Speciale intervista: Andrea Bosca parla di Febbre da Fieno

Sono molto contenta di presentare oggi ai lettori di cinemio Andrea Bosca, protagonista di Febbre da fieno, l’opera prima di Laura Luchetti in questi giorni al cinema. Andrea, che ho avuto l’occasione di incontrare durante il Bif&st, dove è venuto a presentare Noi Credevamo di Mario Mortone, ha gentilmente accettato di concedermi un’intervista.

Andrea Bosca durante il BIF&ST

Andrea ha poco più di trent’anni ma ha già una lunga esperienza come attore di cinema e di teatro. Oltre ad essere ora al cinema con Febbre da fieno, ha recitato in Noi Credevamo di Mario Mortone ed in precedenza in Si può fare di Giulio Manfredonia e Amore, Bugie e calcetto di Luca Lucini. Ma passiamo subito alle domande.

Ciao Andrea, grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande: com’è avvenuto l’incontro con Laura Luchetti?

Un giorno il mio agente mi dice: c’è una regista che ha visto il tuo film Si può fare e ti sta cercando. Chiamala! Mi da il numero. Non so perchè, mi ritrovo in cucina col telefono in mano e sono convinto di parlare con una vecchietta. Pronto, signora… le dico, appena alza la cornetta.

Dall’altra parte sento una sonora risata. Ma che signora e signora!! Ragazzino, dammi del tu! sono Laura. sto dando da mangiare del Nonno Nanni a mia figlia, ti va di parlare un pò? Io mi do del fesso e immagino la situazione. Invento lì per lì un’assurda storia sul perchè lo Stracchino si chiama Nonno Nanni. Laura continua ad inventare con me.

Andrea in Febbre da fieno

Ci siamo riconosciuti in questo volo di nonsense molto divertente. Da lì abbiamo fatto lunghe passeggiate, chiacchierate, prove, provini, un film insieme e siamo diventati grandi e veri amici.

Pur essendo molto giovane hai già esperienze con registi di grande livello e autori alle loro opere prime. quali differenze hai notato?

L’esperienza nel nostro mestiere conta, non prendiamoci in giro. Chi ha affrontato il set molte volte sa come arginare i mille microproblemi che nascono ogni secondo. Se penso a Martone, penso a qualcuno che ha costruito una squadra per poter inventare, scombinare i piani, creare lì sul momento qualcosa che per la sua grande cultura poteva essere già stato immaginato nei minimi particolari. Gli autori fanno così: sembrano avere tutto in testa. Tutto perfetto. Ma poi cercano la vita e allora all’ultimo scombinano. C’è un senso di rischio che adoro e rispetto.

Con i più giovani, c’è l’amore per quello che si fa, un’attenzione alle piccole cose, un fidarsi dei collaboratori e magari anche una maggiore apertura al dialogo. Almeno, con Laura era così’. Però c’è anche tanta determinazione, perchè oggi in Italia sembra impossibile farsi produrre un film se non sei un nome. Ho visto nell’opera prima di Laura uno stile, un’estetica e un etica tutta sua. Bisognava aiutarla a darle forma tutti i giorni, ad affinarla. E’ emozionantissimo. Tu sei un attore che cresce ogni giorno. Vedi i tuoi compagni che crescono e tutti danno la possibilità al regista di diventare chi veramente è.

In particolare com’è stato lavorare con Laura Luchetti?

Laura è una persona che ha sempre detto: voglio fare un film diverso. La sua esperienza di 10 anni a Londra le ha dato un gusto tutto suo. Non ama la bassa commedia, non ha intenzione di volare nell’alto impossibile Olimpo autoriale. Voleva fare un film di emozioni e mi ha sempre chiesto di dare tutto l’amore che potevo. Mi ha fatto stare bene perchè ha creato un clima per cui mi sono sentito esposto e protetto allo stesso tempo. Abbiamo discusso e provato, cambiato e ricambiato le scene. Poi Laura mi ha sorpreso al montaggio, perchè ha cambiato ancora l’ordine di alcune scene e la narrazione: forte la ragazza, eh?

Com’è stata l’aria sul set? Hai qualche aneddoto da raccontare?

L’aria sul set è stata ottima, grande impegno da parte di tutti perchè avevamo molto poco tempo e dovevamo aggiustare delle cose in corsa. Attori e regia sono sempre stati uniti e la troupe era disponibile a rimanere anche più a lungo. Stavamo andando lunghi e ci stavano per fermare ma abbiamo fatto quadrato e abbiamo terminato in tempo.

Un aneddoto particolare: io mi sono trovato benissimo con tutti, spesso mi sono sentito beato tra le donne. Con tutte ho avuto un momento di condivisione e ci siamo confidati moltissimo. In una delle scene più importanti, quando Matteo legge a Camilla una lettera di uno sconosciuto, mi sono commosso moltissimo.

Un momento sul set

Era il primo giorno. Una scena tosta. Diane mi stava accanto e mi sorrideva. Ho capito che avevo trovato un’amica, che non c’erano le piccolezze degli attori, ma l’amore di due persone per il nostro mestiere, per la storia di Camilla e Matteo, per la storia dolce che Laura stava raccontando.

In un’altra scena, in cui sono di spalle e guardo il Maxxi, il posto speciale di Matteo, stavo scrivendo una poesia ed ero tutto nella mia bolla. Laura ha fatto accendere la cinepresa, non ha battuto il ciak e mi ha rubato quel momento, senza che me ne accorgessi. Poi d’improvviso mi ha chiamato. “Matteo!” Mi sono girato. era perfetto per quel momento del film che cercavamo. la scena c’è, montata senza sonoro, quasi alla fine. Mi emoziona sempre.

Ringrazio di cuore Andrea per la disponibilità augurandogli di ritrovarlo presto in un altro film di successo e invito i lettori di cinemio a continuare a leggere l’intervista esclusiva per cinemio alla regista Laura Luchetti.

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