Point Break: o l’inesistente presenza dell’Essere

Arriva in sala oggi 27 Gennaio il remake (?) di uno dei film-cult degli anni novanta che ha lanciato definitivamente una regista come Kathryn Bigelow. Disastroso già dall’ideazione, con un budget esorbitante e la regia del semi-esordiente Ericson Core, arriva nelle sale italiane Point Break.

Point Break

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Johnny Utah (Luke Bracey; Monte Carlo, G.I.Joe – La vendetta) è un’agente dell’FBI che s’infiltra all’interno di un gruppo di atleti estremi capeggiato da Bodhi (Edgar Ramirez; Liberaci dal male, Joy) sospettato di crimini contro l’America. Complice il passato che lo accomuna a quegli sport estremi, Johnny però inzia a perdere i confini tra il suo lavoro e il suo istinto.

Trailer del film “Point Break”:

Punto di rottura

Il sottotitolo del film originale del 1991 con dei convincenti Keanu Reeves e (il compianto) Patrick Swayze è qui emblematico per aprire una discussione che era già stata affrontata sin dall’annuncio (nel 2011) del remake di un cult-movie degli anni novanta che univa al poliziesco un rapporto tra due uomini che, translato ad oggi, ritroveremmo solo in quello tra Vin Diesel e (il compianto) Paul Walker nella saga di Fast & Furious.

E l’idea produttiva era proprio quella di portare le basi del racconto originale verso quello che poteva essere (in un futuro parallelo a questo) un franchise similare a quello di Dominic Toretto dove, al posto delle auto da corsa, abbiamo gli sport estremi. Sport interessantissimi, adrenalinici, ben coreografati. Ma i veri, insani, problemi di questa pellicola (già flop in America rispetto ad un budget totale spropositato di 105 milioni di dollari) sono due: la regia e la sceneggiatura.

Si, perché i personaggi interpretati dal biondo Bracey e dal misterioso Ramirez sono pura superficie senza contenuto, muscolari come i loro interpreti ma nulla di più o nulla di riconducibile all’approfondimento originale con cui, mi spiace, ma non si può prescindere dal momento che hanno voluto mantenere lo stesso medesimo titolo anche se non c’e n’era alcun bisogno. Malgrado ciò, non mi sento di dare la colpa a due attori mediocri ma ‘giustificati’ soprattutto da dialoghi imbarazzanti e una linea narrativa inconsistente e vuota.

La Regia

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Il buon Ericson Core approda qui alla sua seconda regia dopo il (dimenticabile) Imbattibile (2006) con Mark Wahlberg e dopo aver lavorato principalmente come direttore alla fotografia per film come, tra gli altri, il primo capitolo della saga Fast & Furious, in cui qui possiamo ritrovare una scelta estetica vicina. Il motivo per cui affidare a lui non solo la fotografia ma anche la regia di un prodotto così labile e dalla sceneggiatura inconsistente, rimarrà quesito di lunghe discussioni per gli anni a venire.

Core dirige il suo film puntando unicamente sull’azione, su un’azione non sostenuta da equilibri e profondità psicologiche, una regia dove il montaggio arriva in soccorso per cercare di dar ritmo persino alle scene ‘adrenaliniche’ degli sport estremi che, in molti casi, si dilungano fino allo stremo. Non c’è ritmo, non si raggiunge mai il climax e perdono d’inconsistenza situzioni e traversie per lasciarsa spazio solo al nulla. All’azione fine a se stessa. Imparagonabile Core alla regista dell’originale (anche Premio Oscar) Kathryn Bigelow.

La Sceneggiatura

Point Break

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Questo copione è il vero problema della pellicola. Al di là del fare o non fare un remake dell’originale, hanno affidato la sceneggiatura a Kurt Wimmer (famoso per il già pessimo remake di Total Recall con Colin Farrell nel 2012) che crea un marasma di situazioni che si susseguono senza una linea d’insieme, un’indagine dell’FBI che s’interseca nel racconto dell’infiltrato una volta ogni tanto, la psicologia dei personaggi pari a zero (se non per qualche piccolissimo siparietto qua e là) e personaggi come quello interpretato da Teresa Palmer (Warm Bodies, 2013) che esistono unicamente per un motivo (che non voglio spoilerare qui) e che hanno tracciata la loro strada sin dalla prima inquadratura.

Ogni personaggio ha la sua ‘evoluzione’ segnata, ogni evento è telefonato a tal punto da infastidirti, l’intero copione tenta di reggere sull’estrema seriosità scadendo invece nel ridicolo fin troppo spesso (e anche qui potrei citare ma lascio ai coraggiosi spendaccioni che andranno a vederlo il piacere di scoprire tutto da sé). Soprattutto poi, essendo un remake, non esiste per nulla il rapporto che la sceneggiatura originale era riuscita a creare tra i due protagonisti e (dunque) il confine tra bene e male.

Se aspettavate con ansia un film da inserire tra i peggiori dell’anno, ecco che già a Gennaio abbiamo il primo grande pretendente: inutile, superfluo, inconsistente, le poche scene spettacolari a livello visivo non valgono la pena e non reggono i 113 minuti complessivi, un insulto per lo spettatore e l’ennesimo passo falso della Warner Bros. (che co-produce) insieme ai recenti Pan e Jupiter.

Clip e featurette dal film

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