Immigrazione e ricatti: ‘C’era una volta a New York’ di James Gray

Il sogno americano si rivelerà un incubo peggio della già misera realtà. Esce il 16 gennaio, C’era una volta a New York, il nuovo film di James Gray con Marion Cotillard, Joaquin Phoenix e Jeremy Renner.

C’era una volta a New York

La ricerca dell’America, quell’El Dorado tanto sognato da tutti è anche il sogno di Ewa (Marion Cotillard, già premio Oscar per La vie en rose) e sua sorella Magda (Angela Sarafyan), due giovani ragazze polacche. Siamo nel 1921, a New York. Nelle vicinanze della nota Statua della Libertà, si trova Ellis Island. E’ un piccola isola che, a cavallo tra il 1892 ed il 1954, fungeva da punto di ingresso per tutti coloro che volevano raggiungere gli Stati Uniti. Una specie di filtro per assicurarsi chi fossero questi immigranti, ad esempio accertandosi delle loro condizioni igienico-sanitarie.

Le nostre protagoniste arrivano potendo contare sulla presenza in America degli zii. Ma Magda verrà subito bloccata e messa in quarantena perché afflitta da tubercolosi. Da questo momento in poi, le strade delle due sorelle, molto legate tra loro, si separeranno. Una quindi verrà trattenuta sull’isola, l’altra, rimasta sola, viene ospitata da Bruno (Joacquin Phoenix), all’apparenza un uomo cortese ed affascinante. Ma che presto si rivelerà essere un addescatore di ragazze in difficoltà, che in cambio delle sue premure chiede a loro di prostituirsi. Anche se con la nostra protagonista avrà un occhio di riguardo, essendosene innamorato.

Questo ritratto dalle tinte così fosche, verrà però schiarito da Orlando (Jeremy Renner), cugino di Bruno. Sarà infatti lui a riaccendere quella piccola fiamma di speranza, per un avvenire migliore, ad Ewa.

Film personale ma non autobiografico

James Gray, il regista di origini ebreo-russe, ha dato luce a questa storia partendo dalla visione di vecchie foto di famiglia, che ritraevano proprio l’arrivo dei nonni dalla lontana Russia fino ad Ellis Island. E così ne è uscito questo film molto personale, ma non autobiografico come ci tiene a sottolineare Gray.

Si respira per tutta la durata del film, questa sensazione di malinconia e apprensione, ben sottolineati anche da una ben curata fotografia. In merito si nota una certa ricerca per i colori e le illuminazioni, che ci trasportano proprio in quegli anni venti. L’apparato scenografico infatti è di una sontuosità notevole. Nonostante questo sfarzoso spettacolo per gli occhi, a volte però la storia sembra scorrere un po’ troppo per via rettilinea, senza mai sterzare al fine di dare un sussulto al viaggio intrapreso. Ma se amate le ricostruzioni storiche e storie di amori sofferti, allora non titubate nell’entrare in sala.

La Cotillard brilla ancora una volta per bravura ed espressività. Il suo personaggio non è affatto facile da tradurre agli occhi del pubblico, ma lei ci riesce comunque. Ewa è in continuo equilibrio, sospesa su di un filo. E’ in continua lotta con la sua coscienza, prettamente cattolica, che non vede di buon occhio vendere il proprio corpo. Ma d’altra parte c’è il bisogno di sopravvivere e far sopravvivere. Già, perché a lei è legato anche il destino della sorella.

Titolo originale ancora una volta vittima della storpiatura italiana. Si passa da “The immigrant” ad un ben più commerciale “C’era una volta a New York”.

Clip e featurette dal film

Featurette con intervista a James Gray

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