#Venezia74: C’è aria di festa oggi qui, alla Mostra del Cinema di Venezia, e stamattina alla proiezione stampa delle 8.30 anche la dura critica si è sciolta quando, nel prologo di Ammore e Malavita dei Manetti Bros., loro ottavo film, un drone ci accompagna dall’alto verso un funerale che si sta celebrando a Napoli e, andando oltre la vedova addolorata interpretata da Claudia Gerini giunge sin dentro la bara dove il morto… inizia a cantare.
Ammore e Malavita
Si perché, e questo non era un mistero, i Manetti tornano a Napoli dopo il successo di pubblico e critica (al Festival del Cinema di Roma del 2014) di Song’è Napule e lo fanno costruendo una commedia musicale che si spinge verso territori di genere da loro già esplorati, dallo spionaggio al parodistico e fino alla sceneggiata, facendo una summa di parte del loro cinema con uno stile che è assolutamente il loro, riconoscibile e felicemente a limite del trash.
Ma dopotutto i Manetti ci piacciono (anche) per questo e rimangono sempre ai bordi di un sistema che adesso sembra volerli inglobare (i lavori sempre targati Rai, l’ammissione in concorso ai più importanti Festival del paese). Forse perché il genere sta tornando in voga, forse perché finalmente riconoscono la traccia d’autore che i due registi si portano dietro sin dai tempi di Zora la vampira (2000).
Fatto sta che oggi presentano qui il loro film, Ammore e malavita, insieme al ricco cast, e c’è aria di festa per un progetto che è fatto per il popolo ma che è solo apparentemente divertente e dolcemente stupido. C’è sempre molto di più oltre la confezione che i Manetti presentano e qui, la presenza (fastidiosa, forse, e non immediata da digerire) delle musiche cantate dagli attori in scena sono parte del copione più parodistico e satirico che hanno presentato sino ad ora.
Clip tratta dal film “Ammore e Malavita”:
Meraviglioso è poi vedere dato spazio ad un’attore come Carlo Buccirosso, fin troppo poco considerato dal nostro cinema e grande maschera (tragi)comica, una Claudia Gerini che riesce (quasi) sempre a mantenere un equilibrio d’attrice e che strappa parecchie risate, Serena Rossi (già presente nel film precedente) che conferma la sua profonda bravura oltre l’oggettiva bellezza e un Giampaolo Morelli sfruttato ancora una volta a dovere dai Manetti che, in cuor loro, forse sanno i limiti recitativi che ha e che sfruttano quindi il suo volto e corpo tanto qui come militare che sembra ricalcare la fissità dello Schwarzenneger di Terminator quanto, nel film precedente, del bonaccione cantante neomelodico.
E a questo giro i Manetti hanno parole per tutti: per una Napoli colorata ma da cui fuggire, per Scampia e tutto quello che è diventata grazie a cinema e media, per la Camorra e per i nuovi idoli della nostra generazione, buttandoci dentro anche una storia d’amore a cui i Manetti non credono ma che funge da veicolo per trasportare tutto ciò che sta loro veramente a cuore raccontare.
Il risultato è un film squisitamente imperfetto in tante cose, forse lungo (132 minuti!) e che lascia alcune incertezze narrative in molteplici personaggi secondari unicamente ‘a servizio’ che potevano forse essere curati, inclusi o esclusi maggiormente. E poi c’è la musica, tanta musica neomelodica scritta interamente da Nelson, un cantautore napoletano, e che rallentano spesso la narrazione e allietano rendendo nell’insieme un film per il popolo che invece si rivela, come sempre con i due registi romani, intellettualmente attivo e stratificato, strizzando anche un’occhiolino ai critici con il citazionismo cinematografico del personaggio della Gerini, forse per ricordare loro che questi due sono gli stessi che fino a qualche tempo fa venivano denigrati e tenuti a distanza dagli stessi posti in cui oggi vengono accolti accanto a nomi come George Clooney e Darren Aronofsky.