Real Fiction è un film sudcoreano del 2000 diretto da Kim Ki Duk e con protagonisti Ju Jin
Mo e Kim Jin Ah. È stata la prima opera sperimentale del regista, un film
girato in 200 minuti, con 10 macchine da presa e con 11 assistenti alla regia. Il film è stato
proiettato al 19 Florence Korea Film Fest.
Real Fiction
Un giovane disegnatore si guadagna da vivere facendo ritratti in una piazzola. Lì è
vittima di diversi attimi di bullismo da parte di alcuni passanti che lo prendono
costantemente in giro e a sberle. Ma una donna che lo stava riprendendo con una telecamera, lo invita
in un cinema lì vicino, dove avrà luogo la sua “trasformazione“…
Una fiction reale rosso sangue
Real Fiction è il film più strano che abbia visto finora del noto regista recentemente
scomparso. A primo impatto non riesci a credere sia un opera sua, è un tipo di cinema che
magari ti aspetteresti di più da Miike. Con Real Fiction Kim Ki Duk oltre ad inserire il solito
soggetto disagiato e disadattato in una società che si gira dall’altra parte, tende a
diminuire/annullare lo spazio che divide lo spettatore dall’opera.
Quando il disegnatore viene
bullizzato, non c’è nessuno pronto a intervenire, tutti si girano dall’altra parte e fanno finta di
niente. Le riprese sono così ravvicinate che è come se fossimo lì, in quella piazzetta. Lui è
noi e quindi al tempo stesso noi siamo loro. Non vi sono differenze, solo sensi di colpa e rabbia.
Nel film, sostanzialmente il regista ci mostra ciò che pensiamo ma che non avremmo il
coraggio di fare, farla pagare a chiunque ti abbia mai fatto un torto. Quando il giovane entra
in quel cinema, la sua vera natura si risveglia. Un cinema vuoto, assente, asettico (che
ricorda un po’ la situazione che stiamo vivendo negli ultimi tempi) dove lui è l’attore e il
pubblico al tempo stesso.
Non c’è nessuno a criticare le tue scelte o a giudicarti quindi puoi essere
chi vuoi e di conseguenza fare quello che vuoi. Lui è come una sorta di Jason Voorhees che va in
giro a massacrare chiunque gli abbia fatto un torto.
Se negli altri film del regista, la violenza
era una conseguenza della condizione sociale in cui l’essere umano si trovava, qui la
violenza nasce come pretesto per dar sfogo alle proprie fantasie, è una violenza libera da
moralismi e dai giudizi altrui.
È un po’ come se il protagonista pensasse che ad uccidere non
fosse lui, ma la sua coscienza, ormai satura di tutto. Ciò che normalmente non faremmo
mai, viene ripreso in tempo reale, tralasciando i concetti di moralità e coscienza. In conclusione Real Fiction
è la realtà delle fantasie proiettata su schermo. Un film in cui si parla di violenza intrinseca nell’uomo…
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