Speciale Sudestival 2013: ‘L’arrivo di Wang’ dei Manetti Bros.

Nuovo appuntamento con i film in concorso al Sudestival 2013: oggi parliamo di L’arrivo di Wang di Marco ed Antonio Manetti con i quali abbiamo anche fatto una bella chiacchierata. La recensione è invece, come ogni settimana, di un componente della Giuria dei Giovani.

Photo credits: Sudestival 2013

L’arrivo di Wang

di Antonio Pilagatti

Con L’arrivo di Wang i fratelli Manetti confermano di essere abili cineasti in grado di cimentarsi in un’opera coraggiosa ed atipica che attinge frequentemente alle pietre miliari del genere fantascientifico, tentando di reinterpretarne le situazioni. Il cardine della vicenda è Gaia che riceve telefonicamente un incarico importante e molto ben retribuito. Deve tradurre, bendata, in cinese il dialogo tra l’agente Curti ed il misterioso signor Wang. Tanta segretezza causerà grande spaesamento nella ragazza, che presto pretenderà di poter vedere il proprio interlocutore. Una volta accesa la luce, Gaia capirà come ad essere coinvolto sia l’intero genere umano.

L’opera si presenta come l’apoteosi della controtendenza, che riesce, in un crescendo di tesione e angoscia, a capovolgere continuamente la situazione ed oscillare fra posizioni diverse, giocando costantemente sulla percezione sensoriale. Gli spazi angusti ed i gesti nevrotici assumono una fisionomia fortemente metaforica, divenendo la proiezione della condizione psico-fisica dei personaggi. La vicenda diviene il pretesto per una riflessione molto più ampia, di respiro universale; ad essere preso in esame è l’uomo e la propria propensione verso il pregiudizio. I due protagonisti divengono immagine esasperata di ogni individuo nel momento in cui, dinnanzi a sé, scorge un bivio che necessita di una presa di posizione dettata  dal proprio libero arbitrio e dalla propria soggettività.

Le domande ai registi

Abbiamo contattato Antonio Manetti che ha gentilmente risposto alle nostre domande.

Ciao Antonio e benvenuto su cinemio.it. Parliamo di ‘L’arrivo di Wang’. Oltre ad esserne registi, tu e Marco siete anche autori di soggetto e sceneggiatura. Come siete arrivati a questa idea così originale?

Cercavamo la storia per un corto e mi è venuta un’idea che era un embrione di wang. Una giovane interprete viene portata per una traduzone in un posto segreto, viene bendata e deve fare l’interrogatorio al buio. Poi quando si accende la luce scopre che la persona davanti a lei non è proprio una persona…

Ho raccontato l’idea a Marco, e scrivendo ci è venuto molto più lungo e abbiamo scritto il film.

Il regista Antonio Manetti

Il film vede come protagonisti Francesca Cuttica ed Ennio Fantastichini. Com’è stato lavorare con loro?

E’ stata la cosa più bella nel girare il film. Due persone eccezionali e due grandi attori. Hanno metodi molto diversi ma tutti e due arrivano al punto con grandissima padronanza. Ennio molto istintivo e Francesca molto studiosa e preparata. Il film deve alle loro interpretazioni quasi tutto.

C’è qualche aneddoto che puoi raccontarci?

Odiamo questa domanda. Non ci viene mai nulla in mente… e anche stavolta..

Il regista Marco Manetti

Il personaggio di Wang è interamente digitale, realizzato in computer grafica 3D. Com’è stata questa esperienza, così insolita in Italia? La ripetereste?

Bella come esperienza. Eravamo molto spaventati all’inizio. La Palantir Digital (che ha curato gli effetti speciali digitali) ha fatto un lavoro enorme e molto riuscito. Abbiamo scritto, abbiamo girato e abbiamo montato sempre un po’ terrorizzati all’idea che se non fosse stato accettabile il lavoro su Wang, il film sarebbe stato da buttare.

Invece i ragazzi della Palantir hanno lavorato duro per un anno e mezzo e hanno fatto un vero miracolo.

Lo rifaremmo volentieri perché ora sappiamo come si fa e sappiamo cosa ci aspetta. Ma certo siamo stati fermi dopo il montaggio tanto per finire gli effetti del film… a noi invece piace vedere subito le cose che facciamo. E dopo poco vogliamo passare ad un altro progetto. Quindi non so.. forse… ma non subito.

I Manetti Bros. con il direttore artistico Michele Suma

Il film ha partecipato al Sudestival e venerdì 22 febbraio c’è stata la doppia proiezione. Quali sono state le vostre impressioni sul pubblico e sul festival in generale?

Un bellissimo festival. Con un organizzazione piena di passione. Bella e coraggiosa la scelta di portare film piccoli o poco distribuiti. Ma una scelta vincente perché il pubblico è molto reattivo e pieno di vero interesse. Siamo andati a tanti festival e partecipato a tanti dibattiti alla fine del film, ma qui al Sudestival c’è stata veramente tanta partecipazione.

La proiezione al Sudestival 2013

I vostri film trattano sempre di temi molto attuali ed universali, in questo caso si parla di pregiudizi e paura della diversità. Sei dell’opinione che il cinema, anche quello di genere, possa essere uno strumento efficace per affrontare e risolvere determinati temi?

Più affrontare che risolvere , ma certo. Soprattutto quello di genere. Noi crediamo che i documentari siano belli ed utili. Invece se si parla di film si parla di fiction. Cioè di finzione. Le storie di finizione sono quelle che più trasportano e rapiscono lo spettatore per quelle due ore. Se in una storia di finzione c’è anche un messaggio, questo messaggio arriva più forte di dire solamente il messaggio senza interessare e catturare il pubblico. Io mi sono creato tantissime idee sulla vita attraverso i film in generale e soprattutto attraverso i film di genere.

I Manetti Bros. al Sudestival

E ora una domanda che sicuramente avrete ricevuto tante volte. Di precedenti nel cinema ce ne sono tanti ma la curiosità è sempre la stessa: come fate a lavorare insieme? Ci sono mai attriti tra voi?

Sempre!! E’ la cosa negativa del lavorare in due. Ma siamo fratelli e così come discutiamo o litighiamo, immediatamente torniamo tranquilli e magari più lucidi di prima.

Non credo si possa fare questo lavoro in due se non si è fratelli… se ci fai caso le coppie di registi sono quasi al 99% fatte da fratelli: Cohen, Wachowsk (si scrive così?), Taviani, Hughes…

Guardiamo un pò al futuro. Avete già un progetto nel cassetto? Potete anticiparcelo?

Abbiamo appena finito le riprese del nostro nuovo film e siamo al montaggio. Si chiama Song ‘E Napule. E’ la storia di un poliziotto pianista che si infiltra nella band di un cantante neomelodico napoletano. Con Alessandro Roja, Giampaolo Morelli e Paolo Sassanelli tra gli attori.

I registi Marco e Antonio Manetti

Ringrazio Antonio Manetti per la disponibilità sperando di avere presto i fantastici Manetti Bros. di nuovo ospiti del nostro blog.

Continua a leggere l’intervista a Guendalina Zampagni o ritorna all’intervista a Luigi Cinque.

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