Il prossimo 31 Agosto arriva nelle sale il nuovo, decimo film, di Christopher Nolan che dopo Interstellar (2014) decide di passare al genere bellico per raccontare il miracolo di Dunkerque in Dunkirk. Anche nelle sale IMAX.
Dunkirk
Nel 1940, durante l’invasione della Francia da parte dei tedeschi, 400.000 soldati si sono ritirati nelle spiagge di Dunkerque, in attesa di essere evacuati.
TRAILER DEL FILM “Dunkirk”:
UNA SETTIMANA. UN GIORNO. UN’ORA.
Assistere alla proiezione di Dunkirk vuol dire trovarsi davanti ad uno spettacolo meraviglioso, un quadro impressionista, che diventa cinema fino al midollo ma che parte da un fondo di verità non legata solo al soggetto documentato da cui parte ma anche nella costruzione accurata e minuziosa che Nolan (qui sceneggiatore, produttore e regista) gli dona.
Sono passati 19 anni ormai dal suo esordio al lungometraggio (Following, 1998) e da allora si è sempre più parlato di questo regista, ora amato ora odiato, ricordato ad oggi per film come Memento (2000), The Prestige (2006), la trilogia del Cavaliere Oscuro (2005-2012) o Inception (2010). Di fronte a questo Dunkirk, però, ci accorgiamo che Nolan è giunto ad un punto di non ritorno, confrontandosi con un tema fin’ora a lui ignoto e giungendo a sfiorare il capolavoro, sicuramente il suo film più maturo e chiuso.
Ascoltate le critiche più aspre e le discussioni più mature attorno al suo cinema e ormai fatto proprio il mezzo macchina da presa dopo nove film, spesso complessi se non nella trama almeno nella costruzione visiva, qui Nolan sembra proprio rispondere con umiltà e sincerità a se stesso, volendosi migliorare per fare un passo avanti. E facendolo proprio con un genere che esula dal fantastico che tanto sa padroneggiare e che lo ha dovuto portare ad un continuo dialogo con se stesso e con i mezzi a sua disposizione: la meraviglia a cui assistiamo in Dunkirk è proprio la quasi assenza di dialogo o di enfasi facile su ciò che accade, è un cinema di azione, di corpi, di sguardi e di silenzi dove il visivo si accoppia come non mai al sonoro (al tappeto musicale di Hans Zimmer, altissimo e claustrofobico nel ritmo, e al montaggio del sonoro che gioca con una continua sottrazione e messa in over successiva).
Nolan gioca poi su tre elementi cardine (acqua, aria, terra) all’interno di tre archi narrativi che, se inizialmente paralleli poi diventeranno un tutt’uno come bene il regista ha dimostrato di saper fare, elevando il finale che, seppur leggermente più enfatico, lascia a bocca aperta per la maturità di regia e montaggio e, ancora una volta, la sottrazione dei dialoghi a favore di una composizione della messa in scena ed iconografica altissima.
Kenneth Branagh, Cillian Murphy e un Tom Hardy ancora una volta sottratto quasi del tutto del volto di altissima fattura come il casting dei giovanissimi soldati che si succederanno nelle vicende.
Un cinema che lavora d’immagini, totalmente costruito eppure con un cuore ed una purezza che lo eleva, che lo discosta a qualsiasi altra pellicola del medesimo genere e che porta il cinema di Christopher Nolan ad un passo successivo che alza l’asticella della sua filmografia e che lo porrà davanti ad un bivio sul suo futuro, conscio del fatto di aver portato a casa il suo film più maturo, un punto di non ritorno: Dunkirk.