin troppo vicina al nostro presente. Durante la protesta, le Forze dell’Ordine spararono sulla folla, uccidendo cinque persone, tra cui Pietro Panarese, un ragazzino di quattordici anni coltivatore di tabacco.
Il suo corpo venne sepolto dai fascisti in un luogo segreto, sottraendolo per sempre all’affetto dei suoi cari. Tra questi, Bianca Panarese che, all’epoca della tragedia, aveva solo dodici anni ed era da qualche mese già entrata in servizio come operaia tabacchina proprio nel tabacchificio di cui si minacciava la chiusura. E’ lei la protagonista del racconto. Sarebbe interessante che le dodicenni di oggi vedessero cosa era costretta a subire una dodicenne di allora.
Come sei arrivato alla storia e come e quanto l’hai reinterpretata per ottenere la sceneggiatura del corto?
Mi ritengo molto fortunato perché, iniziando le ricerche per la sceneggiatura, ricordo che mi misi alla ricerca di Bianca Panarese e riuscii a trovarla sull’elenco telefonico! Era ancora viva – ottantotto anni – e aveva ancora tanta voglia di raccontare a tutti la sua storia. Grazie poi al prezioso contributo di Vincenzo Santoro – studioso delle tradizioni popolari salentine e di tutto il passato glorioso del tabacco in Puglia – sono riuscito a tracciare un ritratto di situazioni realmente accadute in quei lontani giorni del 1935, persino di frasi letteralmente pronunciate.
Anche questa volta, come il Lutto di civiltà, alla base del racconto ci sono temi importanti: impegno politico, lotta contro le ingiustizie. Come mai questa scelta?
Credo in un cinema etico, che faccia riflettere. “E chi sei tu per far riflettere me?” Beh, questo è l’atto di estrema presunzione alla base di ogni operazione artistica. Nel caso di film storici comunque, il compito è per me meno gravoso e più entusiasmante, perché non sono costretto a imporre un mio senso, ma ho l’obbligo di trasferire quello che la Storia ha messo in piedi. In questi lavori esercito tutta la mia autorialità nel riportare gli avvenimenti nella maniera più veritiera possibile.
Il bello di poter scrivere: tutti i fatti di seguito narrati sono realmente accaduti, le parole realmente pronunciate, le azioni realmente compiute. La Rai pullula invece di fiction storiche in cui i nomi dei “cattivi” sono camuffati perché i loro figli occupano oggi dei seggi in Parlamento…
Resto sempre affascinata dalle interpretazioni dei bambini nei film. Come hai scelto i due giovani protagonisti e come hai lavorato con loro sul set?
Marco Lecciso – Pietro – aveva già qualche esperienza e sapevo che avrebbe comunicato in scena quello che lui è nella vita: un ragazzo onesto, buono, un lavoratore. E così si è dimostrato nei giorni di set. La vera scoperta per me è stata Rebecca Metcalf. Durante i giorni di provini, organizzati dall’infaticabile Mariapia Autorino presso il Cineporto di Lecce, ho incontrato questa ragazzina e mi sono subito innamorato della sua leggerezza, della sua profonda concentrazione e soprattutto della sua fame di emozioni.
Rebecca ha bisogno di sentire profondamente e questa è la prima necessità di un grande attore. Spero di lavorare ancora in futuro con lei. Spero di crescere insieme a lei.
Oroverde ha partecipato a festival italiani e stranieri ed ottenuto numerosi riconoscimenti di critica e di pubblico. Qual è il ricordo più bello di queste partecipazioni?
Il ricordo più bello è senz’altro la “chiamata” hoolywoodiana. Oroverde è stato infatti scelto da una giuria americana per partecipare all’Hollyshorts Film Festival di Hollywood, iniziativa voluta dal Nocicortinfestival di Noci, Puglia. Ci vorrebbe molto più tempo e spazio per raccontare quanto sia preziosa l’esistenza di quella realtà pugliese che trasforma ogni anno la sua cittadina in un circo di cultura itinerante.
Sta di fatto che sono stato ospitato per una settimana a Los Angeles e alla fine Oroverde, sorry… Greengold ha vinto pure il Premio della Giuria!
E ora uno sguardo al futuro. Cosa c’è nel tuo cassetto? Hai voglia di cimentarti in un lungometraggio?
Il mio cassetto non riesce più a chiudersi, tanti sono i progetti ormai. Purtroppo oltre un certo limite non posso andare da solo e forse i quasi duecento festival vinti in tutti i continenti del mondo con i miei lavori non sono ancora sufficienti per approdare a un lungo. Dovrò sperare che chi lo-deve-fare il lungo non si prenda tutto e che lo Stato lasci qualcosa anche a chi lo-può e lo-vorrebbe-tanto-fare. Naturalmente ci sarebbe Rebecca.
Ringrazio di cuore Pierluigi Ferrandini augurandomi di averlo presto di nuovo ospite della mia rubrica per un nuovo interessante progetto.
No Responses